22/08/2005: I DIRITTI, PER FAVORE! – Joseph Ratzinger dovrebbe all’istante richiedere il pagamento dei diritti d’autore per quanto il Presidente del Senato Italiano Marcello Pera ha detto durante la lettura del suo discorso al “Meeting” di Comunione e Liberazione a Rimini: non avendo esso, evidentemente, un bel nulla da dire di proprio, ha sostanzialmente pappagallato le principali affermazioni del nuovo papa enunciate nel corso del suo ancor breve mandato… A quanto pare, da buon “filosofo” (così egli si qualifica), ha così a cuore la libertà di pensiero che ha lasciato il suo, di pensiero, libero di andarsene dalla relativa mente, adeguandosi a quello, unico, della gerarchia ecclesiatica. Riproduzione pubblica di (pseudo)creazione intellettuale altrui, con la differenza che un registratore riproduce meglio, meno ampollosamente, e non c’è da pagargli le spese di viaggio e soggiorno…
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23/08/2005: CHI SAREBBE FALLITO? – In Italia c’era la cosiddetta Prima Repubblica, poi tutto cambiò e la si dichiarò fallita; c’era il sistema elettorale proporzionale, ma lo si disse fallito, e si instaurò quello maggioritario; venne anche istituito il "bipolarismo", ma nelle discussioni di questi giorni c’è già chi lo dichiara fallito… E se invece i veri falliti fossero i politici, ovvero quelli che di quanto sopra sono gli autori e i protagonisti, quelli che ne dichiarano i fallimenti per sistemarsi le cose così da starsene ancor più comodamente sulle proprie poltrone? Comunque, fallisca questo, quello o quell’altro, di certo è l’Italia che sta andando definitivamente in rovina…
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25/08/2005: BARILI E BARILI DI RAGGIRI! – Oggi sul mercato di New York il prezzo del petrolio ha raggiunto il nuovo record assoluto di $ 68 al barile, spinto – testuale dalle agenzie – “dai timori che le tempeste tropicali possano causare problemi per i giacimenti estrattivi nella zona del Golfo del Messico”!!! Dovremo tutti stare attenti, d’ora in poi: se, ad esempio, ci cogliesse un attacco di aerofagia con conseguente diarrea e ci toccasse andare in auto presso una farmacia a comprare le dovute medicine, aumenteremmo il fabbisogno di greggio e questo potrebbe far schizzare ancor più alle stelle il prezzo del petrolio!… E poi, se anche la specie di fiori messi sul balcone ne influenzasse il costo?... E il colore delle mutande?… E il nuovo taglio dei capelli scelto?…
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26/08/2005: MA CI FACCIA IL SANTO PIACERE! – Una indulgenza plenaria a scrocco per chi ha partecipato alle GMG (i fedeli in quei giorni con l’influenza sono stati condannati all’inferno!); condanne papali indiscutibili al “neopaganesimo” mentre impazzava il paganissimo merchandising di qualsiasi frivolezza con la “santa” immagine del papa; sponsor che finanziano le GMG con una mano, e con l’altra il commercio di armi (la Banca di Roma); last but non least, una nuvola bianca di aspetto hollywoodianamente “divino” sopra il palco papale, per far sembrare che le parole del pontefice giungano direttamente dal cielo…(!)… Scampoli di realtà dalle passate Giornate Mondiali della Gioventù di Colonia… E se il televisivissimo Mago Otelma, in fondo in fondo, fosse più serio e sobrio di tutto ciò?
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29/08/2005: UN CALCIO AL CALCIO! – Polemiche, inciuci, tangenti, mazzette, corruzioni, tribunali, reati, squalifiche, disordini, incidenti, teppismo, violenza, delinquenza, accoltellati, feriti, a volte morti - e polemiche, polemiche, polemiche… Il tutto attorno a società sportive con bilanci fallimentari, composte da giocatori bellimbusti strapagati, straviziati, strafottenti, socialmente più ammirati che un grande filosofo o scrittore o scienziato o qualsivoglia artista… Il gioco del calcio e l’Italia: se nel gioco, nello sport e nel divertimento deve compendiarsi la parte migliore, più genuina, più passionale, più sana di una società, allora quella italiana è messa proprio bene!!!…
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30/08/2005: CONTROINDICAZIONI – Uno studio clinico svizzero dimostrerebbe come l’omeopatia sia meno efficace delle consuete cure farmacologiche, affidando la propria validità soprattutto all’effetto placebo. Gli istituti farmaceutici confermano e gioiscono, le istituzioni accreditate di medicina omeopatica citato innumerevoli studi dagli opposti risultati, entrambi i contendenti tirando l’acqua al proprio mulino… E i consumatori bisognosi di cure, che devono fare? Beh, per cominciare una semplice e obiettiva considerazione: se le medicine omeopatiche non faranno così bene come molti sperano, di certo non fanno male come tanti preparati farmacologici (Vioxx, Lipobay, tutti i farmaci a base di ibuprofene e di diclofenac e via andare…)! Non è una cosa fondamentale anche questa - una questione sanitaria?
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01/09/2005: SUPERPOTENZE – New Orleans, una delle più famose città della prima superpotenza mondiale, pressoché distrutta da un uragano di particolare violenza, e già c’è chi grida alla vendetta della Natura verso quanti, con il proprio progresso troppo avanzato, così spesso la sfidano e la oltraggiano… No, nessuna vendetta da parte della Natura: semmai ha voluto solo rimettere le cose nel giusto ordine, e ricordarci come sia essa, sempre, l’unica, vera, inimitabile superpotenza terrestre, che mai civiltà umana potrà e dovrà superare, ma con la quale, proprio perché civiltà, dovrà sempre e inevitabilmente correlarsi e concordarsi in un reciproco, fruttuoso beneficio futuro…
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04/09/2005: OOPS!… - Il papa prega e invita a pregare per le vittime del disastro di New Orleans, i fedeli si rallegrano per la conseguente intercessione divina… Forse sarebbero ben più allegri, soprattutto quelli delle zone colpite, se questa intercessione fosse arrivata il giorno prima della catastrofe, peraltro ampiamente annunciata! Sono sempre sbadati, questi papi, che hanno un canale diretto di comunicazione con la suprema entità celeste, ma se ne ricordano sempre dopo che qualcosa di grave accada... D'altronde, “la volontà di dio è imperscrutabile” – essi dichiarano - e dunque, correttamente, merita un altrettanto imperscrutabile sensatezza di chi se ne dichiara simbolo terreno… O forse, se un dio c’è, sa bene che costoro sono proprio gli ultimi in Terra da dover ascoltare e attraverso i quali intercedere?
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05/09/2005: MICA TANTO SUPER… - Il titolo di “superpotenza” attribuito a quegli stati ritenuti tali sembra porti male: lo era l’ex URSS, e abbiamo visto come dietro di esso vi fosse il nulla; lo sono gli USA, e stiamo vedendo, negli ultimi tempi, come vengano rapidamente messi in ginocchio da eventi certo eccezionali ma non così imprevedibili… E quanto accaduto a New Orleans, peraltro, mette in evidenza una realtà ancora più inquietante: le amministrazioni USA (e invero non solo quella di Bush) vedono avversari e nemici ovunque, tra dittatori armati o no, terroristi veri o presunti, “stati canaglia”… E se invece uno degli avversari più impensabili e più forti per il nuovo ordine mondiale americano fosse proprio l’America stessa, ovvero quella sua grossa parte di società rappresentata da chi, in questi giorni, sta facendo di New Orleans un campo di battaglia da guerra civile?
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09/09/2005: HOMO HOMINI LUPUS – Ci hanno sempre insegnato che ogni dimensione e condizione sociale di tipo anarchico porta verso la dissoluzione di ogni buona correlazione civile e lo scontro delle individualità, come per un infausto ritorno nella civiltà dell’uomo al dominio degli istinti più animali; di contro, ci hanno assicurato che solo la società organizzata dall’opera “politica” di istituzioni dominanti elimina ogni pericolo di cui sopra, e assicura libertà e buon vivere sociale. La situazione di New Orleans, città della più organizzata società del mondo, politicamente e istituzionalmente, ci ha invece dimostrato come il più incivile caos sociale scaturisca rapidamente da un tale tipo di società, quando essa predichi bene (i propri principi) ma invero razzoli male (l’effettiva realtà)… Per la serie: anche il Sole al centro e la Terra in orbita, un tempo, era una "folle" e "pericolosa" utopia
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12/09/2005: UN APPELLO IMPORTANTE! – Buongiorno! Siamo ammortizzatori di autoveicoli circolanti sulle strade italiane, e siamo disperati, non ce la facciamo più! Il manto stradale della stragrande maggioranza delle strade d’Italia è in condizioni penose, noi cerchiamo di fare del nostro meglio, con l’aiuto dei nostri colleghi pneumatici, per assorbire le sconnessioni, le crepe, le buche, le asfaltature (spesso anche nuove) fatte senza criterio alcuno, e tutte quelle difettosità che rendono le strade italiane assolutamente pericolose, e che dimostrano come sia quasi delinquenziale il modo di lavorare sulle stesse (e di mantenerle) di chi vi è preposto… Ma capita, prima o poi, che noi non si riesca a resistere ed a evitare il peggio, e così qualche incidente succede, spesso con conseguenze tremende… Secondo Voi, quelli che amministrano le strade lo capiscono, e si sentono in colpa per questo? Figurarsi!… Denunciate questi disservizi, allora - ve lo chiediamo con tutto il nostro gas! - prima che la prossima auto a finire fuori strada per colpa dell’asfalto sconnesso sia la vostra…
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13/09/2005: LA VERA MISERIA – Il sito di Medici Senza Frontiere da’ notizia che sull’emergenza nutrizionale in Niger, una delle più gravi degli ultimi trent’anni, i TG italiani (RAI, Mediaset e La7) mostrano una pressoché totale indifferenza, dedicando in Luglio e Agosto solo lo 0,1% del tempo a fornirne notizia, cioè solo 19 minuti! Al contrario, le “notizie” di gossip sui VIP hanno conquistato ben 11 ore e 35 minuti, risultando dunque le più importanti da fornire, quelle verso cui più si concentra l’attenzione delle redazioni, e di rimando, dei telespettatori… Si distinguono in particolare i TG di Italia 1 e Rete 4, con 0 (zero!) minuti di informazione sulla grave vicenda africana… Insomma: ci sono interi popoli che nella miseria dei loro paesi vedono morire giorno dopo giorno i propri corpi e la vita; ma ci sono altri popoli, che nella miseria della loro società, giorno dopo giorno, vedono morire la propria mente e l’intelligenza…
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14/09/2005: E’ SQUALLIDA IN-CURIA – Sui PACS, la proposta di legge sulle coppie di fatto (che non sono mica solo omosessuali, nonostante sembra si parli solo di gay e lesbo!) si potrà essere d’accordo o meno, l’importante è, come in tutte le cose, l’argomentare con equità e logicità la propria posizione. Riguardo ciò, è del tutto palese quanto sia squallida la posizione della chiesa e della curia vaticana, la quale – dimostrando ancora tutta l’infinita debolezza della concezione ideologica religiosa di cui si rende simbolo – è capace soltanto di negare e vietare ad oltranza ogni democratica e libera discussione attraverso l’ingiuria e l’offesa! Così le coppie di fatto sono soltanto “peccaminose”, “un oltraggio all’istituzione della famiglia”, “immorali”, e per tutto ciò “non devono godere di alcun diritto”, ovvero che siano “discriminate”!… La solita, millenaria incuria intellettuale nelle curie del potere clericale: che squallidezza, e quanta triste commiserazione inevitabilmente sorge verso di esse…
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19/09/2005: DERAGLIAMENTI - In ogni comunità civile ed emancipata si dovrebbe auspicare che le ferrovie, la loro diffusione, il loro servizio e il loro utilizzo si potessero espandere sempre di più, anche e soprattutto, da un punto di vista ambientale e non solo, come miglior antidoto al dilagante e appestante traffico automobilistico; le ferrovie italiane sembra facciano di tutto e di più per fare in modo che ciò non accada: inefficienza generale e cronica, disservizi, ritardi, incuria, infrastrutture mai concluse, incidenti vari e assortiti… e pure le zecche, ora! D’altronde, chi può far loro qualcosa? Godono di un regime di monopolio politico, ancor più che pratico, nel trasporto su rotaia, e se il secondo è ammissibile, il primo è del tutto antidemocratico!… Non si possono evitare, in parole povere… Si combattano dall’interno dunque, da clienti, ci si ribelli alla loro inettitudine! Insomma: i loro vagoni trasportano esseri umani o bestiame? Beh, se non bestiame, insetti parassiti sicuramente!…
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20/09/2005: RUINI E RUINE – “Ruine”: forma ottocentesca del termine “rovine”… PACS e coppie di fatto: forma pratica di un senso contemporaneo del termine “rovina”, ovvero: le coppie di fatto sono la rovina della famiglia come elemento basilare della società – secondo Camillo Ruini, capo della CEI… A tal punto, nella mente lucida e non offuscata da insensatezze, sorge spontanea la domanda: ma se la famiglia è l’elemento fondamentale della nostra società, qual è, nella stessa, il primo e con evidenza più contrario elemento di essa, se non il sacerdozio, il prete? Perché il clero, che si arroga il diritto di erigersi a guida "morale" della società, aborrisce la famiglia per i suoi componenti? Perché dice di difendere la famiglia quando esso ne è palesemente il primo oppositore e contraddittore? A proposito: “ruini”: in forma ottocentesca, oggi suona: tu che rovini, tu che cagioni rovina – alla società, non si può che aggiungere…
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26/09/2005: STUPEFACENTE! – L’attore Paolo Calissano arrestato per detenzione di droga; la top model Kate Moss che allegramente si fa’ qualche bella “pista” tra una sfilata e l’altra; gli innumerevoli casi di personaggi celebri colti in flagranza di “sballo” – calciatori, cantanti, politici, star televisive… - e tutti che si sorprendono di queste cose, cadono dalle nuvole, non credono ai propri occhi ed orecchie… Poveri drogati! - quelli “classici” intendo: costretti a “farsi” sotto i ponti, nelle viuzze sporche e buie, e costretti a farsi ammanettare e incarcerare, loro, per far che si possa pubblicamente dire “pugno di ferro contro lo spaccio!”, e lasciare che nelle ville di quelli “per bene” tutto possa continuare senza alcun disturbo… Costretti a continuare a drogarsi, in pratica, perché il commercio di droga non può e potrà mai essere debellato, se i primi ad esserne dipendenti sono quelli che in società dovrebbero dare il buon esempio, quelli che dovrebbero combattere quel commercio, quelli che dovrebbero sgominarlo: sono loro, i veri e più pericolosi stupefacenti!…
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04/10/2005: BALZELLI A BALZELLONI!  – Tutte le volte la solita manfrina, ad ogni Finanziaria varata da questo o quell’altro governo: tagliamo le tasse – no, non le tagliamo – contribuiamo lì – togliamo là – un condono o due – bonus fiscale qui – nuovo gettito qua – dieci miliardi – no, venti, venticinque, trenta, cento, mille!!! Una follia: ciò sono le finanziarie in Italia, che non servono più a coprire il fabbisogno complessivo sociale, ma a coprire i debiti di bilancio. Questo significa solo una cosa, che non solo nessuna riduzione delle tasse è possibile, ma soprattutto che se un solo centesimo viene tolto al gettito fiscale statale, distorto al punto da dover sempre aumentare, lo stato italiano crolla all’istante, incapace più di reggersi in piedi! Ora si regge (ufficialmente) ancora, per un semplice motivo: coi soldi si ottiene tutto! Ma per noi che quei soldi dobbiamo dare, conviene ancora che esso si regga in piedi in questo modo così folle, irrazionale e illiberale?
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06/10/2005: GRANDE SONDAGGIO! – Finalmente, dopo gli ultimi atti di sottomissione e sudditanza della classe dirigente politica dello “stato” italiano ai suoi vecchi/nuovi padroni (e intendo di tutta la classe politica, di qua e di là, che tutto farebbe pur di ingraziarsi e asservirsi tal dominatore), possiamo lanciare il GRANDE SONDAGGIO: “TROVA IL NUOVO NOME PER LA EX REPUBBLICA ITALIANA”! Basta con “repubblica democratica parlamentare”, o anche col più semplice “stato italiano”, vecchie definizioni ormai troppo lontane dalla realtà! Ma invece: “stato teocratico italo-vaticano”, oppure “repubblica oligarchica clerico-italiana”, o ancora “stato integralista cattolico italiano”, o forse “regno imperialista italo-pontificio”… Esprimetevi tutti, ma proprio tutti, mi raccomando, e poi pentitevi e soggiogatevi, se non vorrete finire sugli ormai prossimi roghi della nuova santa inquisizione, che purificherà dai miscredenti il nuovo stato!
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10/10/2005: ADDIO, MONTI SORGENTI… - …Dalle strade! Sì, dalle strade infernali, tracimanti di autoveicoli sgasanti e puzzolenti che in esse formano code interminabili, ammorbando il paesaggio e l’anima di chi vi si trova dentro, nel paesaggio e nella coda stessi… Dopo l’ennesima odissea automobilistica vissuta ieri in Valtellina, una vallata alpina ormai ridotta ad un unico, immane parcheggio perennemente imbottigliato (ma la situazione è la stessa in molte altre zone montane e/o di elevato pregio ambientale), dico basta! Si è giunti all’assurdo, al paradosso: per passare quattro ore di svago e salubrità all’aria aperta se ne devono fare sei/otto chiusi in auto, a passo d’uomo, dentro lo smog del traffico di cui si è costretti ad essere fonte e in balìa dell’inciviltà dell’automobilista medio! No, basta, basta! A veder quelle code qualcuno penserà che il turismo è sempre florido e prospero, io invece vi dico che questo “turismo” ucciderà presto sé stesso e quel paesaggio di cui vorrebbe servirsi e che invece mortifica e distrugge, così come mortifica l’animo di chi vi si ritrova vittima…
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11/10/2005: L’INUTILE TV UTILE – Se in Italia vi fosse una vera società avanzata, ovvero una comunità sociale di elevato valore umano, culturale, intellettuale e, più direttamente, democratico e liberale/libertario, ciò che trasmissioni televisive come Striscia la Notizia, Le Iene, Report, e altre del genere mostrano e palesano sulle magagne del paese e le malefatte di chi lo comanda avrebbero già scatenato una sommossa popolare contro un tale sistema di potere che ha così profondamente corrotto lo stato e le sue istituzioni. Purtroppo, che trasmissioni (sacrosante) come quelle sopra indicate continuino ad esistere ed a mostrare il marcio italico è solo apparentemente un segnale di libertà e giustizia nell’informazione, perché quelle trasmissioni esistono solo grazie al popolo di beoti che le guarda, che si indigna pure, ma che dopo tre-minuti-tre si è già scordato di tutto, cosicché di quel sistema marcio diviene il primo e fondamentale ingranaggio ed esse siano costrette a continuare con le loro denunce... E così, anche l’unica televisione utile diventa alla fine inutile…
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12/10/2005: STELLE E STALLE – A parte l’invito, circa la vicenda Lapo Elkann, a tornare a leggere cosa scrissi nell’Acuto Acume del 26/09/2005 sul perché lo spaccio di droga non sarà mai sconfitto - almeno a breve – qualche giornale oggi (e in particolare il Corriere della Sera: e te credo, è il giornale di famiglia!) denuncia lo sciacallaggio giornalistico sulla vicenda umana del rampollo di casa Fiat (come avrebbe fatto, ad esempio, Striscia la Notizia), e come ancora una volta si cerchi l’audience rendendo pubbliche verità sostanzialmente private… Giudizio condivisibile, senza dubbio, quando e se si manca di rispetto ad una persona in grave difficoltà; ma allora, di contro e per par condicio, quei giornali non ci esaltino più, per favore, certi personaggi del mondo della politica, dell’industria, della finanza e quant’altro, come fossero assoluti dei in Terra, come se senza di essi il mondo non si potesse reggere in piedi! Questa sì, è una mancanza di rispetto verso i tanti “signor nessuno” che con onestà, coerenza, operosità e senza una luce della ribalta lo reggono veramente, questo mondo, contro chi, solo coi soldi, se lo mangerebbe domani mattina!
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18/10/2005: CHI SONO I VERI POLLI? – Bene: dunque ora tocca alla cosiddetta “influenza dei polli”, a spargere il panico in giro per il mondo... Ci fu in passato la SARS, il “morbo della mucca pazza”, il virus Ebola, l’HIV e l’AIDS che però probabilmente sfuggì di mano a qualcuno… Tra malattie e pandemie vere e presunte tali, sicurezze e allarmismi, ignoranza e panico, non si vuole ovviamente mettere in dubbio la sussistenza dei potenziali pericoli di tutto ciò, ma con tutta evidenza, anche in questi casi, c’è sicuramente qualcuno che ci guadagna, che ci ricava un tornaconto, e non certo esiguo… Perché una cosa è fuori di dubbio: la scienza sanitaria che oggi cura il mondo attrae a sé tanto di quel denaro che, per giustificarne il movimento, ha bisogno continuamente di malati, di malattie da curare, di preoccupazione diffusa su di esse, e di qualche bell’allarme da milioni di vaccini da produrre… Sono ancora tutti ligi e devoti, quelli che dall’alto si occupano di tutto ciò, al giuramento di Ippocrate? Secondo me, a questo punto qualche dubbio è più che lecito…
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20/10/2005: LIBERTA’ ABORTITA – In Italia, che è tutto fuorché un paese veramente libero, democratico, emancipato, civile, le questioni di interesse collettivo si trattano sempre nel modo peggiore, cioè in quello che le priva di ogni buon valore per renderle immancabilmente minaccia e danno. Un bell’esempio: il tema della pillola abortiva RU486, e più in generale dell’aborto… A parte che sembra che tutta la discussione in corso, la quale tanto polverone sta sollevando, venga fatta dimenticando in toto che l’aborto è permesso per libera scelta popolare con referendum, mi pare che si stia facendo una grande e superficiale confusione, e forse non a caso. Il problema non è l’aborto in sé, che una legge consente, appunto, ma semmai la mancanza di una coscienza civile diffusa abbastanza elevata e libera, capace di dare il giusto valore alla scelta abortiva. La polemica sulla necessità di bloccare le pratiche abortive, è invero la palese sconfitta di una civiltà, che getta via la propria libertà perché nessuno mai – con dolo! – le ha insegnato quanto sia essa importante per la vita. L’aborto non è incivile, è incivile chi lo pratica spensieratamente, e ugualmente chi lo vuole vietare: i due lati dello stesso sasso, che lapida la libertà di una società, e la sua coscienza civile…
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21/10/2005: L’INFERNO ASFALTATO – All’ennesima disgrazia sulle nostre strade – accaduta il giorno precedente alla data del presente, un anziano travolto da un TIR, ma che si tratti di pedoni, auto o moto, è la stessa cosa – non riesco più nemmeno a riflettere, tanto è l’irato sconcerto, e semmai solo una dubbiosa constatazione sorge, la cui conseguente risposta, quale che sia, ha un senso solo. Quale società, infatti, che si consideri “civile”, “avanzata” ed “emancipata”, può permettere ai suoi componenti/cittadini di vivere in un mondo “urbanizzato” attraversato da “strade” come quelle che noi ci ritroviamo fuori casa? Le risposte che mi vengono sono due, appunto: o una società di pazzi, o una società di schiavi. Nella prima, non ci si rende conto della follia in cui si vive, nella seconda si è costretti a vivere in una follia… Il senso finale di entrambe, come dicevo, è assolutamente analogo: scelgano i cittadini, dunque, in quale baratro vorranno cadere…
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25/10/2005: GIOVENTU’ DA BRUCIARE… - Ditemi ciò che volete, che sono cattivo, perfido, cinico, ottuso, intransigente, ciò che volete – ma io la maggioranza dei giovani di oggi, quelli in età da scuola secondaria, per intenderci, la manderei a lavorare in miniera! – un due, trecento metri sottoterra potranno bastare… Tutti uguali, viziatissimi, puerili, quasi tutti fumatori, frivoli, ignoranti, maleducati, incivili, vanitosi, sbruffoni, arroganti, lo sguardo perso, istupiditi da TV e computers, a volte (?) drogati, seguaci di due soli stili di vita, il “chi se ne frega” e il “che ca..o vuoi”!… Eppure mi dispiace per loro, provo tanta pena, per loro e per la società: perché di essa sono il futuro, ma del presente della stessa subiscono e condensano tutta l’insensatezza, non avendo ancora sufficiente consapevolezza delle sue effettive realtà e verità… Vengono votati all’autodistruzione, però così distruggeranno anche la loro società, la nostra di domani… E’ una delle più grandi sconfitte del nostro tempo, e di chi ha lasciato che potesse avere luogo: così, nell’ascensore che li porterà giù sottoterra, avranno spesso la compagnia dei loro poveri genitori, cui toccherà scendere ancora più in basso, per come non hanno saputo difendere i propri figli…
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31/10/2005: QUI QUALCOSA NON VA’… – Ieri 30/10, mentre in una località alpina mi abbandonavo al piacevole tepore di una splendida giornata autunnale – e tanti altri con me, in quella località come in tutte le altre – formulando i soliti luoghi comuni per l’occasione (“sembra di essere ai primi di Settembre”, “fa così caldo che si potrebbe stare in costume”, eccetera), la mente inebriata da cotanta gradevolezza climatica non si rendeva granché conto di sperimentare, in quei momenti e per inopinato paradosso, la stessa situazione, ad esempio, di quelle vaste parti del continente americano flagellato da continui uragani e fenomeni climatici estremi… Lo dicono i climatologi, che tutti quegli uragani a raffica sono una situazione anomala, un segno di probabile trasformazione (in peggio) del clima del pianeta; ma, appunto, anche quel calore quasi estivo in montagna a Novembre, quando la neve già dovrebbe imbiancare le vette fino a quote basse, sono una situazione assolutamente anomala, un analogo segno di decadimento climatico… Certo, ben più piacevole e meno drammatico di un uragano, ma non tralasciamo di considerare quanto cela dietro la sua dolcezza, cioè un cambiamento del clima planetario ormai palese e probabilmente dannoso; è importante rifletterci sopra, affinché quel momento gradevole non sia uno degli ultimi prima dell’irrimediabile tracollo…
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04/11/2005: PER UNA VERA INTEGRAZIONE – E’ facile affermare che quanto sta succedendo in questi giorni nelle banlieue parigine potrà succedere ovunque, anche in Italia, è persino banale e scontato, ma non per simile problematica, semmai per analogo ambito “vitale”… Dare una casa, un lavoro e qualche soldo all’immigrato non è integrazione: è solo fornirgli una forma diversa al suo disagio; sono quasi sempre le stesse cose che egli già aveva nel paese da cui è fuggito, solo più in piccolo, o più modestamente: cosa è cambiato per lui? Nulla, ovviamente… Invero, non esiste integrazione dove non vi sia una vera società che la possa permettere, una casa da costruire anche grazie a questi nuovi mattoni; le nostre “progredite” società occidentali, invece, per gran parte, sono ruderi sociali, prive di valori, di vera cultura ed effettiva libertà, immemori delle tradizioni e della loro storia. Dove si integrano i nuovi arrivati, dunque? Nell'ottuso consumismo, nella plutocrazia imperante, nella demenza culturale, nelle stupidaggini di cui i mass-media a comando infarciscono la nostra vita quotidiana! Ovvio, poi, che succeda ciò che sta succedendo a Parigi! Non ci sono più veri valori sociali, oggi, anche da noi: togliete quel poco di benessere che resta alla nostra società, e tutti, non solo gli immigrati, saranno per strada a spararsi l’un contro l’altro…
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08/11/2005: GLI VENGA UN CANCRO! – E’ morto per un linfoma un altro militare italiano che era stato in missione in Bosnia, nell’indifferenza pressoché generale dei soliti compiacenti mass-media… Ovviamente lo stato, nella rappresentanza dell’esercito e dei medici militari, gli negavano ad oltranza qualsiasi assistenza, e addirittura smentivano la presenza di un tumore potenzialmente letale – a lui, ai quaranta e più militari già deceduti, ai trecento a cui è stato diagnosticato un analogo cancro… A mio parere, uno stato che si comporta in tal modo con dei suoi cittadini, che peraltro hanno scelto di servirlo e di rappresentarlo, d’accordo o meno che si possa essere con il loro “servizio”, va’ deferito alla corte suprema dell’Aia per crimini di guerra – “crimini indiretti”, se può mai esistere una formula del genere, ma comunque crimine! Probabilmente, questo stato si augura che anche gli altri militari ammalati muoiano alla svelta, così si toglie il problema dai piedi e non ci pensa più… Per quanto mi riguarda, è proprio questo stato ad avere un cancro, grave, profondo, esteso, e spero ugualmente letale…
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09/11/2005: RICEVO E PUBBLICO… - …Con piacere ed onore: “Comunicato Stampa - CROCIFISSO A GIUDIZIO: Il giudice Luigi Tosti rinviato a giudizio per essersi rifiutato di lavorare nelle aule col crocifisso - L’Aquila – E’ prevista per il 18 novembre 2005 alle ore 9 presso il Tribunale dell’Aquila l’udienza nella quale il magistrato Luigi Tosti dovrà sedere dietro la sbarra come imputato. E’ dal 9 maggio scorso che il giudice si rifiuta di tenere le udienze nel Tribunale di Camerino perché l’Amministrazione Giudiziaria omette di rimuovere dalle aule pubbliche il crocifisso e non autorizza il giudice Tosti a esporre i propri simboli. Il magistrato denuncia la marcatura delle pareti pubbliche da parte dei Cattolici e rivendica i diritti di uguaglianza delle altre confessioni religiose e degli atei. Tosti ha informato con una lettera il Ministro di Giustizia Roberto Castelli e con un’altra il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e a tutt’oggi non ha avuto risposta. Giornalisti e cittadini possono partecipare come pubblico dandosi appuntamento dinanzi al Tribunale dell’Aquila a sostegno e a difesa della laicità dello Stato. Luigi Tosti, tel. 0541789323, mobile 3384130312 mailto:luigit1@alice.it. Si invita alla pubblicazione e diffusione”. Invito di cui mi faccio onorata eco: il giudice Tosti non fa’ altro che chiedere ciò che la legge italiana sancirebbe, ovvero legge dello stato italiano, dunque legge che lo stato italiano per primo trasgredisce, in nome del più vile servilismo…
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16/11/2005: UN BELL’AMBIENTINO! – Avendo la passione per la corsa (oggi detta running), sovente mi ritrovo a correre sul ciglio delle nostre strade, in ambiti più o meno urbani come anche in aperta campagna, e ogni volta mi gira il pirlo (trad.: mi incavolo di brutto) nel constatare di come quei cigli stradali e i margini appena oltre siano pressoché ovunque delle immense, terrificanti discariche di ogni rifiuto possibile e immaginabile, da quelli più “ovvi” (cartacce varie) fino a quelli altamente pericolosi (batterie d’auto, latte di olio esausto, ecc.)… Poi penso ai grandi discorsi e ai progetti di carattere ecologista e ambientalistico, all’ormai celeberrimo Protocollo di Kyoto, alle emergenze climatiche causate dall’inquinamento, e riflettendoci sopra mi domando: ma come può questa gente poter comprendere tali questioni sulla necessaria salvaguardia del mondo intero, se non sa nemmeno tenere pulito e incontaminato il suo piccolo mondo, quello appena fuori dall’uscio di casa? Se entrassi in una casa e la trovassi disordinata, sporca, maleodorante, piena di scarti sparpagliati ovunque, penserei dei proprietari che la vivono il peggio possibile; ecco, considerate che la nostra casa è il mondo, il luogo in cui viviamo…
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18/11/2005 – RICEVO E PUBBLICO 2… - …Una bella e nobile iniziativa: “Poesia per la Pace”, Venerdì 2 dicembre 2005 ore 11:00, una poesia per dire no alla guerra. Lo scrittore Ennio Montesi lancia l’iniziativa in tutta Italia: scuole, associazioni, uffici, fabbriche, negozi, parlamento, tutti coinvolti. ROMA – La giornata “Poesia per la Pace” è prevista alle ore 11:00 in punto di venerdì 2 dicembre 2005. E’ l’iniziativa a favore della pace lanciata e proposta in tutta Italia da Ennio Montesi, scrittore di romanzi e di racconti, autore di Federico Fellini. L’Italia potrà fermarsi una manciata di minuti, giusto il tempo di declamare una poesia di qualche verso oppure una massima, un pensiero che faccia riflettere sul fatto che la guerra porta sempre dolore, desolazione e morte. “Il cuore dell’uomo è un cuore martoriato e lacerato e ha bisogno di un pizzico di saggezza” commenta Montesi. Via allora coi versi di poeti del passato e di poeti del presente. E’ l’occasione ideale per tirare fuori dal cassetto le nostre poesie, le poesie dei bambini delle scuole, dei ragazzi delle università, ma anche dell’uomo sconosciuto incontrato al bar, della donna dietro allo sportello di un ufficio. Magari anche alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica i parlamentari si confronteranno in versi profondi. Chissà il Presidente Carlo Azeglio Ciampi quale passo immortale inserirà in un discorso. Insomma, per un paio di minuti l’Italia si trasformerà in un fantastico e immenso teatro, un teatro surreale dove liriche, versi, sonetti e rime saranno i protagonisti dal nord al sud d’Italia isole comprese. Milioni di persone declameranno una poesia in qualsiasi posto ci si trovi. “Libertà, pace e democrazia non nascono mai dietro la canna di un fucile o sul mirino di una bomba intelligente, ciò va ricordato” sottolinea Montesi. “Le guerre dovrebbero cessare nell’attimo in cui un bambino sta recitando con passione la propria poesia per la pace, ovvero una poesia per la vita, per i genitori e per tutti noi”. Informazioni: poesiaperlapace@yahoo.it tel. 3393188116.
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21/11/2005 – RICEVO E PUBBLICO 3… - …(Vedi come prologo al 09/11/2005) - Comunicato stampa: il giudice Luigi Tosti condannato al processo de L'Aquila - L'AQUILA: é' stata scritta il 18.11.2005, in un'aula-ghetto allestita "senza crocifisso" e destinata appositamente ad uno "sporco" imputato non cattolico, una delle pagine più epiche della Giustizia italiana, perché si è finalmente inflitta una giusta ed esemplare condanna a chi, pretendendo di affiancare al sacro simbolo del crocifisso i propri falsi simboli, ha manifestato con sconfinata arroganza l'assurda pretesa di godere degli stessi diritti e della stessa dignità che la Repubblica Pontificia italiana accorda, giustamente, alla sola superiore razza dei Cattolici. Plaudo alla totale prevaricazione del mio diritto di difesa e all'imposizione del termine preventivo di "due minuti", che mi è stato benevolmente concesso dal GUP-Presidente del collegio per formulare ed illustrare le mie richieste. Mi rammarico pubblicamente con la Stampa per la limitazione del Suo diritto di cronaca e di ripresa audiovisiva, che ha impedito la documentazione della celebrazione del dibattimento nell'interesse della collettività e a garanzia della trasparenza della Giustizia. Spero che la mia sentenza di condanna -contro la quale ricorrerò- sia l'inizio di un incendio che risvegli le coscienze dei sudditi italiani che non intendono più tollerare l'emarginazione e la discriminazione che parte dei Cattolici attua ai danni degli atei, degli agnostici, degli ebrei, degli islamici, dei buddisti, degli evangelisti, dei valdesi, dei testimoni di Geova e di tutti coloro che si identificano in religioni diverse dalla loro. Spero che i 40 giorni per il deposito della motivazione della condanna siano sufficienti per giustificare la violazione dell'art. 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che sancisce che "ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione: questo diritto importa la libertà di cambiare religione o pensiero, come anche la libertà di manifestare la propria religione o il proprio pensiero individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, per mezzo del culto, dell'insegnamento, di pratiche e compimento di riti". Ringrazio tutti coloro che si sono sobbarcati i disagi e le spese di un viaggio per assistere alla celebrazione di questo cristallino processo che, spero, resterà impresso nella loro memoria. Ringrazio i deputati Enrico Buemi e Marco Pannella per l'appoggio morale e per la stima che mi hanno dimostrato con la loro presenza fisica a L'Aquila. Ringrazio infine il Dio dei Cattolici per avere offerto a mia moglie e a me l'opportunità di conoscere Marco Pannella e di stringere la "zampa" di questo leone radicale che è riuscito, contro la volontà della maggior parte degli italiani, a rendere più libera e più dignitosa l'esistenza di tutti gli italiani. Luigi Tosti, tel. 054179323 – mobile 3384130312 - luigit1@alice.it via Bastioni Orientali, 38 – 47900 Rimini. Chi vuole ricevere la “Memoria” depositata presso il Tribunale de L’Aquila scriva a: albatra1@yahoo.it. Commento personale: ho sempre più pena di Dio, rappresentato in Terra da cotanta infinita e prepotente ignoranza...
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23/11/2005: LATTE A BASSA DIGERIBILITA’! – Quando “elementi” economico-politici di una società cominciano a speculare/profittare, nelle parole e nei fatti, su cose che si potrebbero ben definire primarie, perché necessariamente normali per la vita quotidiana, significa che quella società, e quella certa parte di “civiltà” che vi sta alla base, sono ormai alla frutta… Il latte, ad esempio: prima lo scandalo tutto italiano del prezzo del latte in polvere (una multa ai produttori? Ma in galera bisogna sbatterli! - speculare così sul nutrimento infantile è roba da crimine di guerra, guerra contro la vita!…), indi la Nestlè, la pura, casta, illibata Nestlè che - ma che strano! - manda in giro scatolette di latte avvelenato – e poi, siete disposti a mettere la mano sul fuoco sulla effettiva bontà del latte che oggi viene messo in commercio? E lo stesso “caso” Parmalat, pur se indirettamente, non è una grande speculazione costruita primariamente sul latte? Lo scopo è ormai chiaro: inquinare gli individui nel corpo e nella mente, e fin dalla più tenera età, così da renderli bisognosi delle "cure" e dell’aiuto della società, ovvero fare dell’indipendenza di vita una pura chimera - perchè, alla fine della fiera, è questo il risultato pratico... Sono troppo catastrofista? Oh, certo, lo sono veramente troppo! – lo spero, spero vivamente di esserlo…
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29/11/2005: IL BUON RAZZISMO PER IL CALCIO – Dopo i vergognosi insulti razzisti al giocatore di colore del Messina Zoro, la Federcalcio vuole dare un grande, possente, rivoluzionario segno del proprio impegno contro il dilagare del razzismo nel mondo del calcio: ben 5 (cinque) minuti di ritardo sull’orario d’inizio delle prossime partite! Caspita! Che coraggio! Che intraprendenza! - Bellissimo, significativo, commovente! – diranno gli autori dei cori razzisti: così avranno cinque minuti in più per escogitarli e prepararli ancora meglio!… Propongo allora un’altra forma di razzismo, di questo genere: si prenda un razzo, bello capiente, ci si carichi sopra tutti i dirigenti calcistici, buona parte dei giocatori e la parte più indegna delle tifoserie, e li si mandi a vagare nello spazio, per sempre! A mio parere, lo sport del calcio di questo tipo di razzismo avrebbe un profondo bisogno… (N.B.: mi candido come razzista, cioè come colui che premerà il pulsante d’avvio dei motori di quel razzo!… Come? Il termine “razzista” con questa accezione non esiste? E perché, esiste che uno sport decada e si corrompa fino al punto che il calcio contemporaneo ha ormai raggiunto?…).
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02/12/2005: LO SCIOPERO DELLO SCIOPERO – Oggi è giornata di ennesimo sciopero, l’ultimo di una infinita serie e certamente il primo di una futura e altrettanto infinita serie… Strumento intangibile di lotta per ogni grave situazione in cui una mobilitazione popolare debba far tornare al popolo la barra del comando di una democrazia, al giorno d’oggi lo sciopero è ormai ridotto ad un evento del tutto ordinario, come una partita di calcio, uno spettacolo di piazza, o più nel concreto un’occasione di pausa dall’attività lavorativa – e che sia passata protestando o bighellonando non cambia il senso della cosa… Si è tolto dal suo valore socio-politico la parte più importante, quella prettamente democratica, e non solo perché se ne sia abusato (e ogni cosa di cui si abusa alla fine perde ogni proprio valore) ma perché lo si è reso inutile: veramente voi pensate che gli accordi che sembrano presi grazie a ondate di scioperi, non verrebbero siglati anche senza di esse? E’ divenuta una regola per una società distorta, ormai: c’è, ad esempio, un contratto da rinnovare? Ci sarà uno sciopero, di sicuro! – quattro, sei, otto ore, chissà! E chissene importa: tanto il contratto lo si rinnoverà comunque, e chi indice lo sciopero potrà farsi bello nel dire che ha “lottato” per ottenere quel rinnovo!… Che farsa! Quanto tempo buttato via, dall’una e dall’altra parte, e quante forze democratiche impiegate buffonescamente per un po’ più di influenza mediatica…
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07/12/2005: NESSUN TAVOLO DI DIALOGO! – A prescindere da chi in Val di Susa abbia ragione, i manifestanti anti-TAV una cosa l’hanno ottenuta, anche se in effetti non ci voleva molto per ottenerla: l’ennesima dimostrazione del fallimento e della disfatta dell’istituzione statale italiana, della sua pretesa democrazia fondante, della ostentata libertà civile e di quant’altro essa sostenga per farsi credere “viva”: lo stato “democratico” che in una questione come quella della TAV usa la violenza al posto del dialogo, non si dimostra tale ma semmai come una dittatura, ovvero la negazione e l’opposto di esso; rifiuta il confronto coi suoi cittadini, probabilmente è incapace di sostenere le proprie ragioni, nega la possibilità che qualcuno la pensi diversamente o che chieda di poter dire la propria: in fondo, se costoro hanno torto, non avrebbe difficoltà alcuna a dimostrarglielo, e ad affermare dove stia la ragione! Invece, così agendo, insinua il dubbio anche in chi tali sue ragioni vuole sostenere: quando c’è da usare la forza per affermare un’idea, se non quando questa idea sia sbagliata e dunque in nessun altro modo affermabile? In verità, non sono stati manganellati degli individui in torto ma lo stato, e nuovamente i suoi fondamenti sociali, ormai ridotti a informe poltiglia… Sarà questa che ci toccherà smaltire, non l’amianto nelle montagne bucate dai tunnel della TAV!
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14/12/2005: BENEFICENZA EFFICENTE – All’approssimarsi delle festività natalizie, cioè quando si è tutti più buoni, si moltiplicano le richieste di beneficenza per chi ha bisogno – soprattutto nei paesi più poveri – da parte della gran varietà di associazioni umanitarie operanti nel settore: iniziative assolutamente condivisibili e da supportare (a meno che non nascondano secondi fini, come spesso fanno quegli enti di natura e/o matrice religiosa, vedi qui), dacché la nostra “ricca” civiltà compie ancora troppo poco per quella parte di mondo in difficoltà… Peccato però che questa nostra “ricca” civiltà è anche sovente stupida, o quanto meno impostora, perché troppo spesso, in quei paesi il cui popolo vive in miseria, si intrattengono intrallazzi vari ed assortiti con i loro capi/dominatori: affari politici, economici, industriali, proprio con coloro i quali, in tanti casi, mantengono consapevolmente la loro gente nella miseria che poi ci intenerisce, per mantenerne più semplicemente l’assoggettamento … E’ come dare benzina ad un’auto e pretendere che vada senza che si tolga il freno a mano; se i nostri paesi sapessero gettare al vento l’ipocrisia di cui si rendono spesso simbolo, e negassero il sostegno concesso a tanti presidenti/dittatori, un tale gesto varrebbe come innumerevoli pasti donati a quella gente il cui cibo manca perché al dittatore di turno non manchino armi o appoggi politici o simili nefaste forniture, e la nostra beneficenza contribuirebbe molto di più a garantirle un futuro…
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16/12/2005: I MIRACOLI AVVENGONO! – Gli ultimi due alti ufficiali dell’Aeronautica Italiana implicati nella strage di Ustica, i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, già capo e sottocapo di stato maggiore dell’Aeronautica stessa, sono stati assolti in appello per insufficienza di prove. “È un discorso vergognoso non solo per le vittime, ma per tutti gli italiani” commenta Daria Bonfietti, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime per la strage di Ustica; saranno invece gaudiosi (nell’auspicabile rispetto della tragedia) il papa e il clero tutto: ecco una grande prova, sancita per legge, che in Italia i miracoli avvengono! Altro che piccole madonnine piangenti o guarigioni improvvise: qui precipita un aereo senza guasti tecnici, senza errori di pilotaggio, senza segnalare alcun problema, e non è stato niente e nessuno a provocarlo! Non può che essere un miracolo! – uno dei tanti simili miracoli che in Italia sono accaduti negli anni recenti… Certo, un miracolo piuttosto funesto, per ciò che ha cagionato, come tutti gli altri: però ora il principio è sancito, così di tante cose “italiane” di cui non sappiamo spiegarci il motivo, finalmente ne avremo uno ufficiale, e amen!…
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21/12/2005: APPELLO ALLA PRUDENZA! – Questo è un appello a tutte le zecche, cimici, scarafaggi, scorpioni ed altri insetti vari che soggiornano abitualmente sui treni italiani, trovandovi un habitat ideale a causa dello stato in cui vengono “mantenuti” da Trenitalia/RFI: state attenti, siate prudenti, la vostra vita è in pericolo! I treni italiani hanno nuovamente dimostrato tutta la loro pericolosità, ovvero si è avuta l’ennesima prova di come la gestione delle linee ferroviarie di Trenitalia/RFI sia ad un livello a dir poco vergognoso… Già 22 (ventidue!) esseri umani in soli 21 (ventuno!) mesi hanno trovato la morte sui treni italiani! Dunque tutti voi, insetti e animaletti vari che vi annidate belli contenti nelle carrozze di quei treni, convinti che la vostra casa su binari sia una pacchia, sappiate di essere in pericolo! Tornate alle vostre originarie residenze, e al vostro modus vivendi più entomologicamente tipico, se non volete finire come quei poveri umani: è un caloroso consiglio il cui ascolto potrebbe salvaguardare le vostre vite! Siate previdenti!
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22/12/2005: IL TAVOLO HA DECISO… – Nel frattempo che qualcuno pensa di spendere cifre stratosferiche per la TAV Torino-Lione e lascia andare alla malora le linee ferroviarie esistenti, con i danni che si è visto, il sottoscritto ha dedicato la puntata di Radio Thule di lunedì 19/12 proprio alla questione TAV, ponendo sul tavolo di discussione e analizzando dati precisi pro e contro, di natura specifica e tecnica e non meramente “opinionistica”, e valutandoli con apposito punteggio di valore, per generare così una sorta di classifica di merito comparata tra vantaggi e svantaggi potenziali dell’opera, e scaturirne una valutazione finale in tal modo ragionata e comprovata. Con 9 punti a 4, ha vinto la NoTAV, ovvero è risultato che ci sono più sostenibili ragioni a che l’opera non si faccia, piuttosto che il contrario, e il giudizio che motiva un tale risultato è il seguente: un’opera come la TAV, in sé, sarebbe assolutamente importante e sostenibile, se non fosse che l’opera verrà fatta in Italia, uno stato che ha dimostrato innumerevoli volte la propria incapacità di portare a termine con giudizio e oculatezza civica e politica opere del genere, la qual realtà non fornisce ad oggi alcuna certezza che la situazione per la TAV in Val di Susa potrà cambiare, e rendendo dunque attualmente insostenibile il consenso alla sua realizzazione.
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02/01/2006: SI INIZI L’ANNO BENE! – In mezzo a tante meritevoli e blasonate realtà, e a tante altre ugualmente blasonate ma assai meno meritevoli, voglio segnalare una piccola e sconosciuta onlus per adozioni a distanza, l’ASEM ITALIA, nata per volontà di Barbara Hoffman, una ingegnere svizzera che qualche anno addietro, giunta in Mozambico per lavoro e constatando la misera realtà infantile e giovanile di quel paese, decise di lasciare tutto e dedicarsi a tempo pieno all’assistenza di quelle popolazioni… Visitate il sito, e conoscetela meglio dacché merita veramente: è piccola ma ha già fatto grandi cose, è completamente basata su lavoro volontario, non gode delle fastose pubblicità mediatiche di altre (che spesso pesano sui bilanci) e non ha nemmeno una propria sede (è ospitata dalla Federazione Italiana per il Volontariato), è slegata da qualsiasi connessione ideologica, politica e religiosa (potenziali fonti di secondi fini…) il che ne garantisce l’eticità sostanziale e il pieno filantropismo della propria opera d’aiuto, che documenta costantemente ai sostenitori… Permette di iniziare l’anno con un “botto” di bontà, insomma: andatela a conoscere!
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03/01/2006: ENERGIA PER STRUZZI – La crisi del gas di questi giorni tra Russia e Ucraina, con l’Europa a subirne le conseguenze più di altre realtà, è l’ennesima dimostrazione di come il modello di progresso su cui si è voluto reiteratamente basare la nostra "avanzata" civiltà è quanto di più ottuso vi possa essere in merito, dacché generato, in buona sostanza, da una parimenti ottusa mentalità, che i dirigenti italiani dell’energia hanno ben palesato: c’è il rischio che la Russia ci tolga il gas per il riscaldamento, per il trasporto e per tutti gli altri usi? Non c’è problema: andiamo a comprare il gas da un’altra parte! Ovvero: infiliamo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, e continuiamo a far dipendere un’intera nazione dall’umore mattiniero di quello o quell’altro capetto di questo o quest’altro stato, che ha la fortuna di avere petrolio o gas o quant’altro sotto i piedi! E’ una risposta intelligente, quella, a un tal problema? O forse dovrebbe essere – una buona risposta - il dare nuovo e definitivo impulso ad energie innovative e rinnovabili, che svincolino la crescita tecnologica, industriale e sociale da qualsiasi mal di pancia altrui rendendola indipendente, ovviamente più economica e, magari, anche più ecologica? Questa sì, sarebbe una risposta intelligente! Ma scommetto che quelli, le “menti”, ribatterebbero con questa domanda: e io cosa ci guadagno? Alla fine della fiera, ancora una volta, è questo il punto, e affinché qualcuno viva agiatamente nel progresso, c’è il rischio che il resto del mondo sprofondi ad una nuova, misera età della pietra! - anche perché, prima o poi, petrolio e gas ed altri combustibili naturali finiranno… Beh, vorrà dire che andremo in giro in sella a quegli struzzi là, come certi (presunti, da noi) “selvaggi” africani…
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09/01/2006: MERCATO LIBERO (DI FREGARTI!) – Le ormai ricorrenti multe che l’Antitrust commina ai gestori di telefonia (leggete qui circa l’ultima, “targata” Wind, ma visitate anche, nello stesso sito, i link dei provvedimenti agli altri gestori!), oltre che stridere sonoramente con la enorme quantità di allettanti e “angeliche” pubblicità che i gestori stessi ci propinano ogni giorno sui media, palesano bene come, nella nostra “avanzata” ed “emancipata” società, una vera democrazia non solo non esista, ma anzi sussista l’esatto opposto, una sostanziale dittatura oligarchica in settori oggi fondamentali per la vita quotidiana, ad opera di potentati di varia natura che promettono libertà ma invero impongono obblighi e dipendenze, per di più di natura sovente dolosa: così, oggi noi siamo “liberi” di poter scegliere non la migliore e più onesta compagnia telefonica, ma quella che “ruba” di meno; non la banca più corretta, ma quella che ci frega meno soldi da sotto il naso con "giochetti di prestigio" finanziari vari e assortiti; non chi offre il miglior servizio televisivo satellitare ma l’unico gestore che lo offre (cioè Sky, cioè un assurdo totale in un sistema di libero mercato: un monopolio come nella più rigida dittatura!), e così via, con numerosi altri esempi… Un mercato libero, sì, di cambiare il senso delle parole: prendete nota, dunque, che il termine “democrazia” sarà a breve riconosciuto solo come sinonimo di “autocrazia”!
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10/01/2006: CHE PRESA PER LE PENNE!… - …Ovvero: “Chi sono i veri polli?” pt.2! Già, perché, questi polli “untori” che spargono il virus H5N1 – la ormai celebre influenza dei polli, appunto – si stanno dimostrando assolutamente scaltri e smaliziati, intessendo una evidente rete di “amicizie” che nemmeno Fiorani & C. hanno saputo costruire! Riflettiamo: fino a un mese prima di Natale hanno terrorizzato il mondo con la loro potenziale epidemia, avviando una corsa forsennata al vaccino, con gran gioia delle case farmaceutiche, ovvero i loro primi amici; poi, si sono fatti amici anche del Natale come festività gastronomica, ovvero di chi ci marcia sopra: avete forse sentito voi una qualche notizia sull’influenza dei polli e/o su eventuali contaminati sotto le feste? Ma ecco che i primi amici, quelli delle case farmaceutiche, si sono rifatti vivi: non è che a non parlarne più per “salvare” il Natale – hanno detto ai polli – la gente si dimentica del virus e non comprerà più i nostri vaccini? E così i polli, amici fedeli e fidati, hanno ricominciato a contaminare qualcuno – mica tanti, solo un qualche caso ma a sufficienza per ridare vigore al timore diffuso, e rinverdendo così anche l’amicizia dei mass-media, che sul facile sensazionalismo scaturente dalla vicenda ci costruiscono ore e ore di TV… Morale della favoletta: la terrificante, inarrestabile, letale epidemia, per ora fa’ meno morti del raffreddore, ma produce ben più tornaconto ai sopra citati “amici” dei polli e a chi sopra di essi vi fa’ la cresta – e mai termine fu più appropriato! Alla fine della fiera, dunque, la domanda è nuovamente da riproporre: in tutto ciò, chi sono i veri polli?
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12/01/2006: PAROLE DI LIBERTA’Wikipedia è una enciclopedia on-line che si costruisce sul libero contributo di chiunque voglia partecipare alla sua stesura, configurandosi come un contenitore di cultura virtualmente infinito, dal valore “storico” fin dal principio non solo per la quantità e qualità delle sue voci, ma anche perché fonda il suo principio su quello che dovrebbe essere uno dei cardini della civiltà dell’uomo, l’assoluta e universale natura collettiva del sapere, causa/effetto della assoluta e universale libertà di pensiero, mirando dunque virtuosamente ad una verità che proprio per la sua genesi collettiva, è forse oggi quanto di più definibile come tale si possa trovare, dentro e fuori il web. E qual è la prova migliore della natura libera e vera di Wikipedia? Il fatto che per ben tre volte in un anno il sito cinese di Wikipedia sia stato posto sotto controllo, e siano state censurate alcune parole come – guarda caso! – “libertà”, “verità”, “Tienanmen” ed altre di simile specie (leggi qui al proposito)!… Se si aggiunge che, qualche mese fa, anche i Gesuiti attaccarono la qualità della cultura che Wikipedia presenta in sé (leggi qui al proposito), risulta evidente, per l’ennesima volta, quanto io ho più dettagliatamente sostenuto nel mio saggio La Libertà è uno Sport Estremo (potete richiederlo scrivendomi): ovvero che la libertà è una cosa sempre scomoda per qualsiasi potere, e insopportabile soprattutto per i regimi e le ideologie più dispotiche e intolleranti: in tal caso, il comunismo cinese e la religione cattolica… Visitate Wikipedia, dunque, e contribuitevi se lo volete, alla faccia di chi ci vorrebbe tutti assoggettati al proprio bieco volere ed alla sete di potere assoluto!
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18/01/2006: LA MORTE E LA PENA – Non si può non restare indifferenti – come peraltro hanno affermato in tanti – di fronte all’esecuzione di Clarence Allen, vecchio, infermo, cieco assassino e pluripregiudicato, e alla freddezza veramente da Terminator del governatore Schwarzenegger, ma… Sì, a mio parere c’è un “ma” che ancora non si riesce a levare dalla questione “pena di morte”, nonostante gli onorevoli sforzi di tante associazioni che lottano per l’abolizione di essa, negli USA e altrove… Schwarzenegger, crudele che potrà essere, ha in fondo rispettato il principio di una legge che, in quanto in vigore, ha il suo indiscutibile valore: se avesse concesso la grazia ad Allen, chissà quanti condannati anche ben più efferati di questi sarebbero diventati di botto infermi, ciechi e dichiaratamente vecchi… Opinabilissimo e secondo me inaccettabile è far attendere un condannato quasi 25 anni l’esecuzione, pur nella sua speranza di atti di clemenza delle autorità preposte, peraltro assai rari negli USA: dopo un tot di anni, un condannato potrebbe/dovrebbe usucapire il diritto alla salvezza! Tuttavia il “ma” principale, che nessuno ancora riesce a vincere sì da renderlo motivo definitivo per l’abolizione della pena capitale, è questo: con la condanna a morte, e spesso per come viene inflitta, si cagiona un gran dolore alla famiglia del condannato, verissimo; ma chi o cosa, invece, potrà mai lenire il dolore di colui che il condannato ha ucciso? Chi può riequilibrare la situazione “vitale” distrutta dall’atto delittuoso? Il condannato a morte è virtualmente “graziabile”, per chi è stato ucciso non si può fare più nulla… Perché chi ha ucciso 3, 4 o cinque persone dovrebbe vivere, quando ha fatto che le su vittime non potessero mai più godere del dono della vita? Poi, ribadisco, si può discutere quanto si vuole sull’opportunità della pena capitale, ma che vi sia qualcuno, finalmente, che riesca a dirimere questo dubbioso “ma”, così difficile eppure così pertinente al diritto di chi ha subito il crimine…
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24/01/2006: (MAL)EDUCAZIONE STRADALE – Spesso si dice che il muoversi sulle strade, in generale, costa sempre più: eppure, ci sono potenziali risparmi di cui poter usufruire fin da domani mattina, tanto palesi che diviene persino “illogico” non approfittarne! Ad esempio, dalle auto si tolgano le frecce direzionali: Chi le usa più? Dalle strade si levino molti cartelli di indicazione: chi li rispetta più? E le strisce delle corsie sulle carreggiate? C’è ancora qualcuno che le segue? E tanti semafori? E le strisce dei passaggi pedonali? E il reticolo ordinato dei parcheggi in una piazza?… Ci si adegui ai tempi che corrono, insomma: sulle nostre strade vige sempre più la peggiore (e più pericolosa) maleducazione stradale, per la quale nulla si fa’ a livello amministrativo, se non disseminare ovunque autovelox e sorpassometri e quant’altro, e dirci che sono ottimi strumenti di prevenzione e salvaguardia dell’incolumità pubblica! Sì, "salvaguardia", ma delle finanze dei comuni che hanno trovato un bel modo per raccattare soldi a palate! Così, prende la multa chi va’ a 80 all’ora o anche più ma con intelligenza (è questo il segreto, non le limitazioni e le persecuzioni: civiltà, in una parola!) e non quello che, ad esempio, in autostrada salta da una corsia all’altra senza mettere la freccia – tanto, non la usa più nessuno, è la nuova “logica”, la “norma”! La norma, mi si permetta, di un paese del Quinto Mondo, o ancora più giù…
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31/01/2006: OLIMPIACHE? – Tra pochissimi giorni avranno inizio le Olimpiadi Invernali di Torino 2006, uno degli eventi sportivi più importanti in assoluto anche perché il senso precipuo dei Giochi va’ ben oltre il mero significato sportivo, per divenire cultura, socialità, civiltà… Non è male ricordare come, nell’antichità (in tempi cioè che noi sicuramente crediamo assai meno emancipati e più barbari dei nostri contemporanei), le Olimpiadi erano l’unico evento per il quale venivano sospese le guerre in corso… Dunque un evento eccezionale non solo per la zona in cui si svolgerà, ma per l’Italia intera, eppure… Sbaglio, o l’Italia se ne sta allegramente fregando di cotanto evento? Sbaglio, o su di esso si spendono solo poche parole di circostanza, si vede passare ogni tanto qualche spot televisivo di uno degli sponsor, e finita lì? Sbaglio, o di una delle occasioni di civiltà storicamente più importanti per l’umanità all’Italia sembra non importi granché? Sbaglio, o pare che all’Italia importino molto di più le scempiaggini radiotelevisive dei politici o chi uscirà dalla casa del Grande Fratello o cosa succederà ancora tra Albano e la Lecciso od altre amenità del genere?… Eppure non sbaglio, quando vedo sui canali satellitari stranieri un gran passare di immagini e loghi e spot olimpici, mentre qui, ribadisco, poco o nulla… Due anni fa ero in Grecia, a quasi 1000 km. da Atene dove si svolgevano le Olimpiadi “estive”: beh, tutto era parato con stendardi olimpici, ovunque si vedeva il logo e si vendevano i vari gadgets: lì sì che c’era l’evento, e se ne viveva il senso… Beh, non mi sorprende la cosa, in fondo: come detto, le Olimpiadi sono un grande momento di civiltà: l’Italia, di civiltà, ne conserva ormai così poca che è del tutto ovvio che non sappia nemmeno più riconoscerla, ove vi sia…
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04/02/2006: TOSCANI E LA TV - Qualche settimana addietro Oliviero Toscani, il celebre creativo, ha scritto un breve articolo a riguardo della TV su Donna Moderna: sono ben onorato di riprodurlo – a distanza di qualche tempo, così che la sua eco continui più a lungo – e, soprattutto, di esservi completamente d’accordo (peraltro già scrissi qualcosina al proposito, qui): “La popstar Madonna ha dichiarato che non fa vedere la televisione ai suoi bambini. Ha perfettamente ragione. I miei sei figli sono cresciuti senza, non ho mai voluto che entrasse in casa. All’epoca della scuola protestavano un po’, ma oggi sono d’accordo con me. La televisione è la peggior cosa che sia mai stata inventata, è come una droga. Uccide l’esperienza diretta, spegne la creatività, dà risposte senza che si facciano domande e quindi plasma il nostro cervello. Davanti alla tv guardiamo tutti la stessa cosa, ma stando isolati: la più assurda delle follie. Lo so, sono drastico, mi chiamano il “telebano”! Ma la tv lobotomizza: un tempo il contadino sapeva se stava per arrivare la pioggia, oggi se non lo dice il meteo, nessuno si fida più. Ecco cosa ci ha fatto la televisione: ha ucciso la fiducia nelle nostre osservazioni e nei nostri pensieri. Dobbiamo eliminarla, sono convinto. In fondo ci vuol poco, basta non comperarla”.
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10/02/2006: LA MORTE CONVENIENTE – Sempre deve essere assoluto per chiunque il rispetto in fronte alla morte, in generale e soprattutto quando essa sia ingiusta: ciò significa cultura, civiltà, libertà. Eppure, a volte pare che certe morti convengano più di altre, pare che “caschino a fagiolo”, e che esse si vogliano caricare di accezioni dissonanti ma, evidentemente, proficue: di solito si usa il verbo strumentalizzare, in questi casi. Per il prete italiano ucciso in Turchia, guarda caso in periodo di potenziale scontro di ideologie religiose causa vignette danesi e di tutto quanto di affine, si fanno funerali solenni celebrati addirittura dalla superstar Ruini, e già si parla di beatificazione (e da subito guadagnandosi il viaggio del papa in Turchia, finora alquanto osteggiato…). Contemporaneamente, in Kenia veniva ucciso un gesuita belga, per cause ancora sconosciute: per costui nulla, nessuna messa solenne, nessun alto porporato pronto a mettersi in bella mostra alla TV, solo uno striminzito telegramma di cordoglio del papa – ma peraltro firmato non da lui ma dal card.Sodano, suo portavoce!… A quanto pare doveva essere un prete di serie B! Da tempo operava in Africa, battendosi in particolare contro il flagello dell’AIDS di cui conosceva bene la realtà, tanto da consigliare l’uso del preservativo, per prevenirne il contagio… Ma guarda! Che sia qui la sconvenienza, e la necessità di dimenticarsi subito di lui? Un prete disubbidiente, dunque, ai diktat moralistici vaticani? E dove lo manderanno, ora Ratzinger e Ruini, dato che si sta pensando di abolire il Limbo? Direttamente all’inferno? Già, perché un tale prete certo non merita il paradiso: non si è meritato nemmeno un cardinaluccio celebrante il rito funebre! Ma la sua anima non se ne dia pena: certe strumentalizzazioni non rispettano la morte, la disonorano…
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14/02/2006: GLI IRRECUPERATI – La vicenda del brigadiere ucciso a Ferrara da un pregiudicato già in carcere da tempo, uscito in permesso premio e mai più rientrato e con ancora 10 anni da scontare – ennesima e ultima ma non ultima, ahinoi – palesa bene un gravissimo problema del sistema carcerario italiano, che nessuno sembra saper mettere adeguatamente in luce: non quello della (in)certezza della pena, non quello della inettitudine giudiziaria (che mette in libertà individui con fedine penali chilometriche) ma semmai quello assai più basilare, per tale questione, della effettiva capacità di recupero sociale, civile e dunque umano dei reclusi nelle strutture carcerarie, le quali paiono fallire continuamente in questo loro compito, vista appunto la lunga serie di fatti similari all’ultimo citato. Se un omicida sconta un tot di anni in galera, poi esce e uccide ancora, a che è servito recluderlo? E se il carcere divenisse il contrario di ciò per cui è stato concepito, ovvero non più un deterrente ma un inopinato volano per la delinquenza, un concentrato di antisocialità che esplode le sue mine ad ogni fine pena? La questione è assolutamente delicata, bisogna possedere la sufficiente cultura per comprenderne l’essenza e ricercarne la più giusta soluzione: o i rei di delitti gravi si eliminano definitivamente e amen, o si trasforma completamente il sistema carcerario, recuperandone i principi di base e rendendolo finalmente una scuola di buona vita – cosa per me auspicabile: vent’anni di pena? Vent’anni di studio, di educazione, di civiltà, di umanità – e, ovvio, che siano vent’anni: un corso d’insegnamento non ammette sconti! Di certo, che lo stato paghi per tenere gente in cella a far nulla di buono e dunque con tutto il tempo di covare vendette e rivalse, per poi liberarla e subirne le conseguenze, se altri episodi del genere si avranno in futuro, è solo un’altra amara sconfitta di esso e della sua società.
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16/02/2006: (S)TORTURE DI PACE – Ha ben ragione Umberto Eco quando, nel suo ultimo libro, afferma che la nostra società/civiltà si muove come un gambero, ovvero all’indietro piuttosto che in avanti nel futuro, riesumando scheletri a volte tremendi che progresso, emancipazione, acculturazione e quant’altro sembravano aver definitivamente sotterrato e che invece qualche "potere forte", evidentemente non così amico delle succitate virtù sociali, riesuma continuamente a colpi violenti di vanga… Come sembrano lontani, più nel pensiero che nel tempo, i tempi in cui Alpini e Gebirsjager, nel primo conflitto mondiale, al termine di ogni battaglia, rendevano onore ai caduti nemici che trovavano nei terreni conquistati! Oggi la globalizzazione ha globalizzato anche la guerra, l’ha resa in qualche modo un evento eticamente consumistico, infatti la produce anche quando non serve e ce la propina con la sua parte peggiore, tuttavia oggi più “normale” perché conforme allo standard del tempo. La sua inutilità la svuota di qualsivoglia essenza pur violenta ma bellicamente logica e (ahinoi!) inevitabile, anche perché alla sua stessa fonte non sussistono più motivi di difesa/offesa ma molti altri del tutto alieni e in essa introdotti violentemente; quindi il soldato di qualsiasi parte, aggressore o aggredito, che tortura, violenta, stupra, distrugge immotivatamente diviene solo un effetto collaterale, una cosa che c’è e amen, chi se ne importa! – perché l’etica, come detto, è oggi la prima cosa che viene bombardata... D’altronde cosa ci si può aspettare da una civiltà che ha fatto del “tempo di pace” una guerra continua, solo frammentata in tutto il mondo così che noi si possa credere di essere, appunto, in pace?
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21/02/2006: COM’E’ PICCOLO IL MONDO!… - …Già, ma non nel senso che usualmente si da’ a questa esclamazione… Intendevo dire: com’è piccolo questo nostro mondo! – piccolo, limitato, misero, gretto, basso, questo umano mondo, e quanto lo è ancor di più rispetto al vero mondo, ovvero alla dimensione naturale nella quale l’umanità ha (avrebbe) la fortuna di vivere e prosperarvi in armonia… Invece: guerre, guerricciole, scontri d’ogni sorta che sembrano sempre più allenamenti per qualcosa del genere ma ben più vasto; violenze, soprusi, efferatezze assortite di cui pochissimi si curano perché, in fondo, “chi se ne importa!”; ideologie perverse, incredibili falsità trasformate in irrefutabili verità, devianze mentali ingenerate da imposizioni dogmatiche, integralismi a destra e a manca, plutocrazia imperante ovunque, decadenza sociale sempre più profonda; strutture istituzionali avvolte nella loro irrefrenabile brama di potere e dunque sempre più illiberali e antidemocratiche, calpestanti ogni virtuosa individualità per inglobarla in un unico ammasso facilmente plasmabile; costante distruzione del corpo di quel vero mondo, e suo sempre più grave ammorbamento, ogni giorno più difficilmente reversibile… E tanti cosa fanno? – tanti di coloro, intendo, che potrebbero fare qualcosa? Se ne stanno davanti alle TV, lustrano orgogliosi le loro belle automobili, tirano sera fingendo di lavorare per poi finalmente annoiarsi tra le loro quotidiane inutilità, svuotano la vita di ogni buon senso così da farsela riempire dalle insensatezze cadenti dall’alto, forse senza nemmeno più possedere l’ultima virtù, quella di chiedersi: ma che cosa ci sto a fare, a questo mondo?
Oh, scusate… Era solo il mio quotidiano momento di realistica e positivista indignazione
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27/02/2006: BOMBE INTELLIGENTI, MILITARI IDIOTI! – Personalmente, non sono mai stato contrario alla guerra, realisticamente intendo dire e dunque ad una guerra in primis: se qualcuno mi attacca senza giustificato motivo devo avere tutto il diritto di difendermi, e devo avere i mezzi per sopraffare l’aggressore – visto che troppe volte l’umanità ha dimostrato di essere talmente rozza, stolta e incivile da non riuscire a non usare la violenza e, appunto, la guerra per dirimere questioni di natura geopolitica varia: usa la forza perché non sa usare il cervello… Eppure, la nostra progredita e avanzata civiltà è riuscita persino nell’intento di storpiare e distruggere l’unico “senso” (comunque terribile) che una guerra poteva avere, cioè quello sopra indicato: la guerra non risolve più le liti tra stati, ma le peggiora; stupidi militari (e chi impone loro gli ordini) lanciano bombe intelligenti che però, purtroppo per loro, evidentemente perdono la loro intelligenza durane la caduta, visto gli effetti che causano! Un buon esempio lo stanno dando gli alleati occidentali in Iraq, per la serie “come far precipitare uno stato dalla padella alla brace”; ma molto più vicino a noi, a poche centinaia di kilometri dalle nostre certezze e dalla nostra opulenta pace, altre popolazioni europee stanno subendo i danni di un’altra guerra fattaci credere “utile”, come il sito di Medici Senza Frontiere segnala tra il silenzio generale, visto che tal danno anche reparti italiani hanno contribuito a generare… E a proposito di pace: noi tutti crediamo di vivere in pace dopo la fine del secondo conflitto mondiale, giusto? Bene: contate quante guerre ci sono state in questi sessant’anni di “pace” e vedrete come anch’essa, ormai, nella nostra progredita civiltà, non è altro che un intervallo di qualche anno tra una guerra e l’altra
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28/02/2006: ME NE TORNO IN ALTO… - Con questo Acuto Acume datato 28 febbraio, vorrei programmaticamente comunicare che dal prossimo, e per tutti quelli futuri, scriverò soltanto di cose veramente importanti, utili, proficue, preziose, virtuose per chi le compilerà e per chi le leggerà. In tutta sincerità, non credo sia più il caso di mettere da parte la presa di coscienza circa la realtà “bassa” d'intorno che ogni individuo veramente senziente (ovvero, in parole povere, che pensa col proprio intelletto) può e dovrebbe detenere: è ora di elevarsi al di sopra di tutta l’insensatezza e la sconcezza che ammorba quella nostra realtà quotidiana, dalla più incivile civiltà, dalla società dell’ignoranza, dalle prese in giro della politica, dalla folle ipocrisia religiosa e da tutto quanto tiene in basso e sprofonda ancora più in basso il nostro povero mondo, e la povera umanità che se ne crede padrona… Nessun riferimento preciso a questo o quell’altro, sia chiaro, ma un bel fascio unico di tutta ‘sta erba grama – questa volta non credo proprio che possa essere sbagliato farlo, e rilegarlo per bene: tante erbe diverse, tutte grame, lo ribadisco. L’individuo in evoluzione nel tempo che vive deve assolutamente essere libero da tutto ciò, e starsene ben lontano, senza rischiare di farsi insozzare ancora: alto, ben alto al di sopra – o forse basta starsene al proprio livello, perché è tutto l’intorno che sprofonda sempre più… E per di più, ci si rode meno il fegato di dover essere considerati parte della razza vivente più ottusa (per induzione nella sua maggioranza, e peculiarmente nella quasi totalità della sua parte dominante) presente sul pianeta… Solo Acuti Acumi elevati, dunque: forse meno numerosi, come quelli che potranno venire da un altro mondo, un mondo elevato sopra l’umana bassezza
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14/03/2006: IL SILENZIO E’ D’ORO! – 14 giorni di silenzio, dal 28/02, data dell’ultimo Acuto Acume: lo si può fare anche senza parole scritte, il silenzio, e pure così credo possa generarsi quella situazione particolare nella quale si favorisce la riflessione, la meditazione, il pensiero… La nostra civiltà ha smarrito il valore del silenzio: tutto è urlato, gridato, rumoroso, fracassone, anche ciò che non sembra così, e pare ci sia una certa strategia di base, forse per ottenebrare di rumore la mente, per non lasciare che, appunto, in essa si formi il silenzio, e grazie ad esso finalmente possano nuovamente nascere pensieri puri, lindi da qualsiasi impurità esterna, quindi probabilmente acuti, perspicaci, avveduti… Provate, un giorno, ad avventurarvi lontano dalla civiltà, nella natura, in una valle alpina o sulla vetta di un monte, ad esempio: e cercate non solo di ammirare il paesaggio, di godere della sua bellezza, ma ascoltatelo anche, quel paesaggio che è parte di quel mondo senza rumore umano… Forse riuscirete a sentire il suono del silenzio, che non è assenza di rumore ma presenza di un tono particolare, che avvolge ogni cosa e sembra che con ogni cosa vibri, o probabilmente ogni cosa vibra su quella frequenza… Come un pentagramma, su di esso può finalmente costruirsi l’armonia del pensiero, nel quale ci si ritrova di fronte a sé stessi e di rimando al mondo intero: in una tale situazione viene voglia di generare rumore? O forse, sorge un intimo desiderio di sostituire a quel silenzio soltanto una gradevole melodia – ovvero un pensiero armonioso? Ecco, proprio ciò che manca ai più, che assordati dal rumore della civiltà non sanno far altro che adeguarvisi e fare altro baccano, una eco assordante che rimbalza facilmente nella vuota mente “comune”…
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16/03/2006: UNA DOMENICA DA NON SPRECARE – Nonostante ciò che qualche personaggio va’ dicendo in giro, cioè che in una delle prossime domeniche vi sia qualcosa di “importante” da fare – cosa che sembra palesemente infondata – e giungendo quel dolce e armonioso mese che è Aprile, di tepore primaverile e pur ancora di algidezza invernale, tra monti innevati in alto e prati fioriti al piano, mi preme di suggerire qualcosa di veramente importante da fare, di veramente utile, nobile, virtuoso, in una di quelle prossime domeniche, ad esempio il 9 Aprile…:
- meteo permettendo, una classica e sempre bella gita fuori porta, nella Natura, che libera la mente e ritempra lo spirito;
- una giornata di pulizia ambientale, di sentieri, prati, cigli stradali e alvei di fiumi e laghi: ce n’è in tal senso di lavoro da fare!
- con meteo sfavorevole, un’intera giornata dedicata alla lettura di un o più libri, magari con discussione tra parenti/amici sulle sensazioni suscitate e sulle impressioni ricavate;
- sempre con meteo sfavorevole, festeggiare il compleanno del bravo documentarista Folco Quilici, nato proprio il 9 Aprile, guardandosi a casa in DVD qualche suo documentario (consiglio la collana sulle Alpi!);
- una giornata di volontariato presso quelle associazioni di vera e disinteressata solidarietà verso chi ha bisogno;
- una visita ad un museo o ad un altro bene artistico/monumentale, prima che l’incuria generale lo renda solo una rovina e/o un ricordo lontano;
Oppure, alcune occasioni per chi non sapesse cosa poter fare di interessante:
- Partecipare alle iniziative legate alla Seconda Giornata Nazionale UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), in tutto il territorio italiano.
- Visitare il Vinitaly a Verona, (il che è sempre un piacere!);
- A Trieste c’è l’Elettronica Expo Day, Fiera mercato dell'elettronica;
- Per chi è appassionato di collezionismo e antiquariato militare, a Torino c’è La Regal Torino, mostra mercato al Lingotto Fiere;
- Al Parco Esposizioni di Novegro (Milano) c’è la mostra Boat Collection, dedicata alla nautica d’epoca, agli accessori, agli arredi navali, alla cartografia e a quanto attiene al collezionismo "marinaro";
- A Cervia c’è L’Impero dell’Aria, mostra di aquiloni storici, originali e ricostruzioni dai progetti da fonti italiane ed europee;
- A Roma c’è Barbie a Roma, primo appuntamento in città per collezionisti ed appassionati di Barbie e Fashion Dolls.
…Ma sono solo alcune idee, basta solo un minimo di ricerca, di buone iniziative ce ne sono e ce ne saranno sicuramente a bizzeffe ovunque, per passare una domenica veramente interessante, senza credere e farsi assoggettare da quei personaggi che invece sostengono vi sia dell’altro da fare – che sarà poi? Boh…
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27/03/2006: "CELLULITI" CELLULARI – Da ormai parecchio tempo sto cercando di capire se il telefono cellulare serva ancora per telefonare, o se questo suo scopo, primario e unico all’origine, sia ormai un dipiù dopo le innumerevoli funzioni di SMS-MMS-macchina fotografica-radio-videogioco- mp3-TV-GPS-rasoio elettrico-macchina per il caffè-vibromassaggiatore e quant’altro… Manca solo che l’oggettino parli e risponda a tono al suo proprietario – magari mandandolo a quel paese – e finalmente il proprietario stesso potrà recidere ogni suo legame sociale con il mondo e la realtà, che sarà totalmente compendiata dall’ammennicolo peraltro sempre più fashion… Il Grande Fratello orwelliano non poteva immaginare miglior strumento di controllo di massa, con la TV, da usare con i propri sottomessi!… Per carità, scopro l’acqua calda: non è il cellulare in sé il problema, ma è la gente che usa il cellulare, ovvero il modo che viene imposto alla gente di usarlo! E’ tanto banale quanto incredibile pensare come potesse, questa nostra società, andare avanti fino a 15/20 anni fa senza il telefonino in tasca, ora che il non averlo è come mancare di un organo vitale - un fegato o un pancreas! Si era dunque più intelligenti - o più idioti - vent’anni fa, o lo si è più oggi?… C’è troppa gente che ostenta il proprio cellulare all’ultima moda (e all’ultima tariffa!) con la stessa mancanza di consapevolezza con cui ostenta la propria cellulite, credendo di essere un adone o una top model e invece dimostrando tutto il propria ottenebramento cerebrale: l’unica, vera presenza di mente di costoro è la scheda di memoria del loro telefonino…
Forse, se lo si usasse meno, e per scopi più utili o meno inutili, si potrebbe riscoprire la sua reale utilità e capire di quanto se ne abusa; non solo, molti potrebbero scoprire anche l’esistenza di altri strumenti ad alta tecnologia, più utili e avanzati ma probabilmente meno imponibili, meno soggetti alle conformità modaiole del momento e, soprattutto, molto più economici… Perché, fino a che qualcuno mi spiegherà, con argomentazioni sostenibili, a cosa serva vedere una partita di calcio o un reality show sul microschermo di un cellulare – e perché, viceversa, non esca sul mercato un cellulare con in memoria una enciclopedia scientifica o una raccolta di testi di elevata cultura – per quanto mi riguarda, il cellulare lo userò sempre meno, e continuerò a comunicare vis a vis, con la parola parlata dal vivo, quand’essa è il concreto mezzo di rappresentazione e di dialogo della personalità individuale, e non una vuota comunicazione GPRS Triband o UMTS, che ne sostituisce la mancanza
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05/04/2006: LA COMPAGNIA DEGLI PSICODRAMMATICI – Che fortuna! Che gran fortuna! Un intero stato mediaticamente trasformato in un enorme palcoscenico, sul quale recitano gli attori d’un genere teatrale buffissimo, bizzarro, sovente irrazionale, spesso divertente dacché assurdo, a volte, a dire il vero, anche rozzo e volgare, forse troppo spesso, a volte, per conseguenza, piuttosto irritantema pochi, ormai, sanno irritarsi e indignarsi, per quanto sono coinvolti nel grande spettacolo psicodrammatico! E’ gratis, per di più – costoro gridano felici, e vi assistono pur senza veramente capire, come d’altronde spesso avviene nel teatro “impegnato”: qui, all’estremo opposto, avviene la stessa cosa, per la nota regola della omogeneità degli opposti… E così si sentono incitati, quegli attori che così teatralmente, scenograficamente, ostentatamente recitano copioni invero così vuoti di senso e significato (ma il genere lo impone) – peraltro recitando maluccio parti e copioni che chissà quanti reciterebbero meglio… D’altronde, per andare in scena in quel modo, con quello “stile”, ci vuole rara faccia tosta, spudoratezza e spesso arroganza – in ciò essi sono veramente grandissimi attori, e grandemente coinvolgenti! E infatti il pubblico partecipa ottenebrato da cotanta bizzarra verve, applaude, parteggia per l’uno o per l’altro, incita, insulta la parte avversa… Un tale spettacolo, tutto per noi tutto gratis! – urla beato; al massimo, una volta ogni tanto, a volte spesso, a volte no, c’è da andare a votare il miglior attore, il miglior giullare, il miglior buffone, per elargire i relativi premi… Ah!, forza di questo involuzionario psicodramma, teatro d’italica retroguardia! In quale pathos coinvolge il suo spettatore, tanto da riempirgli la mente delle sue battute e svuotarla d’ogni altro pensiero, e di comprensione sul fatto che un biglietto da pagare in realtà c’è, ed è anche carissimo – ma vuoi mettere la fortuna di partecipare ad una siffatta immane messa in scena, al bizzarro assurdo psicodramma d’Italia?!? E pensare che c’è qualcuno – pochi, invero - che sostiene che tale forma di gran teatro a breve fallirà miseramente! Come può essere, con tutti i soldi che riesce a raggranellare e a elargire ai propri attori?… Boh!…
(P.S.: ovviamente, il "vero" psicodramma è tutt'altra cosa, di ben altro spessore, e non me ne vogliano coloro i quali ne apprezzano il valore se qui gli ho conferito un'accezione ben più misera!).
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12/04/2006 – "CON NOI E’ DIO, PICCIOTTI!" – Nel “covo” di Bernardo Provenzano (casa sua, in pratica: latitava lui, o latitava la “giustizia”?), tra le altre cose, sono stati trovati molti santini, reliquie religiose e una sacra Bibbia… Quali mostri genera la credenza religiosa! D’altronde, un “dio” che da venti e più secoli viene continuamente plasmato per essere funzionale ai più diversi fini di potere e interesse privato da chi se ne decreta “rappresentante in Terra” e ne diffonde il “sacro verbo”, come potrebbe non adattarsi anche ad un sanguinario capomafia, alla sua visione del mondo ed ai suoi scopi di potere? La credenza religiosa che ottenebra la parte più razionale, e dunque più propositivamente pensante della mente umana, lascia campo aperto alla parte oscura, a quella che storce i più bassi istinti per farne armi di sopraffazione e sopruso; se “dio” non fosse ciò che è, ovvero la buona giustificazione dell’uomo per rendere indiscutibile l’azione più discutibile, non ci sarebbe mai stato il Gott mit uns di hitleriana memoria ed altre “benedizioni” del genere, passate e più recenti, e “mostri” di simile valore avrebbero avuto un’arma in meno per suggestionare e soggiogare così tanti individui, che a loro volta avrebbero avuto una possibilità in più di mantenere libero il pensiero, e dunque considerabilmente attivo, perspicace, arguto… E se fosse “dio” – quel “dio”, s’intende – il vero grande latitante della civiltà umana, da condannare quale fiancheggiatore di siffatti criminali? Se non si eliminerebbe il male sulla Terra, certo ci si leverebbe di torno uno dei maggiori mandanti
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20/04/2006: LA COLTURA DELLA CULTURA – Recentemente ho avuto l’onore e la fortuna di far parte della giuria di un concorso letterario dedicato ai ragazzi delle scuole medie, con un tema di interesse generale e di ordinaria comprensione, attinente alla salvaguardia ambientale – un tema, insomma, del quale anche in giovane età si può e si deve avere una certa cognizione da cui ricavarne un proprio giudizio “primario”, dacché parte di quella cultura sociale che forma la base di ogni buona e progredita civiltà. Ho dovuto purtroppo constatare come una tale cultura, che primariamente è di tipo antropologico, ovvero che non dovrebbe abbisognare della parte nozionistica scolastica per manifestarsi (che viene dopo come supporto e importante integrazione) ma già essere presente nell’individuo intelligente che vive e interagisce nell’ambiente anche in modo elementare, manca in quei ragazzi, e paradossalmente più in quelli della terza classe, sulla soglia dell’adolescenza, che nei più giovani; oltre ai (prevedibili, in certi casi) luoghi comuni, alle frasi fatte, alla ripetizione più o meno pappagallesca di quanto ascoltato dai propri insegnanti ed alle superficialità di chiara matrice mediatica, ho notato la palese difficoltà di elaborare un proprio pensiero, e un proprio giudizio, su un argomento pur semplice e “quotidiano” come quello affrontato. Non ho preteso, da giudice di elaborati scolastici scritti da ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, minitrattati di ecologia e/o ecosofia o cose del genere, ma almeno un qualcosa che andasse oltre la constatazione che “gli incendi sono una cosa negativa per i boschi”, un livello di consapevolezza ambientale grossolano e pre-intellettuale; e mi fa un poco specie immaginare che quei tredici-quattordicenni non ancora in grado di comprendere bene le più elementari realtà del mondo che li circonda, saranno certamente dei super-esperti di cellulari, videogiochi, i-pod o gingilli affini…
Mi sono reso conto – o forse mi sono solo confermato qualcosa che già temevo – che tra quelli che saranno gli adulti prossimi venturi manca in modo profondo la coltura della cultura, ovvero la capacità propria e autonoma di comprensione, di meditazione e di giudizio sul mondo d’intorno, quello vissuto quotidianamente, che esuli dal pensiero unico e comune quasi sempre calato dall’alto e assunto come proprio dalla maggioranza per apatia intellettuale, ovvero per ignoranza pandemica, che è sempre una delle “peculiarità” della società in decadenza, che smette di pensare e dunque smette di progredire
Colpa della scuola, purtroppo anch’essa, in certi casi, regredente nel livello didattico e nella capacità formativa degli intelletti “in crescita” verso l’età adulta? In parte… Colpa della società, sempre più barbarica nei suoi meccanismi sociopolitici, sempre meno acculturata come se il pensiero fosse un qualcosa di non conveniente alla sua realtà contemporanea? Molto, sicuramente… Ma non si può non rimproverare anche la famiglia, che delega sempre più all’esterno di sé la formazione della consapevolezza civile dei propri componenti più giovani, come se l’essere intelligenti (e quanto di buono vi possa venire appresso) sia solo merito di un pezzo di carta, un diploma o una laurea, come se la risoluzione o anche solo la comprensione dei problemi del nostro mondo sia compito esclusivo dei politici, come se le verità effettive siano solo quelle calate dall’alto senza bisogno di essere meditate e, nel caso, messe in dubbio, come se la personalità di un ragazzo sia data ormai solo dal possedere uno scooter, un cellulare, un computer o quant’altro, e non sia più il frutto di una costruzione familiare fatta di tanti piccoli tasselli di cultura tramandata, cultura acquisita da fonti non solo scolastiche (quanti giovani, oggi, leggono libri di un certo spessore?) di saggezza adulta, di consigli, di confronto reciproco tra diverse visioni del mondo, di riflessione comune… E’ in famiglia che deve avvenire la coltivazione della cultura primaria: la mancanza di essa innesca un circolo vizioso che si diffonde nella società e la trasforma da vittima a carnefice, creando l’ideale tabula rasa per far che l’ignoranza trionfi – per la gioia di chi non ha interesse che questo nostro mondo vada meglio… E molte cose che in esso non vanno bene, sono anche la conseguenza della diffusa e già citata apatia intellettuale, del non voler vedere e capire per difendere il proprio basso e rozzo interesse, una devianza sociale che sovente gli adulti non riescono a non trasmettere ai propri figli, ai quali viene dunque ostacolata, se non impedita, una più virtuosa consapevolezza civica del nostro stesso mondo. In fin dei conti, molti, troppi genitori si dimenticano troppo spesso che il futuro non finisce nel loro presente, e che il futuro lo hanno in casa, nei loro figli, ed è il futuro di loro stessi e dell’intero mondo: e non lo si costruisce con la TV, i cellulari, gli scooter e con tutte le loro mancanze familiari trasformate in vizio, ma con una buona cultura ed un relativo acume intellettuale. Se ciò manca, anche la scuola - ahinoi e ahiloro - diventa solamente una noiosa necessità in una vita vuota ed inutile…
Sono troppo critico e pessimista? Forse, ma c’è già troppa ignoranza tra gli adulti per accettare passivamente che essa si diffonda anche tra chi adulto ha la fortuna di non esserlo ancora…
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02/05/2006: FUNERAL-PARTY! - Oggi esiste, a disposizione di buona parte di quelli che fanno numero nella società contemporanea, una bella sfilata di moda o defilé o passerella o parata alquanto pubblica, del tutto gratuita e per ciò assai ambita: un funerale. E’ sconcertante notare come l’omaggio al caro defunto appena trapassato divenga assolutamente presunto tale, come il corteo funebre che dalla residenza si svolge per le vie cittadine fino alla chiesa si trasformi veramente e soltanto in un “Eccomi! Io ci sono!” collettivo che se ne frega altamente del povero estinto, forse nemmeno conosciuto o magari pure disprezzato in vita – ma non che il nocciolo della questione cambi di molto, se il trapassato era parente o caro o amico o tanto di meglio. Un funerale odierno è un ottimo esempio di come la socialità insita nella società che se ne fa’ vanto si sia distorta al punto da profanare gravemente l’atto di riverenza che una persona deceduta potrebbe/dovrebbe meritare… Quanti andrebbero ad un funerale se, per assurdo, non fossero visti da nessuno? Quanti vi andrebbero se non vi fossero i parenti e i conoscenti a cui rimarcare le proprie sentite condoglianze, ovvero la propria presenza? E quanti vi andrebbero – forse primariamente – se non potessero nel corteo cercare di farsi vedere, di evidenziare la propria presenza, il proprio esserci, appunto, possibilmente con una bella e vistosa pelliccia, o con un fulgido paio di scarpe firmate, o degli occhiali rigorosamente scuri e rigorosamente all’ultima moda? Che bella rappresentazione dell’ipocrisia contemporanea, con tanto di ciliegina sulla torta funebre donata dal buon prete e dalle sue trite e ritrite, insulse, teodemagogiche, deliranti esequie! Il tutto sembra una sorta di festa nella quale i partecipanti si siano imposti di non ridere e di assumere espressioni meste, con il morto a fare da deejay che fa’ ballare tutti in una discoteca urbana all’aperto, cosicché alla fine della festa nessuno si ricorderà veramente chi fosse quel deejay, ma tutti si ricorderanno di quanto bene sono riusciti a ballare e di quanti intorno lo abbiano notato, parenti del passato a miglior vita in primis. In fondo, il solito piccolo crocchio di ciarliere e ciarlieri che abitualmente chiudono il corteo parlando del più e del meno diventano il male minore della messa in scena: quanto meno essi non fingono quelle espressioni da fine del mondo ben incorniciate da scintillanti gioielli aurei o da messe in piega da ultimo dell’anno a Montecarlo… E per il morto, una prima, fatalistica consolazione: quella di essersene andato da cotanta cricca di inutili cicisbei, talmente privi di un pur minimo barlume di virtuosa personalità, e dunque di elegante dignità, da approfittare di ogni occasione pur di mostrare a chiunque quanto siano tronfiamente sgonfi di valore umano… D’altronde, questo nostro mondo così ipocritamente roteante nel degradante gorgo del suo futuro, vive (o vegeta) di occasioni del genere, ovvero muore in esse sempre più, e ben più di qualsiasi povero defunto il quale non potrà, buon per lui, sperare da quelli alcun sincero omaggio, visto che gli toccherà esser lui a omaggiarli… Una buon motivo e una susseguente inopinata consolazione, appunto, per aver dovuto andarsene da quaggiù...
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15/05/2006: I TIFOSI COI LIVIDI SUL POPO’...Già ve l’avevo detto, come la pensavo io sull’argomento… E mica ero un indovino, un Nostradamus e nemmeno il primo a togliere il velo nascondente sulla questione… Solo l’ultimo di tanti, tutti regolarmente inascoltati… Parlarne ora, nel bailamme generale, non serve più a granché, visto che tutti hanno la propria opinione e la gettano nel polverone, aumentandolo a dismisura… Osservo avanti, verso quell’orizzonte che inevitabilmente si genera da un tal presente, e da un cotanto (e tanto celato) passato, acqua già transitata sotto tutti ponti e ormai spersa nel gran mare delle mai rivelate verità… Domanda: cambierà qualcosa, secondo voi? La mia risposta: no. Ora si sta facendo una questione di nomi e di fatti, ma invero non mi sembra si stia facendo anche (e soprattutto) una questione di sistema; la storia recente dello stato italiano lo dimostra ampiamente. Altra domanda: perché è successo tutto ciò, se non per soldi e relativo potere? Controdomanda: si ha volontà di eliminare quella plutocrazia che, qui come in tanti altri (tutti?) aspetti della vita quotidiana, regna sovrana? Risposta: no, troppa gente ci campa sopra, nel bene e nel male, e il tutto (come ho già dichiarato in altro scritto pubblicato qui) diventa normalità, in Italia, ogni qualvolta una stortura non si riesca a raddrizzarla… Un qualcosa pur di malavitoso non si può risolvere? Bene, vediamo allora di guadagnarci anche noi qualcosa! E’ il sistema, ribadisco, non sono i nomi… Mettete in qualsiasi opera umana la possibilità di fare soldi a palate, e gli uomini saranno pronti alle peggiori nefandezze pur di arraffare qualche prezioso bigliettone…
Però, scusate: che chi non ci guadagni nulla acconsenta a partecipare a tale immane imbroglio, mi pare quasi una pari nefandezza, e certamente una prova di ottusità da record!… L’arma finale, in fondo, ce l’ha ancora in mano il singolo individuo – non si viene frustati, ancora (e per quanto, ancora?), se non si va’ allo stadio, se non si compra quello o quell’altro decoder, se non si accetta di spegnere il cervello come fatto ai calciatori, ormai solo burattini in mano a loschi poteri… Togliete loro il pane di bocca, lasciate che gli stadi vengano occupati, per quel poco necessario, dagli ultras/teppisti/amici delle società calcistiche che fingono di condannarli e poi ne finanziano l’attività eversiva (perché tale è, fino a prova contraria che in una vera civiltà non ci potrà mai essere)! Rendetevi finalmente conto di quante meravigliose e virtuose cose si possano fare, un sabato o una domenica pomeriggio, cose soprattutto che possono fare enormemente bene a sé stessi e al proprio spirito, piuttosto che a quelli e al loro conto in banca!…
…Altrimenti, non andate in giro a lamentarvi del dolore sul fondoschiena, perché siete caduti dalle nuvole e siete pieni di lividi, scoprendo che “Oh! Ma possibile? Possibile che anche il calcio sia tutto finto?” (e così per quant’altro di ugualmente corrotto, ovvio), e non lamentatevi se faticate a tirare la fine del mese, quando di giorno allo stadio o la sera in TV osannate calciatori che per tirare (spesso male) tre calci al pallone prendono in un giorno quanto voi prendereste in un anno di duro lavoro!… E per di più copulano con veline e soubrette strafighe che voi nemmeno potete sognare di avvicinare!
Dicono, gli illuminati: ogni popolo ha il governo che si merita; l’Italia ha anche i Moggi che si merita!…
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22/05/2006: RAZZE IN ESTINZIONE – Facendo zapping sulla radio (si può usare questo termine anche per il caro, vecchio apparecchio?…) ho appreso nello stesso giorno e, ovviamente, per pura casualità – una casualità, tuttavia, che come spesso avviene ritrova velocemente nella realtà quotidiana un suo senso assai poco casuale… - due notizie il cui raffronto mi ha tanto stupito quanto adirato. Notizia nr.1: il WWF spende per la conservazione della biodiversità animale (ovvero per difendere le specie in pericolo di estinzione) ogni anno su scala planetaria circa 58 milioni di euro. Vi sembrano tanti? Vi sembrano pochi?… Notizia nr.2: gli undici giocatori titolari della squadra di calcio della Juventus, nella stagione 2005/2006, percepiscono stipendi per 46 milioni di euro in totale; ciò significa che c’è da aggiungere poi i panchinari, tra cui c’è Alessandro Del Piero, uno dei calciatori italiani più pagati… 1+1 uguale 2, giusto? Morale: la razza umana spende molto meno per la conservazione degli altri abitanti in pericolo del pianeta, tra cui si annoverano specie di grande intelligenza e importanza ecologica, che per mantenere una piccola accolita di individui scalcianti, che di quella razza umana annovera in molti casi la parte di più scarsa intelligenza e peggior etica (ultime notizie su calcio, la ormai cosiddetta calciopoli docet)… Non solo: se due panda giganti lottano per qualche motivo, attorno a loro non si formano due ghenghe che fanno il "tifo" distruggendo ogni cosa, sovente pubblica dunque pagata dai cittadini!
I risultati li abbiamo tutti sotto gli occhi (e 1+1 oggi fa’ tutto meno che 2…), e mentre si discute se il fuorigioco c’era e il rigore no o altre simili, profondissime dissertazioni, il mondo – inteso come ambiente naturale che ci fa’ vivere, e non solo – va’ a ramengo… Proporrei una cosa al WWF, per quanto sia possibile: nella lista delle specie in pericolo di estinzione, oltre all'elefante "Kiluba", alla tigre "Makalha", al panda gigante "Zhu Xiong" o al gorilla "Habinyanja" ovvero a tutte le altre specie nella stessa situazione, inserirei anche l’”Homo Sapiens” – quello veramente sapiens, naturalmente… Ce ne sono così pochi, ormai così rari e confusi nella massa informe composta dall’homo demens
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30/05/2006: COMPLESSO DI SUPERIORITA’ – Eh sì, lo devo confessare, ormai da tempo soffro di un possente complesso di superiorità verso moltissimi individui, diciamo la gran parte dell’umanità che mi circonda… Tuttavia tale complesso non ha le peculiarità immaginabili e presenti in altri così nominati, non dona boria, alterigia, prepotenza, insolenza – anzi! Tutt’altro, dona un’elevata coscienza etica e un illuminato punto di vista sulle cose del mondo, dalle più banali alle più profonde – come fosse una superiorità materiale, altitudinale per così dire, che permette di restare al di sopra di quelle cose del mondo ordinario… Perché sì, mi sento superiore – lo confesso, e me ne vanto – ad esempio…
- A chi getta ogni tipo di spazzatura per strada, dal mozzicone di sigaretta alla batteria dell’auto abbandonata tra i cespugli di un bosco;
- A chi, in auto, non permette ad un pedone di attraversare la strada nonostante sia già sulle strisce pedonali;
- A chi in genere guida auto e moto da perfetto imbecille, e coinvolge nei propri incidenti altri utenti della strada che non c’entrano nulla;
- A chi ha fatto della maleducazione la propria primaria peculiarità, credendosi così forte e rispettabile;
- A chi vuole manifestare una propria spiritualità in forma di fede verso una qualsiasi entità superiore, ma rovina totalmente questo bisogno intimo dando il consenso a chi usa la fede in quell’entità per costruire e imporre un potere totalitario e assoggettante, invero del tutto lontano e avverso a qualsiasi concetto accettabile di “fede”;
- A chi è tanto privo di personalità da circondarsi di inutili status symbol, perché altrimenti non saprebbe come farsi notare e senza capire che così si nota solo il suo totale conformismo
- A chi si dimentica di crescere bene i propri figli ma non del tagliando della propria prestigiosa auto;
- A chi ha sostituito il proprio cervello con la scheda di memoria del cellulare all’ultima moda;
- A chi non va’ allo stadio solo per divertirsi e godere di uno spettacolo sportivo, ma anche per urlare come il peggior zotico, inveire, insultare, spaccare, picchiare e quant’altro;
- A chi crede che i mass-media diano veramente le notizie che bisogna conoscere, e che le stesse che danno siano certamente “vere”;
- A chi non si sa mettere in discussione, e non accetta nel caso di essere confutato;
- A chi non sa più pensare, riflettere, meditare, comprendere…
…Provate anche voi a continuare questo elenco, ad aggiungervi più punti possibile sui quali vi potete sentire superiori… Io qui sono stato molto “quotidiano”, anche banale, ma d’altronde è proprio nella banale quotidianità che questa superiorità si manifesta precipuamente… Chissà mai che un tale “complesso”, che meglio sarebbe se denominato di civiltà, fosse sempre più diffuso, e sempre più quelli che ne soffrono – visto anche gli effetti per nulla deleteri che provoca!… E chissà che, per virtuosa inerzia sociale, dunque, l’intera società non possa elevarsi da quel punto basso che ha ormai raggiunto…
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06/06/2006: I TIFOSI COI CEROTTI SUL POPO’ (ovvero: I tifosi coi lividi sul popò parte II) – E via, ci siamo, sono iniziati i Campionati del Mondo di calcio in Germania… Undici calciatori più riserve rappresenteranno l’Italia, gli italiani preparano le bandiere, gli striscioni, si allestiscono i maxischermi nelle piazze, qualcuno pensa già a quale tragitto percorrere in auto strombazzando dopo una vittoria… E calciopoli, la corruzione, le scommesse fuorilegge, la violenza negli stadi, il doping, i bilanci delle società truccate, i raggiri fiscali e quant’altro? Messi da parte, ma certo: è ora di lasciare il campo al calcio giocato, quello “vero” no?!
Certamente, è l’ora – giocoforza, necessariamente, inevitabilmente! Non potrebbe che essere così: il popolo italiano è costretto a manifestare l’unico patriottismo di cui riconosca un senso – quello per la nazionale di calcio e solo per quella – affidando la propria immagine ad una ciurma di miliardari-pappemolle che dell’Italia rappresentano una delle parti peggiori, quella più plutocratica/disonesta/ corrotta/arraffona/mafiosa/dopata, che se ne sbattono altamente di una tale responsabilità e la cui volontà di vittoria non è mirata alla gloria del proprio stato ma solo per il premio partita, il proprio conto bancario e, per conseguenza, la possibilità di accaparrarsi il meglio che la soubretteria mediatica possa offrire! Poveri italiani, come sono conciati male!… Sarebbe più onorevole farsi rappresentare da un gruppo di scaricatori di porto di Genova, di Livorno o di Gioia Tauro, sporchi, unti, spettinati ma che almeno il loro stipendio se lo guadagnano col lavoro, e non con bustarelle agli arbitri e plusvalenze di bilanci fasulli!
Ma d’altronde, del sistema sociale italiano il calcio è ormai un elemento fondamentale, il giochino che diverte e placa il bambino italiano medio - al pari della TV, del telefonino e di cose affini, che lo tiene a bada, che gli toglie parte di quel tempo grazie al quale potrebbe forse pensare un poco di più alla realtà che lo circonda e comprendere certe verità altrimenti invisibili… E tale sistema di cui il calcio è parte ha funzionato benissimo finora, così com’era: perché cambiarlo? Anzi, v’immaginate se l’Italia dovesse vincere il Mondiale, o comunque arrivare tra le prime squadre? Quale ottimo sistema per dare un efficace colpo di spugna a tutto, e far tornare a funzionare le cose come devono funzionare!
No, grazie, per carità! Io da costoro non mi farei nemmeno tenere il posto in fila d’attesa dal dottore, figuriamoci rappresentare in un torneo sportivo mondiale tra nazioni! Mai come quest’anno – a prescindere dal mio sostanziale disinteresse verso l’evento – mi auguro che la squadra di calcio italiana faccia una magrissima figura, anche se mi rendo conto che la consolazione sarà del tutto aleatoria: se il dipendente di un’industria sbaglia un lavoro assegnatogli, gliene detraggono i danni dallo stipendio o alla peggio viene licenziato; se quelli perdono, ad esempio, dal Ghana o da qualsiasi altra squadra considerabilmente meno forte, secondo voi, li mandano a lavorare in fonderia o in miniera?… Ma gli italiani tifosi (e non, anche…) hanno il sedere ormai ricolmo di cerotti: così imbottiti, risulta loro sempre più difficile capire se vi sia qualcuno che li stia prendendo per la stessa parte di corpo!…
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26/06/2006: UN DIFENSORE DELLA TERRA
– Qualche giorno fa, tornando da una ascensione su di una vetta della Valtellina… Giungo al piccolo paese dal quale la mattina sono partito, alle prime baite raccolte in centro a ripidi prati appena sfalciati sul limitare del bosco, incontro un uomo, uno del luogo, proprietario di una di quella baite e di parte dei prati intorno… Ci si saluta, si attacca bottone sul più e sul meno – come è tradizione in montagna, dove spesso i rapporti umani nascono spontanei nonostante le asperità delle vette che parrebbero ostacoli ad essi, ma quassù la vita ha ancora valore, ed anche reciproco, a differenza che nelle emancipate e civilissime città… L’uomo possiede qualche animale, sta sfalciando per fornire ad essi il fieno sostentatore, ma scuote la testa, qualcosa non va’ in ciò che sta facendo… No, non nelle azioni in sé, ma nel momento e nel contesto in cui le deve compiere… Nel tempo, nel clima, nel mondo, qualcosa sembra che giri storto: si lamenta malinconico, l’uomo, fa’ troppo caldo, mai era successo fino a pochi anni addietro che si dovesse sfalciare a giugno, lo si faceva sempre intorno al 10 di luglio… E poi le sorgenti, che offrono sottili fili d’acqua quando un tempo parevano erompenti cascatelle: eh, beh, non piove, è un mese buono che non piove per bene, per come dovrebbe… I prati non sono verdissimi come ci si aspetterebbe, per convenzione, in montagna, ma si colorano d’un verde piuttosto smunto… E l’umidità, molto alta: “…In montagna, quassù, non c’è mai stata questa umidità!” egli dice con un tono di amarezza nella voce, preoccupato anche che la siccità perdurante gli impedisca di fare un altro buon sfalcio per i suoi animali… E intanto lì, a più di 1.600 metri di quota, sembra di essere a Malindi, per il caldo che fa…

In quell’uomo nato e vissuto da sempre in montagna, da essa temprato e di essa allievo e conoscitore di tanti segreti, ho percepito l’inquietudine che tanti non sentono, il timore verso un mondo che sta cambiando, e che probabilmente cambierà – in peggio – le nostre abitudini di vita quotidiane… Da tempo non mi posso proprio dire “ottimista” sul futuro del clima sul nostro pianeta, e certo l’animo inquieto di quell’uomo vale più di cento esperti che lanciano allarmi al proposito; ma, ancor più, il suo lavoro semplice e antico, nel quale il profitto maggiore è dato dal far stare bene le proprie bestie, ha un valore umano – nel senso più planetario del termine – ben più grande di quel “lavoro” dei potenti che, per un profitto materialmente assai maggiore e, a ben vedere, più inutile, il nostro pianeta lo stanno distruggendo
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05/07/2006: TRA NOBILTA’ E SUBUMANITA’ – Sabato mattina, ore 06.00, su una strada del lecchese, fermo ad un passaggio a livello… Vedo qualche metro a lato della mia auto, ai margini della strada, una donna, molto anziana, insolitamente curva con la schiena, come se avesse gravi problemi di artrosi… Ha due grosse borse di plastica nella mano sinistra, evidentemente colme di non capisco cosa, e con la destra sta raccogliendo dalla strada qualcosa… Sembra che abbia cent’anni, così incurvata, e nel vederla così temo sia in difficoltà, abbia bisogno di qualcosa, come se non stia bene… La seguo in ciò che sta facendo, non riesco a capirlo ancora – il treno tarda a passare – ma poi rapidamente comprendo: sta ripulendo il tratto di strada davanti alla propria casa – c’è il cancelletto d’ingresso aperto, dall’altra parte – sta raccogliendo le cartacce che i soliti “bravi cittadini” gettano in terra!… Resto assai colpito da ciò, e intanto lo sguardo – non so se per caso, o se per un qualche istinto “critico” – passa dallo specchietto retrovisore dell’auto ancora ferma al passaggio a livello: dietro di me, un’altra auto, dentro un tale – un “bravo cittadino” appunto – sui cinquanta o nemmeno, che beatamente scarta e apre un nuovo pacchetto di sigarette, buttando l’involucro di plastica in terra, sulla strada!… Lo sguardo allora corre come confuso tra le due immagini, davanti la vecchia donna incurvata verso la strada che raccoglie l’immondizia (che altri pagati dalla collettività evidentemente non raccolgono, pur essendo preposti a farlo…), dietro il tale – faccia da ebete, non serve dirlo, uguale a tante tante tante altre facce, che pare bearsi del gesto insozzante appena compiuto…
Passa il treno, il passaggio a livello si alza… Peccato, avrei volentieri tirato fuori di peso quel tale dalla sua auto e gli avrei fatto raccogliere le sue cartacce con la lingua, invece devo andare, le auto davanti si sono già mosse, non mi resta che insultarlo in silenzio e augurargli di finire fuori strada dritto in un letamaio, sperando che non si faccia nulla ma di contro che la merda gli resti attaccata a vita sul corpo… Quell’anziana donna, viceversa, che probabilmente non rivedrò più, vorrei che sapesse di quanto le sono grato per l’insegnamento che mi ha dato con quei suoi gesti semplici, lenti, di altissima civiltà e enorme valore sociale: mi ha regalato un minuto di esperienza che credo non dimenticherò mai… Quell’altro, il subumano – perché tali sono costoro, per come provano di mancare della principale peculiarità dell’essere umano, l’intelligenza…) mi ha invece dimostrato una volta ancora che molta parte dell’umanità (quella che si considera “civile” ed “emancipata” soprattutto) non merita la bellezza che il mondo in cui vive gli permette di godere…
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10/07/2006: CAMPIONI DEL MONDO (DI…) – Ma guarda!… Eh sì… Mi sa che da domani aprirò uno studio di preveggenza/magia/fattucchieria e quant’altro, visto che già il 06 Giugno scorso scrivevo come sarebbe andata a finire ai Mondiali di calcio… Invero, sovente ciò che si crede “magia” è soltanto una verità ignorata, dimenticata, non considerata, messa da parte per convenienza
Il calcioscommesse del 1980 viene ricordato come lo scandalo più clamoroso e rovinoso dello sport italiano, per nomi di giocatori, dirigenti e club implicati e per gli effetti dirompenti sulla credibilità del nostro calcio (…) In estate arriva la sentenza: retrocedono in B Lazio e Milan, mentre Avellino, Bologna e Perugia vengono penalizzati di cinque punti per il torneo successivo. Il presidente del Milan dello scudetto, Felice Colombo, viene inibito a vita; quello del Bologna, Tommaso Fabbretti, per un anno. Pioggia di squalifiche anche per i giocatori: 6 anni a Pellegrini, 5 a Cacciatori e Della Martira, 4 ad Albertosi, 3 e mezzo a Giordano, Manfredonia, Petrini e Savoldi, 3 a Wilson e Zecchini, 2 a Paolo Rossi, 1 e 2 mesi a Cordova, 1 a Giorgio Morini, 6 mesi a Chiodi, 5 a Negrisolo, 4 a Montesi, 3 a Colomba e Damiani. In B, penalizzati di 5 punti Palermo e Taranto, lunghe squalifiche per Magherini (3 anni e mezzo), Massimelli (3 anni) e Merlo (1 anno). L’amnistia del 1982, dopo la conquista del titolo mondiale, condonerà tutti i residui di pena.”… (Fonti: vari siti internet, basta cliccare su un motore di ricerca “calcioscommesse 1980” e troverete tutto). Campione del mondo di fortuna dunque, l’Italia pallonara: e non perché ne abbia goduto sul campo, dove forse le partite le avrà anche vinte per meriti prettamente calcistici, ma perché, guarda che caso, che fortuna! - come nel 1980 dopo un maxi-scandalo ecco un Campionato del Mondo imminente – guarda caso vinto! – e, guarda caso, già qualcuno sta tirando fuori quel termine che pochi ricordano: “amnistia”!… Tutto torna al suo posto, dunque, in poche settimane il mondo del calcio da “marcio e corrotto” è tornato ad essere “eroico e vincente” – con buona pace degli inquirenti e dei giudici “rompipalloni”; tutto sarà come prima, e non preoccupatevi, voi tifosi delle squadre coinvolte, la vostra pena non durerà poi molto, e soprattutto non ne rimarrà traccia nel ricordo storico calcistico d’Italia, nazione di smemorati… A tal punto manca solo una cosa: per i meriti riconosciuti (la nazionale italiana non è ben farcita da uomini della GEA, a partire dal suo "mister"?), a quando l’elezione di Luciano Moggi come presidente del consiglio italiano?
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19/07/2006: LE SORTI DEL MONDO AL BAR DELLO SPORT – Non so se avete sentito o letto del “fuori onda” tra Bush e Blair durante il G8 di San Pietroburgo, quando i due hanno chiacchierato dei fatti del mondo senza rendersi conto di un microfono aperto, che ha registrato la conversazione liveQui trovate la trascrizione/traduzione del dialogo. Ora, che mi rende assai perplesso e, sinceramente, mi provoca qualche brivido freddo che scuote le membra, non è tanto il fatto in sé, il microfono aperto o quanto si sono detti, ma il modo… Come due amiconi che si ritrovano la sera al bar sotto casa parlando frivolmente – e pure un poco scurrilmente - di calcio, donne o motori, i due presidenti/alleati stavano in effetti ciarlando delle sorti del mondo appunto come fosse il classico più e meno, un argomento qualsiasi del quale potevano disporre abbastanza liberamente davanti ad un drink e ad uno stuzzichino… Voglio dire, non che non fosse loro diritto farlo, nel bene o nel male sono due rappresentanti di stati alleati e di influenza geopolitica internazionale notevole, tuttavia mi pare che tale casualità denoti l’effettiva mancanza di una concertazione planetaria sugli eventi di interesse comune, e soprattutto su quelli la cui gravità e potenziale pericolosità si potrebbe ripercuotere sul mondo intero… Pochi potenti, davanti a un cocktail o a un caffè, potrebbero decidere di bombardare qui e là come deciderebbero il colore dell’auto nuova da acquistare, anche se poi su quell’auto ci dovremmo salire tutti; l’attuale crisi mediorientale dimostra ancora una volta l’assoluta inefficacia ovvero il fallimento dell’istituzione ONU, il che tuttavia non giustifica singoli stati a fare di testa propria come se potessero usufruire del mondo a proprio piacimento, uso e consumo; non solo, ciò dovrebbe essere stimolo possente a ricreare un sistema di collaborazione politico/ diplomatica tra gli stati del mondo basato non più su meri interessi privati ma sull’interesse comune, sul bene del nostro pianeta, una necessità che nessuno pare voler portare avanti, per mera e profondissima ottusità – una peculiarità che dovrà definitivamente essere elencata tra quelle caratterizzanti certa parte del genere umano… Insomma, che uno si beva un Campari, si mangi un salatino e poi spari un missile nucleare da qualche parte (magari mentre rutta!...) senza che nessuno che rappresenti autorevolmente gli interessi del mondo intero possa dire qualcosa è una enorme sconfitta della nostra civiltà, la quale nasce da un’altra primaria sconfitta: l’incapacità dell’uomo di capire che anche Israele, la Palestina, l’Iraq o l’Iran o la Nord Corea o la strada sotto casa sono parti del nostro pianeta… Se la vostra casa ha un muro scrostato, cosa fate? Fate in modo che torni in buone condizioni e renda nuovamente bella la casa, o lo abbattete creandovi in essa un bel buco? E se l’impresario che deve decidere sul vostro muro si presenta da voi ubriaco, e decide indiscutibilmente di buttar giù mezza casa? Sareste d'accordo con lui?
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30/07/2006: LA PIU’ PURA UTOPIA – C’è un semplicissimo motivo per il quale quanto meno nel prossimo mezzo secolo il nostro pianeta non potrà conoscere la pace, quella vera, quella che non è un mero intervallo tra due guerre ma un’era di reale evoluzione per il genere umano, ed è un motivo che, nonostante la sua semplicità, nessuno pare cogliere… Ovunque nel mondo vi siano combattimenti che coinvolgano civili e in particolare bambini – Libano, Palestina, Iraq, o anche Beslan, il Darfur, il Ruanda e tutti gli altri – ci si assicura altro tempo di guerra almeno per l’intera esistenza di quella generazione di bambini perseguitati. La nostra considerazione sugli orrori della guerra che coinvolge i più piccoli sembra fermarsi alla mera pietà ingenerata dal crimine in sé, come se - ed è opinione comprensibile - questo sia peggiore se coinvolge gli esseri umani più indifesi, e il danno maggiore sia nello spezzare così tante vite ancora all’inizio della propria esistenza… Giusto, comprensibile, come ho detto, ma c’è qualcosa di più, di più profondo e grave: queste esecrabili guerre segnano quei giovani spiriti che, bontà loro, sopravvivono alla distruzione, con l’indelebile segno della violenza, della crudeltà tra uomini che si uccidono a vicenda come fosse un atto del tutto normale; quegli occhi che stanno cercando di conoscere il mondo, con tutta la bella e ingenua curiosità della loro età e che vorrebbero trovarvi i primi giocosi elementi di esperienza, quel mondo che dovrebbe insegnar loro la bellezza e il valore della vita, insegna invece la più terribile bruttezza, il lato oscuro e più disumano, li pone in mezzo alle peggiori efferatezze, uccide loro padri, madri, fratelli, li mutila, li ustiona, avvolge la loro mente con il più nero e pesante drappo funerario… Con siffatto mondo intorno, ditemi – ma ovviamente la domanda sarebbe da fare a coloro che usano le proprie armi come appena detto – come faranno questi bambini a far proprio, nell’intimo, il concetto di pace? Quali metodi di soluzione delle controversie avranno imparato, se non quelli della violenza, delle armi, della guerra? Come potranno ricordare un'infanzia così distrutta e i propri morti, se non desiderando di vendicarli con gli stessi mezzi con cui sono stati ammazzati? Nel loro cuore viene instillato il germe della guerra, proprio nel periodo in cui esso è più puro, più aperto al mondo, più indifeso, così più velocemente quel germe orrendo viene inglobato, assimilato, diventa parte della loro vita… Quei bambini colpiti dalla violenza delle battaglie attuali, saranno i combattenti delle battaglie del futuro, in base allo stesso principio per il quale bambini che hanno subito abusi o violenze in giovane età, sovente da adulti infliggono gli stessi abusi ad altri bambini… Altro che tregue, armistizi pace adesso o domani o duratura o Caschi Blu dell’ONU o che altro! Parole di pura (e insulsa) utopia buttate al vento, in attesa di organizzare le nuove future battaglie e che per esse nuovi soldati crescano funzionalmente ignari di qualsiasi concetto di pace!…
E’ forse questo il lato peggiore di una guerra, e l’assicurazione che quando essa generi tali danni non potrà mai essere l’ultima; sarebbe anche il motivo migliore per non combatterne più, ma – e lo dico col più amaro sarcasmo – una razza di esseri viventi che non riesce a capire, dopo millenni di sanguinose battaglie, verità così semplici e fondamentali, le guerre se le meriterebbe tutte… Se solo a finirci in mezzo fossero quelli che le scatenano…
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29/08/2006: ZERO IN GEOGRAFIA – Una ennesima castroneria giornalistica in ambito geografico, compiuta da giornalisti dunque laureati dunque, ufficialmente, dotati di cultura "di livello superiore" (ovvero quelli del rinomato TG5, che durante un servizio su un raduno di manifestanti della Lega Nord hanno reiteratamente presentato il Passo di San Marco, celebre e storico valico tra la Val Brembana – provincia di Bergamo – e la Valtellina - provincia di Sondrio – dunque interamente in territorio lombardo, ove si è svolto tale raduno, come “un passo tra la Lombardia e il Veneto”! Si noti che il territorio del Veneto, dal Passo di San Marco, dista almeno 150 Km.!) mi ha dato modo di riflettere su una profonda e grave mancanza che riscontro sovente nella cultura media della cosiddetta “opinione pubblica”: la conoscenza del territorio su cui si vive, su piccola e su grande scala. Qualche tempo addietro, durante la seconda guerra in Iraq, in un talk show americano (credo il David Letterman Show) l’arguto conduttore aveva ironizzato sull’ignoranza degli americani in ambito geografico: in un sondaggio su vasta scala si dimostrava che, di fonte ad un planisfero, moltissimi non sapevano indicare dove fosse l’Iraq; peggio, molti non sapevano indicare dove si trovasse la Gran Bretagna, principale alleato americano nella guerra; ma, peggio del peggio, alcuni (e non pochi) non sapevano nemmeno indicare quali fossero gli USA! In Italia, vi sono "fior" di laureati che non sanno dire quale sia il monte italiano più alto, o in quale regione nasca il Po, o con quali altre nazioni confini lo stato italiano… C’è da riderci sopra, ma subito dopo c’è da preoccuparsi di ciò, dacché solo all’apparenza questo è un problema di scarso rilievo; non è tanto una dimostrazione di ignoranza, di scarsa istruzione, ma semmai, più antropologicamente, di mancanza di un vero legame tra l’uomo e la terra su cui vive, e che dunque sfrutta, di cui si giova e che adatta per i propri fini. Come può, colui che possiede una tale mancanza, maturare con reale consapevolezza una coscienza ambientale? Come può comprendere l’entità dei problemi di natura ecologica che affliggono le Alpi o gli Appennini, se nemmeno li conosce, sa dove siano, sa come siano fatti? Quanti che vivono in una certa località, possono dire di conoscerla geograficamente e geomorfologicamente in maniera sufficiente? Come può passare ed essere compreso – un esempio concreto tra tanti possibili – l’allarme dei climatologi sul fatto che l’inquinamento e l’effetto serra stanno sciogliendo i ghiacciai delle Alpi, se tanti non sanno nemmeno se e dove e quanti ghiacciai ci sono, sulle Alpi?… E' come parlare di calcio ad uno cui il calcio non interessa: qualsiasi cosa gli si dirà, non riceverà alcuna considerazione! Peccato però che se spariscono i ghiacciai, e se non si farà nulla per evitarlo - per quanto possibile, tutti noi – “informati” e non – non avremo più acqua da bere!… Eppure l’uomo, che per sua natura vive su un territorio in modo da poterlo grandemente dominare, e quindi diventare l’elemento principale del suo ecosistema locale, inevitabilmente se non imparerà a conoscerlo causerà ad esso dei gran danni, e credo sia inutile denotare come il territorio italiano sia ben ricco di esempi in merito… Ma anche senza giungere a questi gravi estremi, e restando al livello “base” della conoscenza del territorio che si vive, la mancanza di essa ineluttabilmente determina dei mezzi-abitanti di un luogo: come se un meccanico d’auto conoscesse e sapesse intervenire solo su mezzo motore… E’ una questione culturale, derivante da radice antropologica, appunto, ma che si espande a divenire anche sociologica: il popolo svizzero, ad esempio, da secoli possiede una notevole consapevolezza circa il proprio territorio, e non a caso la Svizzera rappresenta uno dei migliori esempi al mondo di equilibrio ambientale tra Natura e antropismo, donando benefici effetti a tutta la società e all’immagine dello stato stesso. Di contro, la mancanza di conoscenza del territorio non può che essere buon sostegno per il generale menefreghismo sociale e civico: il conferire con persone che mi sanno citare vita morte e miracoli di innumerevoli calciatori, ma non mi sanno dire dove scorre il Po – il principale fiume italiano - e dove sfocia, mi dona una gran tristezza, e mi fa capire perché la società italiana si presenti spesso così distorta e alterata… Ripeto, è una questione molto meno superficiale di quanto sembri, e un “metro” di una cultura che sarà sempre più importante per il futuro del nostro mondo.
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13/09/2006: LA SCATOLA CINESE – Mentre una delegazione governativa italiana è in Cina per fare come all’asilo i bambini nei confronti del compagno più grosso e forte – ovvero cercare in tutti i modi di farselo amico, per non trovarselo altrimenti automaticamente nemico, e diventando così i suoi valletti – da tempo mi sto chiedendo cosa pensare, personalmente, della Cina, se pensarne bene o male, e per conseguenza cosa ne dovrebbe pensare il mondo… Posto che l’evidenza primaria dei fatti mi fornisce già una risposta piuttosto incontrovertibile – e mi riferisco al sistema grandemente illiberale, dittatoriale e molto spesso persecutorio verso i non allineati al pensiero imposto, cosa che è del tutto inaccettabile oggi per qualsiasi piccolo o grande paese del pianeta, provo a mettere da parte questa grave realtà e considerare il resto. Da un lato la Cina, nella condizione in cui si trova di entità economica dal PIL più alto del mondo, potrebbe essere potenzialmente una fucina di tecnologie innovative che cambierebbero il mondo: ricordo ad esempio un progetto di una università cinese (Shangai, credo) di un auto che funziona con la cosiddetta energia di punto zero, cioè – in parole molto povere – con il nulla, l’energia ricavata dal vuoto, dunque con inquinamento zero; ha soldi da spendere e si può permettere di spenderli anche in sperimentazioni ardite, che tutti gli altri paesi del mondo scientificamente avanzati considererebbero facilmente soldi persi… Di contro, restando più o meno nel discorso con un esempio relativo, la Cina è l’entità più inquinante del pianeta ovvero quella più pericolosa per l’equilibrio ambientale dello stesso: basta vedere le foto satellitari su internet della nube di smog che sovrasta il territorio cinese ormai costantemente, o constatare i danni arrecati all’ambiente per la costruzione di dighe, complessi industriali e quant’altro di edificato col solo fine economico, e senza alcun criterio ecologico… Non si può dimenticare il Tibet – che troppi invece dimenticano; tuttavia la tecnologia a basso costo cinese, ora anche di bassa qualità, migliorerà sempre più, e certi elettrodomestici “di marca” che oggi da noi costano un occhio della testa, potranno arrivare dalla Cina a prezzi nettamente inferiori pur con pari (o migliore) qualità… Di certo già ora la Cina rappresenta potenzialmente la nazione-guida del pianeta, come vi è sempre stato nella storia, fosse l’Impero Romano, Britannico, gli Stati Uniti o chi altri; altrettanto potenzialmente, se si ipotizzasse uno stato cinese aggressivo, con la propria consistenza demografica, potrebbe conquistare il mondo in breve tempo…
Cosa pensare (e fare) dunque? Beh, certo non genuflettersi tout court come sembra che molti (soprattutto in ambito governativo/industriale, e ciò è piuttosto grave) vogliano fare… Per mio conto, sto bene attento a non acquistare beni di provenienza cinese, dacché nessuno mi può dare la certezza che tali beni non siano prodotti attraverso assoggettamenti, soprusi e magari torture (che possono essere non solo fisiche, naturalmente…), in una dimensione, dunque, nella quale il lavoro sia soltanto mezzo di coercizione e controllo sociale e non di evoluzione civile; per contro, se la Cina dovesse porre fine a tale metodo di governo illiberale, con tutto ciò che comporta (e non centra che sia comunista, non è questo il punto: la libertà di un individuo è un diritto a destra e a sinistra, in tutto il mondo) basando su una avanzata civiltà di diritto la propria evoluzione generale, non potrò che guardare con ammirazione e speranza alla Cina… Ma lo ammetto: non sono così ottimista su questa seconda ipotesi, sulla quale aleggia -  nella mia mente – l’ombra scurissima di un’alleanza tra Cina e nazioni arabe, magari islamiche e fondamentaliste (ma ben fornite di petrolio), contro lo stupido Occidente incapace di difendere il proprio mercato e di saperlo “alimentare” senza la dipendenza petrolifera – la qual intesa, stando le cose come stanno oggi, metterebbe facilmente in ginocchio la nostra parte di mondo, con buona pace dei politici-valletti che s’affrettano a dimostrare quanto ci tengono ad essere amici del “drago cinese”…
Questo è quanto, dal mio punto di vista – ricordando a “quelli di dovere” che per chiedere più libertà in Cina non si deve perdere la nostra, e purtroppo la plutocrazia che domina il mondo non è certo amica della libertà…
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16/09/2006: UN CONSIGLIO VIVISSIMO - Non sapete quanto mi faccia piacere constatare che ancora, al mondo, c’è gente che pensa, e pensando osserva il mondo, e osservandolo coglie le essenze della sua realtà, così formulando delle impressioni su di essa che, infine, non posso che sentire spesso comuni alle mie e quindi corrisponderle… Tale lieta constatazione mi viene donata dal regista catanese Massimiliano Perrotta, che si diletta anche nella scrittura teatrale e saggistica, con ciò producendo, come sua ultima opera di tale natura, Cornelia Battistini o del Fighettismo, un libricino di 32 pagine diviso a metà, appunto, tra un monologo teatrale e un minisaggio che si potrebbe definire sociologico con venature filosofiche – della cui ricezione ringrazio l’amico Marco Castelli, attore in Roma e usuale collaboratore artistico di Perrotta.
L’autore pensa, come detto, e pensa con così illuminata razionalità da riuscire a condensare in un semplice, in fondo banale concetto, espresso dal termine “fighettismo”, quella che in buona sostanza è la reale consistenza della società contemporanea: una società – un mondo – che conserva in sé ancora elementi di preziosa umanità in forma di peculiarità antropologiche, in fondo, come ad esempio l’amore, ma i cui individui non ne sanno più cogliere l’importanza antropologica basilare (e tutto il resto), superficializzandone alla massima potenza il senso, svuotandolo di ogni valore, trattandolo come un oggetto da usare a proprio piacimento e poi, quando non serva più al proprio più superficiale e materiale interesse, da gettare via… Cornelia Battistini racconta di questo, nel proprio monologo; ma ancora, e fortunatamente, mantiene la capacità di rendersi conto, seppur in ritardo, di quanto sopra, e da tale “punto basso” decide di rialzarsi, di tornare a salire ovvero di riprendersi la propria vita, quella vera, quella che sprofonda nell’ego primario dell’individuo. “Fare i conti con me stessa diventò inevitabile (…) Non ero che una fighetta, una che ostentava disincanto a causa della sua paura di vivere; una che della vita ne sapeva meno di niente, ma non lo sapeva”. Così Cornelia; ma quanti, viceversa, non possiedono più la capacità di rialzarsi, e rendersi veramente conto della propria vita?
“Fighettismo”, dunque, chiama Perrotta questo modus vivendi così diffuso oggi nella società, e non occorrono che pochi istanti di osservazione intorno per capire come quel termine sia assolutamente attinente alla realtà che ci circonda, nato “negli spot pubblicitari e in alcuni film d’intrattenimento”, ovvero dal nulla: il nulla del nulla! Il paradosso è evidente, soprattutto riguardo a quell’elemento che, a mio parere, da sempre (e lo sarà sempre) è fondamentale per qualsiasi società civile che si voglia considerare evoluta e che voglia continuare ad evolvere: la libertà. Giustamente Perrotta sostiene che “dovremmo tutti intraprendere una battaglia libertaria per il pluralismo dei modelli culturali”; di contro, per il fighetto “sbruffone, edonista, compiaciuto, (…) il limite non deve esistere”: ovvero, la libertà (o meglio una pseudo-libertà) intesa nell’accezione più vacua e stupida, dunque nociva per la società come un virus! “La peste del nostro tempo”: ha ben ragione Perrotta a definire così il fighettismo! Una ideologia senza idee dacché contro ogni idea, meramente materiale; una statua d’oro ma totalmente vuota all’interno, tant’è che non ci vorrebbe nulla per accartocciarla su sé stessa ed eliminarla, e invece quel luccicore dorato ha abbagliato tante persone, che così ne hanno fatto la propria immagine, il proprio stile di vita. E proprio come un virus, una peste, il fighettismo ammorba la società, la indebolisce, la sfianca ma contemporaneamente non le permette di rendersi conto della malattia: è un tumore che dona ilarità!
Come dicevo, chiunque sappia ancora conservare sagacità e acume critico nel proprio sguardo sul mondo non può che trovarsi d’accordo con Perrotta: egli, invero, non fa’ che cogliere un’evidenza, una di quelle assai pericolose proprio perché ben visibili tanto quanto ben trascurate; non credo, come sostiene Perrotta, che il fighettismo si sia diffuso per via della scristianizzazione della società, ma penso semmai che sia proprio un retaggio della cristianità, ovvero della società passata plasmata dagli stretti recinti dell’ideologia religiosa cristiana, una reazione contraria causata dalla stessa fonte che ne impediva la generazione – in entrambi i casi, nella società cristiana (cristianizzata) e nella società fighetta, lo ribadisco, manca una reale libertà dello spirito, cioè una effettiva possibilità di evoluzione sociale – e mi sembra che questa evenienza venga colta anche da Perrotta: “Riuscirono ad espugnare (i fighetti) anche l’industria culturale: spettò a loro scegliere gli eletti e i dannati all’oblio”, niente di meno di ciò che hanno sempre fatto le ideologie religiose di potere, come quella cristiana.
Ma eccoci alla parte finale del libricino, un vero e proprio piccolo manifesto d’azione per riaprire gli occhi, affinare nuovamente lo sguardo, ricominciare ad agire per far sì che il fighettismo, questa peste terribile, non superi il punto di non ritorno, non raggiunga l’inevitabile letalità per la nostra società: scelgo, tra gli altri “inviti” ad agire, tutti preziosi: “Bisognerebbe convincere gli artisti che c’è ancora tutto da dire, che il lavoro è ancora tutto da fare, che è tempo di uscire dalla notte postmoderna…”. Non solo valga per gli artisti, tutto ciò! Tutti noi dobbiamo capire che c’è ancora tanto da fare, che sempre ci dovrà essere tanto da fare, perché una società in evoluzione è tale se ha movimento in sé, se ha azione, se è viva! “Da dove si comincia?” si chiede Perrotta… Beh, un buon inizio, certamente stimolante, è la lettura di questo Cornelia Battistini o del Fighettismo, edito da La Cantinella, € 5,00: richiedetelo direttamente all'autore, visitando il sito www.massimilianoperrotta.it... E' un consiglio vivissimo, perché - come dicevo – fa’ sempre bene, ed è contagioso, leggere buoni pensieri di questi tempi…
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20/09/2006: SUL CIGLIO DEL BURRONE – Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, e così via… Anche perché il vero sordo, il vero cieco, meritano solidarietà ed aiuto, quelli che lo sono per propria (ottusa) volontà meritano ben altro… Tuttavia, quanti sordi che non vogliono sentire, ciechi che non vogliono vedere, muti che non vogliono parlare, comandano e/o hanno potere sulla nostra civiltà?
Quanto è successo, o sta succedendo, tra Joseph Ratzinger e le sue parole sull’Islam, e i leader integralisti islamici, in sé, farebbe quasi ridere: entrambi fanno quello che possono fare, esprimere la propria idea, ed entrambi usufruiscono di questo diritto di libertà nel peggior modo possibile – peraltro entrambi, con ciò che rappresentano, risultano alquanto antitetici ad un concetto virtuoso (e buono per l’umanità) di “libertà”… E tutti gli altri? Belli impegnati nel bailamme delle “dichiarazioni” di parte – Ratzinger ha ragione, Ratzinger ha torto - l’Islam ha ragione o ha torto, Ratzinger chieda scusa - no, non la chieda - la nostra religione è migliore – no, è migliore la nostra – e via di questo uniforme, conforme, piattissimo, insulso, deprimente passo… Non uno, non uno - tra quelli “che contano”, intendo, quelli che dovrebbero dire qualcosa, e se “uno” c’è è praticamente invisibile e inudibile – non uno, dicevo, che ponga il dubbio: ma il guaio è nell’effetto, o nella causa? Quanto succede è colpa di “parole” o semmai di ciò di cui le parole si fanno effigie? Insomma: la colpa non è forse della religione? Ovvero, di quelle religioni conformate al fine di diventare strumenti di potere, che non centrano più nulla, ma proprio nulla, con la fede, tanto da distorcerla per appoggiarvi sopra non più il riconoscimento di un bisogno o impulso spirituale, ma soltanto l’incastellatura di un potere inevitabilmente integralista – e ripeto, inevitabilmente: in fondo non lo sentenzio io, ma è la storia che lo fa’, e nettamente! Non uno che ponga l’altro dubbio: come possono “dialogare” delle religioni – dei poteri religiosi – che hanno come loro fine assoluto l’evangelizzazione (l’assoggettamento) del mondo intero al volere del proprio dio? Basta constatare come entrambe non perdano occasione di condannare il relativismo, fonte (a loro dire) di ateismo o agnosticismo… Ambedue affermano che il loro dio è lo stesso, che esiste un solo dio: certo, tuttavia non si può negare che la teologia speculativa ha fatto spesso (o sempre…) a pugni con la realtà storica, e sia pur unico quel dio, la convivenza tra le religioni è potuta avvenire solo in quella ristretta parte di mondo nel quale la religione è stata svuotata della propria pretesa temporale, ovvero dove la moderna visione illuminista ha saputo far evolvere la società: in più semplici parole, dove la civiltà non era soggiogata ad un'unica ideologia religiosa, ed è stata (ri)costruita sul principio della laicità, e del superiore e universale diritto alla libertà – di pensiero, di parola, di vita e quant’altro. Non uno, non uno, che azioni il campanello d’allarme: attenzione, di queste cose avremmo già la soluzione, la laicità, ma viceversa per queste cose proprio la laicità rischia di venir soffocata, così soffocando l’intera società, rendendola meno libera, sempre meno libera, infine schiava delle ideologie religiose – e non uno, a quanto pare, che abbia memoria storica, o che rilegga la storia e si renda conto delle verità che essa contiene… La mancanza di memoria verso le realtà più negative della storia determina che esse riemergano dal loro passato, ovvero che il presente arretri a quel buio passato al posto di progredire verso un futuro sempre migliore…
Se ci sarà dialogo, tra queste religioni, avrà il solo fine di difendere, preservare e se possibile accrescere il proprio potere; per tale fatto, prima o poi, lo scontro diverrà inevitabile, anche pur con un dialogo precedente e, appunto, solo di maniera. Ogni possibilità di scontro, che significherà soprattutto un danno alla libertà del nostro mondo, può essere potenzialmente evitata solo cavando dalla generale stortura ideologica religiosa la sua peggiore devianza (Oskar Panizza docet!), ovvero l’uso di “dio” non solo per la cura delle anime ma anche, e soprattutto – anzi, unicamente, ce lo insegna la storia! – per arrogarsi un potere dominante, e un diritto di assoggettamento sugli individui. Lo ha capito bene Ratzinger, che nell’affermare che l’Islam avrebbe paura di un occidente senza dio, ha in realtà rivelato una sua paura, che come capo della chiesa cattolica lo accomuna a tutte le altre religioni di potere ed alle rispettive leadership: quelle che sanno che un dio “vero”, un dio spirituale, un dio veramente di fede per chi voglia aver fede e non più un dio materiale, tanto terreno quanto lo sono le ambizioni degli uomini, le priverebbe all’istante di qualsiasi pretesa dominante, di potere, di assoggettamento, di imposizione del proprio dogma, dunque della loro peculiare illiberalità. Una tale libera civiltà garantirebbe una reale e unica in valore libertà di religione, cioè non permetterebbe a nessuna ideologia religiosa di poter dominare sulle altre: ovvero, quanto di peggiore e sciagurato sarebbe per esse! A meno che non si voglia continuare a credere e sostenere che tali religioni (di potere, intendo sempre) non perseguano altro che la "cura delle anime" dei propri fedeli! – il che sarebbe come sostenere che costruire armi serve solamente per impiegare una parte del ferro che viene prodotto dalle miniere!
Ma, come dicevo, e per l’appunto, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere… Ora, il sordo che non vuol sentire e il cieco che non vuol vedere sono giunti sul ciglio del burrone, senza rendersene conto perché non vogliono rendersene conto: o finalmente se ne rendono conto – e sturano le orecchie, e riaprono gli occhi, e tornano a dire ciò che va’ detto – o la caduta sarà inevitabile, e sarà una caduta di massa, estremamente rovinosa perché rischierà di trascinarsi dietro, per inerzia, anche quei pochi che occhi, orecchie e bocca hanno sempre tenuto e continuano a tenere ben aperte e acutamente attive…
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05/10/2006: LIBBRO? E CHE COS’E’? – Con molta tristezza, riporto un articolo/editoriale apparso su Il Mattino di Napoli il 23 Settembre scorso a firma di Giuseppe Montesano, e lo faccio appositamente dopo qualche tempo affinché la sua valenza possa essere ben distribuita nel tempo e sperando che in tal modo risulti un poco più difficile dimenticarlo – come spesso capita con molti scritti di valore, anche perché troppo dispersi tra tanti altri di infima specie, anche sui quotidiani più blasonati… Sarà che io mi sento parte in causa – e parte lesa, intendo – sarà che in Italia si pubblicano quasi 50.000 libri all’anno, dei quali una gran parte sono delle emerite schifezze pseudoletterarie le quali – proprio come scrivevo poco sopra per i quotidiani – nascondo quelle opere che invece meriterebbero ben più attenzione e considerazione (naturalmente non sono così borioso da ritenermi nella parte “di valore”, potrei benissimo essere in quella cattiva, ma quantomeno la volontà di scrivere cose non banali ce la metto, a differenza di un’infinità d’altri che – e lo dicono pure con fierezza – puntano unicamente all’ingrasso del proprio conto in banca…) – insomma, leggete l’articolo e meditatevi sopra, senza dire “eh, ma qui si parla di Napoli!” perché questo è uno dei casi in cui, ahinoi, tutto il mondo è paese – o forse sarebbero più appropriato dire che tutta l’Italia è paese
Da IL MATTINO di Napoli del 23 Settembre 2006:
“Se libro si scrive con due b” di Giuseppe Montesano
“Il giornalista che sta facendo l’inchiesta sulla diffusione della lettura nel condominio si passa di nuovo il fazzoletto sulla fronte e guarda sbalordito la signora Sascia Topo. «Scusate, signora, forse non ho sentito bene: io vi ho chiesto che cos’è un libro...». «Eh, dotto’, ho capito, ho capito, mica sono cretina! Un libro è... Un libro è... No, scusate, ma voi fate domande troppo difficili! Chiedete a mio marito, lui è impiegato...». «Dottore, un libro è logico che cosa è, no? È la... È una... Vabbuo’, ve lo dice mio figlio Giannino...». Il giornalista tira un respiro di sollievo, ripone il fazzoletto e si rivolge a Giannino Topo. «E che cos’è un libro, secondo te?». Giannino lo guarda perplesso, mastica e succhia la sua gomma, poi ha un’illuminazione. «Quella cosa che mi fa pesare lo zaino di Kalvin Klein la mattina? Dotto’, che dite, ho risposto bene? Che mi date, dotto’, ho vinto?». Ma ora la questione si è allargata a tutto il condominio, e ognuno è convinto di avere la risposta per guadagnarsi un premio. Enzo Lippa dice che un libro è una unità di misura: però il dottore si sbaglia a pronunciare, perché si dice libbra con due b e la a alla fine; Erminia Dattero dice che sono ignoranti e plebei, e un libro è chiaramente una cosa che si pigliano i fogli dentro per fare il barbecue la domenica: e a lei, comunque, la bistecca le piace al sangue; Ciro Vittima scuote la testa: un libro lui una volta l’ha visto dentro alla televisione, è una cosa che in certi posti si ammontona e poi ci fanno un falò e dicono che chi l’ha scritto deve morire. «Ma non può essere! Voi mi state prendendo in giro! Non è possibile che qui nessuno abbia mai visto un libro!». Il giornalista ha di nuovo tirato fuori il fazzoletto, ma il sudore ormai è troppo. Una signora ingioiellata alza la mano, si fa avanti. «Non ci fate caso, è gente ignorante! I libri io lo so che sono!». Quando ha comprato il nuovo salotto e ha speso cinquantamila euro, quelli hanno insistito per farle comprare pure una libreria: e dopo le hanno regalato i libri. «Sono quei cosi a colore con le tende e le poltrone, no? Quei cosi che tengono certe fotografie azzeccate sopra, poi si aprono e dentro ci sta il polistirolo? Ho indovinato, eh? Quanto ho vinto?». Ma il giornalista si è afflosciato sulle scale, e scuote la testa. Sta sognando? Le voci dei condomini si incrociano, tutti cercano di vincere il quiz. «Dotto’, scusate, un aiutino: ma è una cosa che si mangia questo libro?». «Dotto’, ma è un gioco elettronico, un bingo, un totip?». «Ma quanto pesa un libro? E il sapore somiglia di più a un piatto di linguine con gli scampi o a una sfogliata riccia?». «Ma che dici, cretino? Quello il libro tiene le ali, però non vola: è una specie di pollo...». «E perché, tu il pollo te lo leggi? Ma fammi il piacere...». «Leggi? E che sono le leggi? Le cose che se tu fai uno sgarro e ti arrestano vai in galera, però solo per finta perché esci subito con l’indulto?». «Let-tu-ra, no? Idiota! La lettura è la tavola che sta sotto il letto e lo sostiene: la lettura del letto, è logica...». «Nooo! La lettura del contatore, quella è...». «Ma quale contatore? La lettura è una cosa che si fa col latte: latte, latticini, lettura: è ovvio...». Terrorizzato, il giornalista sta cercando di strisciare via tra i corpi che gridano e si accapigliano, ma non ci riesce. A un tratto si fruga addosso, e cava da una tasca un piccolo libro, sono le poesie di Leopardi. «Eccolo, è questo un libro! Lo vedete? È una cosa viva... Sentite, sentite: E naufragar m’è dolce in questo mar... Calma e chiara è la notte e senza vento... Quando negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi... Lo capite? C’è questo, nei libri! La nostra vita, l’amore, la morte... I libri sono necessari per respirare, per non appassire dentro, per non vivere una vita meschina...». Ora tutti lo fissano, disgustati. Ma com’è? Questo era il libro? Ma non si mangia! Non serve a vincere a Bingo! Non si può squagliare sulla pizza margherita! Allora non serve a niente! Delusi, i condomini gli stracciano il libro delle poesie di Leopardi e glielo buttano addosso. È tardi, è l’ora del quiz alla tivvù, ed è solo per questo che se la cava con così poco...” Giuseppe Montesano.
P.S.: Qui trovate il link all’articolo originale.
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16/10/2006: CSI ITALIA… - …E così, un bel giorno, il tenente Horatio Caine e il suo efficientissimo team, la celebre CSI Miami, venne trasferita all’estero, e più precisamente in Italia, stato nel quale da tempo pareva mancare una reale giustizia nei fatti di cronaca: troppi reati senza colpevoli accertati, troppo dilagante la malavita in molte parti del paese, troppo alto il pericolo che cominciasse a diffondersi la notizia che, in Italia, i delinquenti in un modo o nell’altro riuscissero a farla franca…
La CSI del tenente Caine si mise subito al lavoro, dacché subitamente si rese conto che molto c’era da fare… Indagò una lunga lista di fatti di cronaca, con il consueto supporto della più alta tecnologia scientifica a disposizione, razionalmente, senza perdite di tempo nei labirinti della burocrazia italiana… In fondo essi erano i migliori, era assolutamente necessario dar loro carta bianca, la fama con cui erano conosciuti in tutto il mondo non era certo campata per aria… E i risultati non tardarono a venire: il tenente Caine, con giusta fierezza, consegnò alle procure di tutta Italia il frutto del lavoro svolto, ovvero nomi e cognomi dei colpevoli di molti dei più intricati fatti di cronaca degli ultimi tempi, certo del riconoscimento di tali risultati e dunque di una ancor maggiore fiducia delle procure stesse…
Tuttavia, mentre la parte investigativa del lavoro della CSI continuava con costante successo, la parte legata all’iter giudiziario ed ai suoi effetti prese velocemente ad inquietare il celebre team: fior di delinquenti, assassini, criminali d’ogni sorta erano stato smascherati e virtualmente consegnati al loro giusto destino, e nel panorama italiano d’intorno cosa accadeva? I processi si fermavano spesso e volentieri, a volte parevano insabbiarsi, alcuni addirittura andavano in prescrizione per il troppo tempo trascorso; malfattori palesi tornavano liberi per scadenza dei termini di custodia, giudici ottimi ed efficienti venivano all’improvviso trasferiti, altri che efficienti lo volevano essere ma non vi riuscivano per una infinità di ostacoli procedurali e burocratici che parevano spuntare come funghi, avvocati che sembravano più showman televisivi e che mettevano scompiglio in procedimenti giudiziari altrimenti limpidi e lineari… Finché un giorno cadde dal cielo una nuova legge, peraltro votata a stragrande maggioranza parlamentare e divenuta nota come l’indulto, per la quale molti colpevoli guadagnavano già l’assicurazione di sfuggire delle maglie più strette della giustizia in certi casi ancor prima di essere catturati, mentre altri, autori di spregevoli atti criminali, se ne tornavano ad essere liberi come il più irreprensibile dei cittadini…
Horatio Caine e tutto il suo team ne uscirono quantomeno sconcertati, e profondamente abbattuti. Ma come?… - tutto il loro lavoro, così meticolosamente costruito e solido nella sostanza e nei fatti prodotti, per questo così apprezzato in patria e ammirato in tutto il resto del pianeta, perché in Italia veniva svilito, soffocato, represso, e proprio da coloro – persone, enti, istituzioni – pressi i quali il loro impegno per la giustizia avrebbe dovuto trovare il più assoluto supporto?
Il tenente Caine decise dunque di agire ad un livello più elevato. Ormai era da qualche tempo in Italia, qualcosa di tal paese lo aveva conosciuto, e tra ciò una delle realtà più evidenti era il notevole peso della politica nella vita dello stato: bene, si sarebbe rivolto proprio alla classe politica, fiducioso di trovare qui l’appoggio e l’aiuto necessario al proprio lavoro.
Tuttavia, se possibile, lo sconcerto e l’abbattimento della CSI di Caine si duplicarono, piuttosto che svanire in una ritrovata fiducia nelle istituzioni italiane… Non solo rilevò in breve tempo che nella politica italiana dominavano intrallazzi, clientelismo, interessi privati, ignoranza civica; non solo gli toccò di turbarsi quando una sera in TV vide che nel parlamento italiano sembrava vi fosse un largo uso di sostanze stupefacenti, mentre le leggi promulgate dal parlamento stesso risultavano di segno totalmente opposto, arguendo dunque che molti politici predicavano bene ma razzolavano male, e alle spalle dei cittadini; ma dovette anche scoprire che, tra i parlamentari italiani seduti sugli scranni dei palazzi del potere politico, ve ne erano più di ottanta tra condannati, inquisiti, indagati! Ovvero, una percentuale maggiore di individui con problemi giudiziari dentro il parlamento che tra il popolo!
Questa fu la mazzata definitiva… Il tenente Horatio Caine e la sua celeberrima CSI Miami se ne tornarono negli USA con voli low cost, visto che per un impiccio burocratico non si ebbe modo di effettuare migliori prenotazioni sui voli per l’America… Caine, sconsolatamente abbandonato sulla poltrona dell’aereo, rifletté sulla propria avventura italiana, e ragionando di logica un dubbio gli si illuminò in mente: e se fosse stato tutto finto? E se quel periodo in Italia non fu che una esercitazione segreta in ambiente massimamente ostile alla giustizia e alla legalità? Già, perché nemmeno nel più assurdo serial TV poteva esistere uno “stato” così lontano da tali valori basilari ad ogni società libera ed evoluta… In cuor suo sperò di avere ragione, se non altro per i poveri italiani, altrimenti costretti loro malgrado a sottostare ad una tale incivile situazione…
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09/11/2006: LORENA BIANCHETTI FANS CLUB – Grande, grandissima Lorena! Un mirabile esempio, la nostra diafana bellezza dalla pelle bianca come la più celestial purezza, di come oggi la TV ci offra una “certa” realtà i cui limiti, contorni, e dunque la cui essenza, diventa sfuggente come una verità rivelata, palesandosi forse, ma forse no… - insomma, mutando sì da divenire divinamente fascinosa, cioè potenzialmente diabolica…
Beh, venendo al sodo, e ribadendo il concetto iniziale: un mito, la Bianchetti! Perché è bella e avvenente? Lo è, certo, ma de gustibus… Perché conduce bene in TV? Oddio, tale professionalità oggi è così aleatoria, nelle sue basi… Perché ha fatto fuori la Venier, notoriamente antipatica a tanti? Mmmm… No, no, la questione a mio parere è più massmediaticamente sociologico-strategica, cioè più un grand’esempio di furbizia, e scaltrezza! La Lorena. Come tutti sanno, a parte le prime trascurabilissime esperienze televisive, si è costruita una solida fama di ratzingirl, ovvero di showgirl papalina, e non solo per essere stata la presentatrice ufficiale delle produzioni televisive di chiesa per tanti anni, ma anche perché su questa investitura vaticana vi ha conformato la propria immagine personale, nell’aspetto e nelle idee: e lo ha fatto in maniera mooolto palese, fin troppo (Corriere della Sera dell’11 gennaio 2006, sulla fortuna della sua carriera televisiva e sui sospetti che sia stata agevolata da alti prelati, lei risponde: “Dio mi ha dato questa possibilità…”! ), stroppiando al punto da ingenerare in me, malfidente che non sono altro, qualche sospetto…
Già, perché ho la viva impressione che la Lory, furbissimamente, su quanto sopra, sulle sue raccomandazioni vaticane, sull’immagine angelica e tutto il resto relativo, ci marci sopra alla grande, con gran malizia astuta ovvero con fulgida ingegnosità; intelligente lo è, di certo, la sua carriera televisiva può far supporre che avrà ben studiato la disciplina socio-psicologica applicata al potente mezzo televisivo contemporaneo, dunque saprà bene che per affascinare il pubblico – soprattutto da parte femminile – ci sono due modi: o mostrare tutto, o nascondere tutto. Il primo metodo è più diretto e probabilmente più efficace nell’immediato, ma presenta vari problemi, anche di ambito “morale”, e sicuramente non sarà “gradito”, almeno ufficialmente, nei palazzi vaticani, non quanto il secondo, che in superficie è più “familiare” ma in profondità ben più penetrante e sconquassante, se è vero come è (sociologicamente) vero e dimostrato che il nascondere qualcosa lascia libero spazio a qualsiasi congettura su di essa, al desiderio sempre più bramoso di svelarne il mistero e di violarne la segretezza, così da ottenere infine l’effetto opposto di quanto dichiarato – cioè quello che veramente si vuole, mascherato affinché sprofondi per bene nell’immaginario collettivo senza che lo stesso immaginario se ne renda conto…
Lorena Bianchetti ovvero il tabù mediatico del nuovo secolo, dunque! Un predicare moralità per razzolare voluttà, il che ovviamente non significa “male”, anzi! Lei, la nostra purissima, ha ben capito quanto possa essere possente una tale arma di seduzione, e dimostra di saperla usare perfettamente: si possono rintracciare tranquillamente sul web alcune sue foto ove invero non è mai smaccatamente “lussuriosa” ma certo abbastanza da far capire a chi la rimira che anche lei la sa lunga su “certe” cose, eppure dichiara il contrario, addirittura tira di mezzo – oltre alle raccomandazioni d’oltre Tevere - una sorta di “vocazione” divina per i suoi tacchi a spillo, gli spacchi e i decolleté e quant’altro di non troppo santuffiziale! Beh, lo ribadisco – a mio parere: grandissima Lorena, un geniale, diabolico capolavoro di public relation mediatica, la prima teo-sexy girl della TV italiana – e quanto si divertirà sapendo delle suggestioni che la sua immagine moral-maliarda provoca nei suoi telespettatori maschi! E, con tutto ciò, restando perfettamente coerente con la “dottrina” entro cui è stata costruita la sua immagine, e con la storica essenza conformisticamente dissimulatrice atta a far credere realtà la fantasia e in ciò, non c’è che dire, ottimamente adeguata alla TV contemporanea. Posto ciò, e la realtà dei fatti in merito, non oso pensare a cosa ne combini la Bianchetti in privato!… Beh, in ogni caso, peraltro non voglio e non è mio diritto saperlo, affari suoi; è sufficiente constatare quanto c’è di visibile, già alquanto emblematico – appunto - geniale, divino, diabolico come ogni tabù, da sempre la migliore fonte di licenziosità che la mente umana conosca. E dunque, sia glorificata la nostra cara Lorena, amen!
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14/11/2006: DOWN (TILL THE RUIN) - Leggo del pestaggio di un ragazzo down da parte di una scolaresca di non si sa dove in Lombardia, con contorno di sfottò, umiliazioni varie e assortite, il tutto addirittura fissato su un video che circola sul web – e mi dico: quale delle due parti (vittima o carnefici) è la vera down? -  dando a tale termine l’accezione che le conferisce la gente comune, che prima di essere riferita a “disabilità psichica” lo è volgarmente a “deficienza”…Pensando ciò, mi tornano in mente un paio di servizi visto in TV sulle recenti olimpiadi juniores per disabili svoltesi a Roma, nei quali due ragazzi down che vi partecipavano rispondevano alle domande dell’intervistatore, e lo facevano con espressioni così ben articolate, ricche di presenza di spirito e d’intelletto, che mi dissi: ma guarda, ‘sti ragazzi rispondono molto meglio di tanti ultrapatinati calciatori miliardari che balbettano sgrammaticandole tre parole tre, e tutte e tre massimamente banali, domandandomi di seguito: ma (almeno in tali circostanze) chi sono i veri down?
Ed ecco che la realtà, sempre un passo avanti rispetto alla fantasia, nel bene e/o nel male, offre l’occasione alla mia mente di congiungere queste personali considerazioni, sì da scaturirne un compendio (quasi) automatico: quei ragazzini/picchiatori, certamente di “buona” famiglia, idolatreranno i calciatori di cui sopra, e ne faranno un esempio da seguire e imitare; ai loro occhi il diverso non è tanto verso di loro, ma verso quei modelli, la cui idolatria ne acceca la vera percezione e consapevolezza, cosicché – appunto – le tre parole tre banali e sgrammaticate del calciatore saranno per i ragazzi come il Vangelo, mentre la presenza di spirito del ragazzo down di cui sopra non potrà nemmeno lontanamente essere còlta… La conseguenza di ciò credo sia del tutto elementare da cogliere, ed è in fondo riassumibile in poche sillabe, ovvero nella risposta alla domanda che, guarda caso, mi è sorta per entrambe le situazioni citate: quali sono i veri down? Senza offesa per nessuno, naturalmente, ma per mera registrazione della realtà dei fatti…
Ora c’è da scommetterci che partiranno dibattitti su dibattiti, in Tv o meno, di sociologi psicologi insegnanti giornalisti opinionisti, tutti a dire e sancire il perché il come il quando il giusto e il meno giusto e il bene e il male, e a dettare l’interpretazione la soluzione la verità e il mai più… Bene, li lascio fare, spesso sono anche pagati per far quello, dunque stupidi se non lo facessero; per quanto mi riguarda, mi limito solo ad auspicare due cose:
1) Spero che quei ragazzini/picchiatori finiscano quanto prima con il loro sgargiantissimo e rumorosissimo scooter (che probabilmente mamma e papà avranno regalato loro perchè "è così un bravo ragazzo, mio figlio!") contro un bel palo e vi pestino duramente la testa, diventando così ben più intelligenti di quanto dimostrano di essere, visto che della deficienza hanno già raggiunto il loro adolescenziale apice;
2) Spero che gli egregissimi signori genitori – essendo probabilmente gli aggressori di “buona” e “stimata” famiglia, come già supponevo – i quali cadranno dalle nuvole come sempre in questi casi e se ne usciranno con espressioni (ribadisco) del tipo “mio figlio è un bravissimo ragazzo, non farebbe mai cose del genere!” stimandolo bello e buono e un figurino esemplare e vestendolo firmato da capo a piedi (stimandosi di lui ovvero ritenendosi tra sé fortunatissimi di non essere loro genitori di un "povero" ragazzo down), accorrendo sul luogo dell’incidente di cui sopra, scivolino sull’olio fuoriuscito dal motore e cadendo a loro volta pestino duramente la testa, diventando così ben più intelligenti di quanto lo siano stati finora e soprattutto consapevoli di cosa significhi essere buoni genitori…
Dite che così non sono costruttivo? Che tutto ciò non risolve alla radice il problema? Vero, ne sono convinto, ma è quanto meno più semplice (e semplicemente auspicabile, e in fondo probabile) che sperare che una grossa parte della società contemporanea italiana possa redimersi, e risalire dal profondo buco pieno di melma scavato da innumerevoli anni di devianza culturale imposta (e assorbita senza reazione alcuna) nella quale è da tempo caduta e che l’ha resa – essa sì – veramente “down”, nell’accezione più comune e volgare del termine.
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16/11/2006: SANTI E PECCATRICI - Che gran risate, che grasse, abnormi pure sguaiate risate per la storia della prof a luci rosse e dei suoi alunni “abusati” – risate di sarcasmo, di scherno, di vergogna, di abominio per la nostra moralissima società di pisciatori contro vento che si lamentano poi delle proprie brache (firmate) bagnate e puzzolenti! Che schifo, tutte quelle mani scaglianti “prime pietre” verso chi ha commesso – senza dubbio – un “qualcosa” che oggi così tanti si affannano a chiamare colpa, forse solo perché di essa non ne sono i “protagonisti”… Ma a lato di tutto - a lato che i ragazzini sono stati così “abusati” da vantarsene allegramente con gli amici della loro matura conquista, a lato che di casi del genere la storia pubblica e privata ne è piena, a lato che di lolite ammaliatrici di adulti attempati ne sono colmi film su film, a lato che l’imputata manca poco che venga bruciata sui roghi di quei personaggi i cui discendenti riempiono quotidianamente le cronache (soprattutto all’estero, ma anche qui) di terribili atti di pedofilia senza che nessuno dica nulla ed anzi ricevendo continuamente la stima e le genuflessioni dei tanti di cui sopra – a lato di tutto ciò, cosa resta? Beh, a mio parere resta un’evidenza tanto conseguente quanto sfuggita a tutti quelli che del caso stanno parlando (e stra-parlando): l’immane polverone è sorto solamente perché la protagonista è una donna, ovvero, siamo di fronte ad un luminoso e illuminante esempio di ideologia maschilista repressiva, che è inutile denotare come domini la nostra società dacché da secoli ampiamente agevolata dai poteri che la controllano. L’uomo che copula con la lolita di turno è un eroe, uno che sa stare al mondo, la donna è una stregonesca puttana traviatrice, colpevole a prescindere: è questa la regola vigente, scritta in mille modi nella storia della nostra civiltà; colei che non se ne sta in casa ai fornelli o a rammendare la calzetta, parte già con un piede nell’infamia e con un dito accusatore già puntato contro: è una “legge” da tutti negata e violata (a parole) ma da tanti maschi agognata, e difesa. Ribadisco, la professoressa ha sbagliato, è di certo ingiustificabile ma, rispondete: quante notizie avete mai letto sui giornali o sentito alla TV, di un uomo che facesse le stesse cose con una ragazza? E anche: quanto gira per i mass-media di infinitamente peggio per un ragazzino tredicenne che un caso del genere?
Bene: su siffatta morale e ipocrisia, che si vuole così (vergognosamente) fondante dei valori del nostro tempo, forse appunto per poterla promulgare in pubblico e trasgredire nel privato e così sentirsi in pace con sé stessi – ovvero perfettamente conformisti – io non posso che ridere, meritando essa null’altro che scherno e onta – ben più dell’allegra professoressa e dei suoi “vispi” alunni.
P.S.: …Ma la regola non stabilisce che le professoresse di matematica siano tutte racchie? Dunque, o quei ragazzini hanno fin da giovane età dei gusti estetici discutibili, altrimenti – vista anche la disponibilità della prof – fategli fare un calendario, prima di bruciarla sul rogo dell’infamia!
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24/11/2006: HAOHS – Premetto, ripremetto e strapremetto, prima di iniziare la presente disquisizione: nulla di quanto leggerete deve essere considerato come antisemita o anti-israeliano o filopalestinese o quant’altro di simile: bisogna fare come con i bambini, in questi argomenti, da una virgola si tirano fuori intere teorie e dottrine irrazionali proprie dove la razionalità dovrebbe guidare ogni pensiero…
Bene, posto ciò, la questione che voglio sottoporre è semplice e nemmeno originale, dacché già evidenziata in passato, e qui la compendio in questo modo: non capisco perché lo stato di Israele, che vive una realtà dalla quale potrebbe ricavare tutte le buoni ragioni possibili, si impegni tanto a spostarsi dalla parte del torto. Checché se ne dica, i governanti israeliani hanno permesso e permettono nell’ambito dello scontro con palestinesi e libanesi atrocità tali da far mettere in dubbio di rappresentare uno stato veramente civile e democratico come invece il popolo israeliano dimostra… Cosa vogliono fare? Chi credono di essere? E, soprattutto, credono veramente di risolvere le cose nella regione in quel modo? Perché si ostinano tanto a volersi mettere sullo stesso piano del terrorismo antisemita, eguagliandone spesso e volentieri la disumana brutalità?
Tempo addietro lessi l’opinione di un giornalista/scrittore ebreo, il quale accusava Israele di rimembrare costantemente (e giustamente) l’orrore subito dal Nazismo con la Shoah, per poi comportarsi con i propri nemici in un modo alquanto simile… E sempre da fonte israeliana, ovvero dal prestigioso quotidiano Haaretz è venuta, pochi giorni addietro, una dura critica sul comportamento politico-militare del governo israeliano, all’indomani della strage di civili “per errore” di Beit Hanun, nella Striscia di Gaza. Infine, l'alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Louise Arbour, ha addirittura affermato che, per quanto accaduto in Libano, Israele va considerata più responsabile di Hezbollah…
Ora, o si ragiona come i bambini di cui dicevo all’inizio, e si ritiene tutte le fonti sopra citate “antisemite” e “filopalestinesi” così come i neonati che nascono sotto i cavoli o li porta la cicogna, oppure assurge ad evidenza una realtà che non si vuole considerare per mere opportunità geopolitiche internazionali. Mi verrebbe da pensare che la base ideologica su cui si fonda lo stato (inteso come “classe politica”) israeliano voglia storicamente annullare il peso della Shoah applicandone una nuova, o una anti-Shoah, ai propri nemici, appiccicando su di essi la vecchia effigie nazista…. Ovvero: sono stato massacrato dai miei nemici? Bene, ora quei nemici non ci sono più, dunque per riequilibrare la situazione ne massacro – questa volta io – altri, che essendo appunto nemici sono uguali ai primi! Lo so benissimo, è una considerazione provocatoria, ma è assai più semplice, e per certi versi logica, di tante altre…
Razionalmente, la situazione mediorientale è drammatica: è una guerra che dura da decenni, e che probabilmente qualcuno ha interesse a mantenere viva e adeguatamente atroce; sono convinto di ciò, il che mi convince per conseguenza che probabilmente esiste un impulso alla pace e alla pacifica sistemazione dell’area (che probabilmente percepì e fece proprio, pur a suo modo, l’ex primo ministro Sharon) ma che non venga forzatamente considerato appunto per gli interessi di cui sopra: perché un Israele attaccato da forze islamiste è buona cosa per chi le vuole combattere, e viceversa perché un Israele massacratore di civili è altrettanto buona cosa per “i nemici dell’occidente”, e così via…
A mio modo di vedere, ci sono solo due soluzioni alla situazione: una, terribile e pericolosissima a livello mondiale, tuttavia paradossalmente più “purificante”, sarebbe una guerra totale tra i contendenti nell’area, che faccia piazza pulita di tutto e che faccia rendere conto agli spiriti più illuminati del luogo quanto sia idiota spararsi addosso, e necessario vivere in pace e collaborazione sociale per evolvere; l’altra, che ovviamente tutti dovremmo auspicare e verso cui dovremmo tendere, è che sia il popolo, i cittadini israeliani (e ugualmente i palestinesi e tutti gli altri delle nazioni coinvolte) a riprendere in mano la democrazia dei propri stati, e a imporre ai propri governanti la volontà di pace e di vita. In fondo è il popolo che poi subisce le cannonate “per errore” o le rappresaglie dei kamikaze, mentre i loro capi comandano il tutto nei loro superprotetti bunker! Che li mandino all’inferno! E che Israele finisca di (voler o dover) essere un protettorato delle amministrazioni americane, che come sostengo sono le prime ad avere interesse che venga bombardato, e per diventare finalmente un vero stato indipendente! Lo dico sempre, per questa situazione come per tante altre: ogni esplosione di cannone o di bomba o quant’altro che uccide dei civili, soprattutto se bambini, è “un’assicurazione” per future atrocità, future rappresaglie, future guerre, futuri innumerabili morti… Ma l’uomo sovente si istupidisce quanto detiene il potere, in Medio Oriente come in qualsiasi altro luogo, e ciò mi fa’ temere che sia la prima soluzione, quella più probabile… A meno che, finalmente, i popoli di quei luoghi si stanchino definitivamente di essere comandati e guidati verso una reciproca distruzione…
N.B.! ricordate: questo è uno degli ultimi Acuti Acumi che verranno pubblicati nell'Omniteca ugualmente che nel blog; entro qualche settimana (ovvero dall'inizio del 2007) verranno  pubblicati solamente in quest'ultimo!
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27/11/2006: UNA PASSEGGIATA E NULLA PIU’… - A mio modo di vedere, Joseph Ratzinger non deve avere alcuna paura circa la propria visita in Turchia, attorno alla quale la stampa (italiana) continua a sollevare una cortina di terrore, invero per ragioni di mera suggestione mediatica che per ragioni oggettive… Non deve temere nulla perché, al momento attuale, nessuno ha interesse a coinvolgere il capo della chiesa romana in un attentato: non la Turchia ed il suo establishment, altrimenti la propria richiesta di ingresso nella UE si troverebbe senza più terra sotto i piedi; non l’islamismo locale, nonostante le polemiche e il contrasto post-Ratisbona e nonostante sembra che promettano fuoco e fiamme contro l’imminente visitatore (ma è solo scena, conveniente e funzionale alla propria immagine e presenza politica), perché non modificherebbe nulla nel rapporto di forza tra islam e cristianesimo (morto un papa se ne fa’ un altro, come recita la saggezza popolare) e contribuirebbe soltanto a crearsi nuovi avversari (almeno politici) anche tra gli alleati o potenziali tali; inoltre, anche al radicalismo islamico farebbe assai comodo una Turchia “europea”, dacché significherebbe molti meno ostacoli per il proprio espansionismo ideologico… E peraltro non sono così certo che si debbano temere anche atti isolati di qualche fanatico che in nome di Allah agisca assolutamente solitario per compiere ciò che ritenga “buono e giusto” per la causa islamica: viceversa, sono convinto che grossi eventi dal potere sovversivo della realtà dei fatti, in questo nostro mondo globalizzato anche e soprattutto geopoliticamente, non avvengano mai per caso; le organizzazioni radicali islamiche in Turchia, le quali è facile pensare che siano frequentate da un eventuale fanatico/potenziale attentatore, credo che conoscano i propri “galli” e non li lascino troppo razzolare, quando non sia il caso di farlo…
In effetti, l’unico interesse ad un evento criminoso contro Ratzinger potrebbe averlo il Vaticano, quanto meno per la enorme carica suggestionante che avrebbe una morte del genere per il proprio capo e, di rimando, per la causa dell’influenza di potere cattolico sul mondo: il vittimismo funziona sempre (altro che “santo subito”: martire con tanto di gigantografie agli angoli delle strade!) e su un piatto d’argento verrebbe sancito – almeno agli occhi del mondo occidentale – dove sia (e chi sia) il “bene” e dove il “male”… Ma è un papa ancora troppo “fresco” e peraltro troppo politicamente forte, negli equilibri di potere vaticani, e dunque penso che anche un tale “interesse” interno alla sua uscita di scena sia alquanto prematuro…
Sarà una passeggiata di salute, dunque, e nulla più, essenzialmente politica piuttosto che apostolica (e quando mai lo sono state tali, nell’era moderna, le visite all’estero del capo della chiesa romana?), che come risultato primo e immediato metterà i bastoni tra le ruote a chi si dichiara contrario all’ingresso della Turchia in Europa, facendo dichiarare solennemente a questa: visto come siamo bravi, civili, democratici? E’ venuto da noi il papa e non gli è accaduto nulla!… Mentre dal punto di vista vaticano porrà le basi di una "santa alleanza" funzionale alla spartizione dell’influenza socio-politica su questo nostro pezzo di mondo tra i due potentati religiosi (anche perché, con l’ingresso della Turchia in Europa i turchi, già numerosissimi, diverranno anche “religiosamente” la prima etnia con cui dover confrontarsi), i quali potentati sanno benissimo che, nella posizione in cui stanno, è assai più vantaggioso per entrambi collaborare e coalizzarsi che combattersi – il che, per qualsiasi libero cittadino qui come ovunque, è una evenienza mille volte più preoccupante di qualsiasi invasato islamico o cattolico pur senza briglie…
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12/12/2006: QUALCUNO TOCCHI CAINO - Ditemi tutto quanto volete, datemi contro come e quanto volete, ma la tragedia di lunedì 11 dicembre scorso a Erba di cui certamente avrete letto e/o sentito dai media, con 4 vittime sgozzate e bruciate e una quinta gravissima all’ospedale per mano di un pregiudicato libero grazie al “santo” indulto (non dimenticate mai chi premette tanto affinché tal infamia divenisse legge, alla quale poi dette la propria benedizione…) mi rinfocola un personale tormento, quello di non riuscire proprio – nonostante sinceri sforzi intellettuali – ad essere del tutto contrario alla pena di morte, per casi estremi. Senza mezzi termini, all’autore della strage di Erba gliela decreterei al volo, senza alcun dubbio: un “individuo” del genere (e, inutile dirlo ma lo faccio per i più sempliciotti, non centra che il soggetto sia un immigrato, non è assolutamente una faccenda di questo tipo ma semmai di palese “antiumanità”, di evidente condizione meno che bestiale). Non riesco a sostenere alcuna delle motivazioni di coloro i quali si battono – nobilmente – per l’abolizione della pena di morte del mondo, e sono profondamente convinto che la maggioranza delle esecuzioni oggi messe in atto del mondo siano una vera e propria efferatezza, soprattutto quando basate su giustificazioni politiche (i “cari” cinesi, per dirne una…); ma il concetto sempre messo in campo in questi casi, e in maniera generale, che “lo stato non ha alcun diritto di togliere la vita a chicchessia” - a parte il fatto che si scontra giornalmente, per molti stati, con mille ragioni di natura geopolitica - impatta violentemente con il quesito che viceversa io pongo costantemente: è vero quanto sopra ma, prima di esso, che diritto aveva l’assassino di togliere la vita alle sue vittime? E le vittime non erano parte integrante della comunità sociale dalla quale sono state “strappate” così brutalmente? E chi, dunque, può assumersi il diritto, previo consenso delle persone vicine alle vittime, di riequilibrare la equità vitale corrotta?… Sì, “equità vitale”, e non “giuridica”: la società è fatta di singoli individui e si sorregge sull’interazione sociale (appunto) tra di essi; chi la danneggia, “eliminando” i suoi singoli, si palesa come gravissimo elemento di detrimento per essa, soprattutto nei casi in cui il danno cagionato è di gravita estrema: e credo che per i fatti di Erba ci si trovi in questa situazione. Dal mio punto di vista cade anche l’altro concetto sostenuto dai detrattori della pena di morte, ovvero che “lo stato non deve scendere allo stesso brutale livello dell’assassino”, il quale ha in sé per certi versi la sua stessa negazione: non è lo stato che deve scendere a quel livello, è l’assassino che vi è sceso – abbandonando il proprio stato “umano”, di persona civile; e nemmeno merita parlare di “perdono”, un concetto invero nobile all’origine teoretica, ma nella realtà talmente corrotto e divenuto ipocrita, da non essere che un mero esercizio di “belle parole” per chi lo sostiene – che spesso è il primo a non osservarlo!
Tutto ciò, ribadisco mille e mille volte, con tutti i distinguo del caso, e non potendo qui approfondire e specificare meglio la questione come sarebbe necessario (mi scuso di una tale estrema esemplificazione): la pena di morte è incivile nella stragrande maggioranza dei casi, ma in alcuni è purtroppo l’unica e terminale soluzione per soggetti totalmente immeritevoli e indegni di appartenete al genere umano, per i quali diviene ingiusto anche lo spendere soldi pubblici per il loro eventuale mantenimento in un carcere: sarebbe un’autentica violazione dei diritti umani – di chi ha subìto la violenza, non certo di chi l’ha arrecata. Ripeto, ancora: me ne duole, ma nei casi estremi (e spero rarissimi), non posso essere d’accordo con i contrari alla pena di morte, che mi auguro continuino nella propria battaglia di civiltà – ovunque ve ne sia da salvaguardare. A Erba temo sia stata sgozzata anch’essa…
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18/12/2006: INQUINAMENTO VOCALE – Non so se sia lo scrivente che, con l’andar del tempo e dell’età, diventi sofistico; non certo credo di diventare iperuditivo, che semmai l’età dovrebbe imporre il contrario… Insomma: ho la netta impressione che, soprattutto nei locali pubblici, la gente urli sempre più! Sì, gridi, parli ad alta voce, si trastulli del baccano da essa generato, non si renda conto del fastidio che ciò arreca a coloro i quali, per fare un esempio, vorrebbero recarsi in un ristorante a cena e goderne della tranquillità, della pace e dell’intimità che l’occasione dovrebbe contemplare… Naturalmente no n sto facendo riferimento a quei locali tipicamente rumorosi, per tipologia, frequentazione, specificità, ma mi pare che pure – per riprendere l’esempio appena fatto – il ristorantino da cena tranquilla e rilassante oggi annoveri tra la sua clientela dei veri e propri inquinatori vocali, gente che crede di essere allo stadio o in piazza durante un concerto e pretende che quanto lo circondi, anche il locale nel cui sta mangiando, si adegui al proprio baccano, quando civiltà, educazione buon senso, cortesia e quant’altro di simile imporrebbe l’esatto contrario… Ripeto, sarò io in errore, ma ogni qualvolta mi reco in uno di quei posti sopra detti, me ne torno a casa con il mal di testa per il fracasso del vociare, e con il mal di gola dacché, per farmi sentire dai miei commensali, mi tocca a mia volta alzare la voce ad un tono che mi pare superiore a quanto di educatamente consentito…
Ho l’impressione che quanto sopra sia un effetto collaterale del modo di vita contemporaneo, ovvero della conformazione del mondo sociale nel quale quel modo di vivere si realizza: sembra che oggi l’identificarsi nella massa, il tentare di farsi notare, di rivendicare una certa “importanza sociale” debba passare dall’urlo, debba essere necessariamente gridato, rumoroso, strepitante, perché viceversa si perderebbe tra mille altri rumori, segno inequivocabile, questo, che la “fonte di emissione” è molto debole… In fondo, nel nostro tempo, molte delle cose a cui la massa attribuisce una qualche “importanza” – che questa abbia valore o meno – non sono sostanzialmente urlate e strepitate fastidiosamente? La TV non ci sbatte in faccia tante evidenze fastidiose come rumori assordanti? Molti eventi del mondo d’intorno, anche di quello quotidiano, non risultano irritanti alla civiltà, all’educazione e al buon senso sociale come infernali baccani? L’ipocrisia che regna un po’ ovunque, e soprattutto presso chi ostenta la più sicura sincerità, non esaspera la mente razionale come una tremenda caciara fa’ con l’udito? L’urlare, il parlare ad alta voce, in fondo è una rozza ostentazione della propria presenza, è una forma di egoismo becero di chi pretende di oberare l’aria delle proprie parole (assai spesso a vanvera) a scapito di altri che, magari, potrebbero dire cose più utili e intelligenti, visto che gli “urlatori” sovente impegnano e gettano il proprio fiato in inutilità varie e assortite… E’, sotto un altro punto di vista, un comportamento infantile, del neonato che non avendo ancora i mezzi – cioè la personalità - per farsi notare, inevitabilmente si mette a piangere sonoramente: ma che questo accada ad un piccolo bambino è del tutto normale, che accada a persone adulte credo sia assai preoccupante – soprattutto per loro stesse, per la loro manifesta mancanza di personalità, di carisma, di carattere, di saper attirare l’attenzione grazie al proprio valore, virtù, peculiarità specifiche, e non perché sappiano urlare di più e più di chiunque altro!
Ripeto, nuovamente: forse sarò io che sto diventando sofistico ma, per quanto mi riguarda, a causa di siffatti personaggi così sonoramente inquinanti, credo che in alcuni locali pubblici – per riprendere l’esempio qui in uso, ma certo il tutto vale per molti luoghi purtroppo sempre più in balìa dell’inciviltà contemporanea - farò abbastanza fatica a ritornarci…
N.B.! ricordate: questo è uno degli ultimi Acuti Acumi che verranno pubblicati nell'Omniteca ugualmente che nel blog; entro qualche settimana (ovvero dall'inizio del 2007) verranno  pubblicati solamente in quest'ultimo!
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Invito alla lettura de “L’Unico e la Sua Proprietà” di Max Stirner
 

V orrei invitarvi a prendere in considerazione, per le vostre prossime letture di un certo “spessore”, un’opera filosofica di un autore poco noto, non certo per suoi demeriti ma semmai perché da sempre poco considerato e ritenuto spesso un “maledetto”, un filosofo estremo ovvero estremista, posto al confine – appunto – delle discipline filosofiche e perciò lasciato da tanti nell’ombra (anche, a quanto pare, da molti docenti universitari delle facoltà relative…).
L’opera è L’Unico e la Sua Proprietà , di Max Stirner, pseudonimo di Johann Caspar Schmidt (1806-1856) schivo e solitario pensatore tedesco di cui il testo in oggetto rappresenta in pratica la sola testimonianza scritta, apparsa per la prima volta nel 1844.
L’ Unico è la più nota opera teorizzatrice dell’anarchismo, quello più totale ed estremo, quello che rigetta non solo qualsiasi potere precostituito – religioso e politico/statale in primis – ma anche che rifiuta ogni possibile elemento limitatore dell’io, inteso nella sua accezione più individualistica immaginabile. Essa esalta l’ egoismo puro, ovvero non per come il termine può essere inteso nel linguaggio contemporaneo – prepotenza, avarizia, menefreghismo – ma come vero e proprio amor di sé, ossia la summa di ogni interesse che possa portare un vantaggio all’io, senza per ciò necessariamente recare danno a qualcuno. Le varie individualità così si pongono in correlazione sociale attraverso rapporti che possano portare vantaggi “egoistici” vicendevoli, rifiutando in pratica tutti gli altri e in ciò ponendo le solide basi per lo sviluppo filosofico dell’idea nichilista (e se, all’apparenza, una tale società può sembrare piò o meno di stampo socialista o comunista, essa in effetti è l’esatto opposto, sia ideologicamente sia fattivamente – ma ciò risulterà più chiaro durante la lettura del testo; per par condicio , facciamo notare come di contro alcuni ritennero l’opera di Stirner la base del pensiero nazista e di tante delle correlate atrocità…).
La lettura dell’Unico è certamente un ottimo esercizio di auto-valutazione e di capacità sia di comprensione che di discernimento critico personale: è in effetti un’opera “estrema” ed “estremista”, per il solido muro che innalza a protezione dell’ego, ed alcuni concetti espressi risulteranno a ragione assai discutibili se non per molti totalmente inaccettabili (Stirner venne addirittura definito un “folle terrorista”, e la sua opera, bollata come “ socialmente pericolosa”, venne inizialmente censurata e ritirata dal commercio); tuttavia, a mio parere l’opera può avere un grande effetto benefico nel risvegliare e ri-illuminare il grande valore di unicità che è peculiare in ogni individuo, soprattutto in relazione al generale appiattimento culturale, sociale ed umano verso il quale sembra spingerci inesorabilmente la società contemporanea… L’ Unico può far comprendere al suo lettore – appunto senza bisogno di arrivare agli eccessi provocatori dei quali Stirner ha disseminato il suo lavoro – che tutti noi non siamo soltanto “numeri”, e che ognuno di noi ha una sua propria e caratteristica unicità, una individualità precipua che altro non è se non la nostra vera essenza di creature viventi, persone ed esseri umani; tutti abbiamo in noi un valore , e non conta che sia più o meno alto: semmai conta che esso ci possa delineare per quello che veramente siamo e per quello che potenzialmente potremo essere, in un’ottica di accrescimento personale che, se compiuto con il già citato buon discernimento della persona intelligente e civile, non può che portare a positivi e rimarchevoli risultati.
Per finire, l’Unico ha mostrato un’altra notevole peculiarità: si rese infatti inviso sia alla sinistra che alla destra (nonostante pareri favorevoli di personaggi da entrambi i lati), e ciò, senza dubbio, è una buona prova di grande ed effettiva autonomia e – appunto – originale unicità!
Dategli un occhio, dunque, se vi capita… La versione che ho letto era di Adelphi, con un interessante saggio di Roberto Calasso, per un costo di € 10,33.
Se lo leggerete, mi farete sapere il vostro giudizio!

(Calolziocorte, 21 Febbraio 2002)

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La Volontà di Potenza
Black Metal: arte musicale estrema per il terzo millennio
 
 
 

Black Metal: cosa raffigura l’opinione pubblica “comune” dietro queste due strane parole? Beh, tralasciando gli ignari, generalmente abominio musicale, baccano infernale, cacofonia per menti instabili, e via di questo passo… Anti-musica, nella migliore delle ipotesi, e comunque qualcosa indegno di qualsiasi considerazione pubblica…
Meno male, dico io…
Meno male, dico – io cultore di questa forma d’arte musicale meravigliosa giusto perché alla maggioranza incomprensibile, celata dietro la sua stessa raffigurazione armonica estrema come la grezza pietra cela in sé il più prezioso diamante, che soltanto l’occhio attento saprà scovare e svelare – e quindi ancora pura nella sua forma sempre primitiva e sempre modernissima, ovvero posta nel punto zero di congiunzione tra il tutto artistico e l’antitesi dello stesso…
Estremo dell’estremo: espressione evoluta nella massima forma possibile di tensione armonica e sonora dell’heavy metal, già di suo estremizzazione del rock, il black metal rappresenta oggi ciò che per l’esplorazione umana dell’infinito sarebbe una potentissima e velocissima astronave lanciata in avanscoperta verso i limiti sconosciuti di un universo che solo apparentemente si ritrova inscritto in sette semplici note, così come il cosmo solo apparentemente si limita alle “poche” stelle visibili dalla superficie della Terra nello lo sguardo di colui che non concepisce la piena essenza delle cose – quello stesso che potrebbe definire “baccano infernale” una forma d’arte musicale adattatasi in realtà al superamento di ogni limite conosciuto…
Arte, sì… Vi sembra eresia questa? Ogni cosa viene considerata “eresia” dai benpensanti, quando essa sfugge dal conformismo nel quale dovrebbe essere rinchiusa così da poter essere ritenuta “corretta” dalla società… La facile melodia che scivola nell’aria come una perenne nenia allucinatoria, insulsa artisticamente eppure, proprio per ciò, più facilmente accettabile dalla mente contemporanea svagata e confusa, e dunque assai meglio “monetizzabile” – ma in fondo l’arte vera non dovrebbe non aver prezzo?
Viceversa: ritmiche lanciate a velocità “transluminali” disegnano il possente intreccio ove melodie scarne e parimenti corpose come fulmini in una tempesta si scatenano nel tracciare l’armonia più profonda e sconosciuta insita in ogni cosa… Pulsioni terrificanti solo nella loro estrema vitalità tracciano attorno all’ascoltatore i reali confini dell’infinito, ove la luce si fa buio e viceversa, ove il nulla diviene tutto, ove armonie inusitate sorreggono l’energia primaria che anima un’arte estrema perché finale per lo stato della realtà presente, oltre cui soltanto ci si può spingere se adusi all’intero spettro armonico che quell’arte stessa può offrire…
Nulla qui ha prezzo perché non hanno prezzo le emozioni più pure, più genuine e ancestrali che si conservano in noi; quella parte che noi consideriamo oscura soltanto perché incapaci di comprenderla – e dunque timorosi di essa e ignoranti, fin da renderla causa delle umane aberrazioni – sobbalza e ribolle nel suono estremo, le cui frequenze compendiano ogni eufonia che lo spettro sonoro può considerare in sé; e chi non sa riconoscerle, sentenzia boriosamente: “E’ solo baccano!”, “Impossibile da ascoltare!”, “Musica del demonio!” o peggio ancora “Chi ascolta quella specie di musica, non può che essere una persona psicopatica!”
Meno male, dico ancora io… Meno male, che la massa non ascolta il black metal, non apprezza la tecnica sopraffina dei suoi musicisti migliori, il mirabolante e spesso sbalorditivo intreccio ritmico e armonico che forma la struttura sonora di molti pezzi, le armonie così evocative, maestose come soltanto certa musica sacra ebbe modo in passato di farci conoscere ed insieme infernali come urla lancinanti di un mondo ucciso dai suoi padroni umani, i richiami sublimi verso la musica classica, le sovrapposizioni di più linee euritmiche che prodigiosamente fondono la soavità degli strumenti classici con l’efferatezza delle distorsioni elettriche, apparentemente discordanti ma infine perfettamente uniti nella generazione di un’esperienza artistica musicale che in sé raccoglie ogni essenza d’arte sonora che l’intelletto umano potrebbe recepire…
Ogni arte sublime – ovvero posta oltre il livello che la mentalità comune ritiene normale, ordinario – è in realtà disciplina per pochi… No, non eletti, nulla di così classista: semmai soltanto disponibili a conoscere ciò che può andare oltre quella normalità, e che per questo non è da considerarsi “illecito” ma viceversa ardito, audace e coraggioso. Questo è sempre stato il black metal, fin dai tempi in cui – si era a cavallo tra gli ’80 e i ’90 – come scheggia infuocata schizzò via dal movimento rock-heavy per esplorare e raggiungere i confini di quell’arte che noi chiamiamo “musica”: e fu una ribellione, e come ogni ribellione assai controversa nella forma – quando invece il principio era ed è costantemente in evoluzione, come è giusto che sia per ogni forma d’arte altrimenti destinata a morire di sé stessa… Contestato, spesso oltraggiato e vilipeso (considerato “satanista”, “violento”, “incivile” ovvero al di fuori di ciò che si considera comunemente come civiltà; addirittura si è cercato di politicizzarlo, considerandolo di estrema destra come di estrema sinistra!… No comment…), ha subito in fondo lo stesso trattamento che ogni evoluzione deve affrontare, e forse è stato anche un bene, dacché si è potuto scremare da quelle sue parti che lo rappresentavano (male, tecnicamente e musicalmente) per soli fini di clamore e spettacolo; si è affinato, è progredito nella tecnica musicale sino a diventare senza dubbio uno dei generi più difficili da suonare in assoluto; ha accolto in sé le evoluzioni elettroniche, assimilandole come nessun altro genere ha saputo fare (eccetto quelli che, ovviamente, dall’elettronica si sono generati); ha coeso il tutto nella sua nuova forma armonica e si è lanciato a velocità inimmaginabili verso l’estremo con l’accelerazione purificatrice che anima continuamente il moto musicale…
“E i testi?” chiederà qualcuno… Quanto è piaciuto, a chi ne aveva interesse, a gettar fango sul black metal andando a pescare i testi più controversi, oppure quelli più banali costruiti – come già detto – soltanto per far parlare di sé… Ma sarebbe come affermare che se in una squadra di calcio giocano due o tre brocchi, tutto il calcio è uno sport giocato da brocchi! Evidenziare quelle stupidaggini non ha fatto altro che ancor più illuminare d’arte le parole che completano meravigliosamente le armonie musicali delle band migliori: pensate che colpo, per quei benpensanti, constatare che in tale musica per “violenti” o “denegerati” si parla di Baudelaire, di Blake o di Tolkien! Constatare che alcuni testi paiono usciti dal romanticismo, dall’ermetismo, dall’avanguardia poetica! Constatare che in essi si parla di storia, mitologia, religione, filosofia! Constatare quale profondo intreccio esista tra parola e trama musicale, tanto da rendere certi album black metal perfette rappresentazioni teatrali la cui mancanza della visione delle scene è perfettamente sopperita dall’intensa evocatività che quelle scene ricrea nella fantasia dell’ascoltatore…
Non appaia blasfemo quanto sto per dire: il black metal è la perfetta simbolizzazione sonora del concetto di volontà di potenza, e non solo in riferimento a come venne delineato da Nietzsche, ma per come esso è innato in ogni essere vivente che possa disporre liberamente della propria vita, senza quei vincoli di sorta che innumerevoli ideologie di potere hanno voluto applicarci per conseguire bassi e meschini scopi di iniqua dominazione in nome d’un dio o d’uno stato… Arte musicale per una elevazione umana oltre l’ordinarietà corrente, per la quale la potenza necessaria è quella stessa che anima la vita nel suo significato più puro e completo, espanso nell’intero suo valore fisico e metafisico; e la volontà di potenza che scaturisce dalla forza d’impatto del black metal è il naturale impulso umano verso la conoscenza estrema, verso l’oltre da esplorare, verso il limite da considerare che possa definire la propria persona, semplicemente, come il mondo intero… Un’arte marginale solo per gli stolti, come è marginale il limite estremo di una galassia che vorticosamente ruota, a differenza del suo centro pressoché immobile… Ma nel limite è il moto della vita, e quel limite sarà il primo ad andare oltre , a raggiungere ciò che per gli altri sembrerà irraggiungibile, o almeno a tentarci, a muoversi verso di esso per poi trainare tutto il resto…
La velocità massima contro l’immobilità letale; il pulsare di inusitate armonie contro la mollezza del “già sentito”; la perizia tecnica assoluta contro l’insensatezza della banalità; l’avanguardia di testi ricolmi di significati contro parole svuotate di ogni significato… In breve: la ricerca, l’esplorazione, la scoperta, l’energia, il fascino, la bellezza; le basi peculiari di ogni arte quando essa sia tale, ovvero non una mera rappresentazione di una artificiosità, di un moto umano senza valore e uguale a tanti altri, ma una nuova definizione di armonia che illumini, appunto, un novello ambito di bellezza ricolma di inedito valore, e capace di emozionare nel profondo l’animo umano – come compie la più assoluta delle arti, la vita… E vi è vera vita quando essa sia veramente viva , ovvero conscia di sé stessa, energica nelle proprie forze, potente come ciò che può generare: questa è la volontà di potenza , e questa è la miglior definizione dell’arte musicale oggi più potente: il black metal.   
 

(Calolziocorte, 14 Marzo 2002)
 

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Ma esiste veramente la realtà?



Noi tutti restiamo sempre molto affascinati da tutti quegli eventi che superano il confine usualmente considerato della realtà per andare oltre, verso dimensioni sconosciute: scienze di frontiera e occulte – parapsicologia, metapsichica, ufologia e tante altre – esoterismo, magia, paranormalità, fantasmi, apparizioni, misteri inspiegabili… Ad essi si associa automaticamente e subito la lontananza dalla realtà, dalle cose “vere” – non perché siano essi in toto falsità e/o illusioni – lasciamo volentieri questa conclusione agli integralisti del materialismo più intransigente, e ben si sa dove porti qualsiasi integralismo, in qualsiasi disciplina umana… - ma perché la realtà non è in grado di comprenderli nel proprio dominio. Essi evocano nella nostra mente immagini indefinite di dimensioni sconosciute, di forze segrete, di universi paralleli, di realtà chimeriche dove assurdamente sia caduto ogni confine tra la fantasia e il raziocinio; peraltro hanno anche un’ottima funzione per la concezione del mondo che noi abitualmente accettiamo, ovvero sanno giusto definire ciò che è realtà – e quindi verità - da ciò che non lo è, da una potenziale “favola”…
Il punto è proprio qui, nella realtà, e nelle conseguenti verità che ne derivano. L’uomo accetta certe determinate interpretazioni delle cose e degli accadimenti del mondo perché, generalmente, dalla fonte da cui queste interpretazioni sono scaturite, esse si sono imposte sulla maggioranza degli individui, da essi sono state accettate, e con la forza di quella maggioranza sono diventate la realtà corrente, accettata, approvata. E non sempre, per favorire l’accettazione di queste verità, è necessario il supporto probatorio scientifico – che al limite rinforza l’approvazione: l’elemento fondamentale è più frequentemente il consenso di massa, indispensabile carburante affinché l’interpretazione di una realtà divenuta verità continui a rilucere con adeguata forza illuminante.
Questa è la realtà, nel nostro normale intendimento. Se si volesse ancor più semplificare il concetto, per normalizzarlo al più semplice ed istintivo meccanismo intellettuale, si potrebbe dire: la realtà è ciò che esiste. Affermazione inconfutabile, all’apparenza. Ma: esiste veramente la realtà – e, dunque, ogni conseguente verità?
Noi siamo sicuri che la Terra orbiti intorno al Sole, è una nostra verità corrente di cui si deve ringraziare Galileo Galilei; per conseguenza, ogni altro che ci venga a raccontare una cosa diversa da questa, lo prenderemmo certo per un folle, un impostore. Eppure, prima di Galileo, succedeva l’esatto contrario: la verità stabiliva che era il Sole ad orbitare attorno alla Terra, e non per nulla lo stesso Galileo venne imprigionato come un pazzo eretico. Ma entrambe erano/sono verità, sicure, inconfutabili nel loro periodo di accettazione di massa! E nonostante ciò, bastò una semplice intuizione a far che la seconda, opposta alla prima, subentrasse a questa e facesse cambiare all’umanità l’intera visione dell’Universo.
Ripetiamo il quesito: esiste veramente la realtà – e, dunque, ogni conseguente verità?
Se in ogni caso, la risposta più ovvia e scontata parrebbe “sì!”, l’evoluzione intellettuale, culturale e sociale dell’umanità potrebbe invece riservarci una qualche diversa elucubrazione.
Prendiamo un telefono cellulare. Se lo mostrassimo a qualsiasi occidentale, egli lo prenderebbe e telefonerebbe a qualcuno. Se lo mostrassimo ad un indigeno di una sperduta isola del Pacifico del Sud, e questi scoprirebbe che se ci si parla dentro qualcuno risponde a tono, probabilmente lo crederebbe un dono divino, o alla peggio un oggetto infestato da spiriti maligni: di conseguenza lo eleggerebbe a manufatto sacro, ovvero lo brucerebbe con qualche rito purificatorio. Entrambi – l’occidentale evoluto e l’isolano ancora non tecnologicamente civilizzato – saprebbero di aver ragione nel fare ciò che farebbero: crederebbero di agire in base ai giusti criteri stabiliti dalla realtà – dalla verità – delle cose.
Un altro caso – restando questa volta in occidente. Una luce zigzagante transita veloce nel cielo notturno. Le persone che dovessero assistere al passaggio luminoso potrebbero vedere: un aereo in volo o un satellite in orbita bassa; una cometa o un bolide che incroci l’atmosfera terrestre; un qualche fenomeno scientifico naturale di natura ignota – un fulmine globulare, ad esempio; un UFO che si stia approssimando al nostro pianeta; ovvero, potrebbero credere di avere un’allucinazione visiva, e qualcuno non vedrebbe assolutamente nulla. Non solo: colui che vedesse in quella luce un UFO, non si limiterebbe a fornire una interpretazione della realtà, ma creerebbe anche una prova “effettiva” per dimostrare l’esistenza di razze extraterrestri in visita al nostro pianeta – ovvero per tramutare una “non realtà”, una potenziale illusione, in una realtà comprovata e documentata. Tutti i presenti, con le proprie diverse interpretazioni, in ogni caso, saprebbero di osservare la realtà, e nel giudicarla parimenti saprebbero di esprimere la verità – se ne sentirebbero anche depositari. Quella che poi è in effetti la propria singola, personale realtà/verità, se accettata e approvata anche dagli altri, diverrebbe la realtà “effettiva”, supportata così dal consenso della maggioranza; ma ciò – attenzione! – non ne garantirebbe l’assolutezza, ovvero la verità che ne scaturirebbe non è detto che sia la verità, quella vera! Garantirebbe, semmai, soltanto la sua forza, cioè la possibilità che sempre più persone la possano ritenere approvabile accettandola.
Si potrebbero ovviamente citare innumerevoli altri casi del genere: in tutti, quella risposta positiva alla domanda “esiste veramente la realtà – e, dunque, ogni conseguente verità?” riceverebbe possenti picconate che la farebbero tremare e vacillare… Parimenti, da essi – ovvero dalla realtà nella sua completezza – è semplice rilevare -  e non sono il primo a farlo – come la realtà non è ciò che si vede, ma è ciò che si crede di vedere. Non dimentichiamoci: concretamente non è l’occhio il nostro strumento per la visione, ma è comunque il cervello; lo sguardo certo raccoglie le immagini di ciò che ci circonda, ma sarà poi il cervello – l’intelletto, la ragione, il raziocinio – a vedere in esse qualcosa, ad interpretarle, a riconoscerle per ciò che noi crediamo esse siano – che non sempre equivale a ciò che sono realmente, effettivamente…
Cos’è, dunque, a tutti gli effetti, la realtà nel nostro mondo, nella vita umana? E’ ciò che la maggioranza ritiene che qualcosa sia. In certi casi, questa evidenza corrisponderà alla realtà effettiva: ad esempio, sappiamo con certezza che una palla rotola, e non solo per un principio fisico e cinetico, ma perché abbiamo varie esperienze e riscontri oggettivi in tal senso. In altri casi – e sono molti di più di quanto si possa pensare – la realtà creduta “effettiva” non è che l’interpretazione di un’evenienza che più di altre avrà saputo guadagnare il consenso della maggioranza dell’umanità, divenendo così convinzione e “verità”. Tante di queste verità credute, forse, saranno anche incredibili ed enormi falsità, illusioni belle e buone, errori madornali, sviste colossali, ma essendo comunque accettate dalla maggior parte di noi come verità, così si continuerà a crederle, finché una nuova interpretazione, una nuova verità, saprà scalzare la precedente – ne più ne meno che ciò che successe con Galileo, prima imprigionato e diffamato, poi elevato a scopritore della verità effettiva dell’Universo… A tal proposito, è interessante citare Nietzsche, che in Umano, troppo Umano osservò: le convinzioni sono nemici della verità più pericolosi delle menzogne… E la storia del progresso umano è assai ricca di esempi circa queste “convinzioni di verità”, elevate a innegabili sicurezze per inconfutabili verità, e poi rivelatesi fulgidi esempi dell’ottusità e della stoltezza di alcuni…
Posto questo, sarà ora evidente come il confine tra realtà/verità e illusione è assai più vago e indefinito/indefinibile di quanto comunemente si possa credere. E temo – per dirla tutta – che l’appurata incapacità dell’uomo di giungere rapidamente alla realtà/verità effettiva delle cose, in qualsiasi disciplina, rappresenti forse il più grande freno ad una evoluzione veramente virtuosa del genere umano, in assoluta armonia con la propria vita e con il proprio mondo, ovvero l’ambito “fisico” ove la vita si svolge ed ha effetto.
Eppure, una grande verità è senza dubbio questa – e mi scuso per l’inevitabile gioco di parole: ogni elemento che è, che esiste, ha una propria effettiva realtà ed una propria verità. Esse esistono, certo, come esiste ciò che rappresentano. Si può dire che siano il traguardo, la meta per ogni essere pensante, che si impegni a ragionare e riflettere circa il mondo d’intorno, manifestando la necessaria capacità per fare ciò – intellettuale, culturale, spirituale, etica – umana, in una sola parola.
Invece il nostro mondo sembra soffrire di una generale e diffusa incomprensione, dovuta a tanti fattori. E’ come se la realtà ci offrisse una casa dove abitare – una casa bella, ben fatta, armoniosa – ma ognuno di noi voglia intervenirci sopra: ci sarà chi la modificherà, la amplierà o la rimpicciolirà; ci sarà che ne rifarà gli intonaci, chiuderà finestre e ne aprirà di nuove, chi ne abbatterà una parte e chi aggiungerà vari piani in altezza; ci sarà anche chi la abbatterà del tutto, come chi non la toccherà nemmeno, per svogliatezza, per accidia o per mancanza di spirito. Poi ci andremo ad abitare, e tutti crederemo che la nostra sia la casa più bella, più elegante, più ammirevole, e guarderemo tutte le altre dall’alto in basso, tanto che vorremo imporre anche ad altri le nostre scelte, credendole in assoluto le migliori…
Vanno così le cose – più o meno… Visto quanto sopra, in effetti la realtà e la verità “vere” non esistono nel nostro mondo, molto più poggiato su illusioni, su chimeriche interpretazioni – forse più che quelle discipline “di frontiera” citate al principio di questa dissertazione – con l’aggravante che quelle indagano su misteri, su cose sconosciute, mentre la realtà del nostro mondo è realtà – che diamine! – ed ogni eventuale irrazionalità dovrebbe restare ben lontana…
Credo che dovremmo tutti – proprio per inclinazione naturale, genetica – divenire nel corso della nostra vita degli esploratori della realtà, e dei ricercatori della verità, dell’essenza effettiva delle cose, del più profondo valore e significato. Va da sé che moltissime di quelle aberrazioni e distorsioni della realtà che oggi detengono un così vasto potere crollerebbero velocemente, ed ugualmente tutte le ipocrisie che reggono con la falsità imposta delle situazioni di potere di massa. La scienza diverrebbe veramente e pienamente la fonte del sapere, della conoscenza; la verità diverrebbe veramente la realtà delle cose, che noi potremmo dunque conoscere integralmente, ed ogni eventuale falsità risulterebbe ben più palese di quanto lo sia ora. Aumenterebbe di conseguenza la consapevolezza del genere umano, il quale si troverebbe così in fronte la via per una concreta, preziosissima e completa evoluzione.
Per ora, la conclusione e la risposta alla domanda centrale di questa dissertazione - esiste veramente la realtà? – non può che essere “no!” – se non , ribadisco, in quei casi in cui ci sia piena concordanza tra realtà evidente e interpretazione della stessa - ma volendo analizzare a fondo ogni singolo caso, ancora si arriverebbe a stabilire che saranno ben poche le realtà assolute, definitive. E ciò non solo in un’ottica più strettamente filosofica – il mondo/la realtà non esiste, perché il mondo è tutto nella nostra mente, nel nostro intendimento, e in ciò che noi crediamo di vedere attraverso di esso – ma anche in maniera più materiale, concreta: viviamo purtroppo in un mondo molto illusorio, sovente artificioso, distorto e travisato per mere convenienze materiali – interessi di potere e di dominio di massa, soprattutto; anche per ciò molta irrazionalità si fa strada nell’intendimento popolare, e certe terribili insensatezze – la guerra, ad esempio, lo sterminare i propri simili per insulsaggini politiche, religiose e simili intimate come verità sacrosante, così che chiunque le avversi debba essere combattuto ed eliminato – continuano a sfregiare il volto del genere umano, abbruttendolo e rendendolo spaventoso…
Non dovremmo mai pedissequamente accettare la verità – soprattutto quando essa ci venga calata e offerta dall’alto, chiedendo per essa fin da subito la credenza e la convinzione più piena. Così agendo, è come se ci arrivasse in casa un venditore di cose insulse, ma per il solo fatto che ha bussato alla nostra porta dovessimo essere obbligati a comprare qualcosa! No! – noi dobbiamo decidere se ci sia effettivamente da comprare qualcosa, se un qualche oggetto risulti nel suo interesse in noi abbastanza convincente da poter essere acquistato. Ugualmente, noi – ognuno di noi, singolarmente ed individualmente, intendo – dobbiamo essere intimamente convinti che una realtà sia approvabile, e solo in tal caso potremo eleggerla a verità assodata – ma lo sarà comunque, nel suo massimo valore, solo per noi. Quando più convinzioni singole troveranno concordanza con tante altre, sarà dunque il segno che la via intrapresa verso la scoperta di una verità “vera” è quella giusta.
Non è questo certo un compito facile – implica fin da subito la più ampia conoscenza di sé stessi e la più forte nobilitazione della coscienza e della consapevolezza in sé stessi – ma - lo voglio ribadire – credo sia un passo necessario per una vera e virtuosa evoluzione dell’essenza umana e dell’intero nostro mondo.
Questo è quanto. Ferma restando la primaria, originaria realtà e verità: l’io.


(Calolziocorte, 11 Novembre 2002)


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Legittimità e delegittimazione dello stato



I.
Se si vuole accettare la presenza giuridica dell’entità “stato” in qualità di ente sovrano sul territorio sul quale noi viviamo – e se per ovvietà premettiamo che tale stato dovrà essere libero, democratico, e rispettoso dei diritti vitali dei suoi cittadini, si può dire che un tale stato deve necessariamente basarsi su 4 pilastri fondamentali: scuola, sanità, giustizia, e ad un livello appena inferiore – per i motivi che si vedranno - esercito.
La scuola formerà il cittadino, lo istruirà, lo educherà e dovrà fornirgli i mezzi culturali necessari per permettergli di scegliere nel migliore dei modi l’impostazione che vorrà dare alla propria vita.
La sanità dovrà fare in modo che il cittadino possa sempre riporre la massima forza e vigore nel perseguimento dei propri obiettivi, nell’ottica dell’antico e sempre saggio motto mens sana in corpore sano.
La giustizia dovrà assicurare nel modo più nobilmente equo che gli obiettivi di ogni cittadino non vadano a danneggiare altri cittadini, e dovrà operare per giudicare e, se necessario, condannare chiunque arrechi un danno più o meno grave a qualsiasi altro componente della società.
L’esercito, invero secondario per sé stesso – si vorrebbe dire superfluo! - ma purtroppo comunque necessario finché il genere umano vorrà conservare quella mentalità ottusa e scriteriata che da sempre provoca le guerre - dovrà salvaguardare il territorio dello stato da ogni minaccia e, in tempo di pace, dovrà essere efficace sistema di aiuto verso la popolazione più bisognosa – ad esempio in compiti di protezione civile, di supporto per particolari esigenze logistiche, e non ultimo di immagine, come simbolo di sano patriottismo - sano, non ottuso e/o imposto - ed attaccamento alla propria comunità statale.
Lo stato/ente rappresentante di un popolo, dunque effettivamente democratico, deve assolutamente basarsi su questi fondamentali sostegni, attorno ai quali, se essi manterranno una continua ed elevata efficienza, si potrà formare una equa, libera, solida ed emancipata società, nella quale ogni cittadino potrà ben riconoscersi – e che dunque, per conseguenza, potrà naturalmente sostenere come ugualmente si è portati a sostenere ciò verso cui si è portati senza forzature a dare fiducia. Peraltro, questi pilastri dovrebbero essere in sostanza a guisa di piccoli “stati” nello stato-nazione, ovvero elementi autonomi e “logisticamente” autosufficienti ai quali i governi dovrebbero soltanto garantire la più alta efficienza con qualsiasi necessario supporto politico e finanziario – quest’ultimo nel senso di una assennata ridistribuzione dei proventi fiscali applicati ai cittadini e incassati dallo stato – ma senza alcuna ulteriore intrusione politica e politicizzata – o “lottizzata”, per usare un termine forse più d’uso e chiaro . Come in un ospedale, insomma, in cui ogni reparto funzioni in maniera indipendente da ogni altro e dove la direzione intervenga soltanto per perseguire il costante mantenimento e/o il miglioramento dell’efficienza e della funzionalità dello stesso, come allo stesso modo di tutti gli altri – senza per logica pretendere di imporre le proprie scelte anche e soprattutto per la conduzione terapeutica al primario ed a tutti i medici.
Ogni altro elemento che a buon titolo si possa definire essenziale per conferire il più alto valore possibile allo stato nasce evidentemente “a cascata” dai quattro citati. L’industria, ad esempio – ovvero la produzione lavorativa atta a soddisfare la domanda della società e, dunque, a generare il benessere di una nazione – prima che sulla propria capacità produttiva deve basarsi sul “pilastro-scuola”, ovvero sullo studio teorico/concettuale e tecnologico/pratico applicabile ai processi di lavorazione e, ovviamente, sul trasferimento “scolastico” delle nozioni derivanti a coloro i quali poi formeranno la “mente” di quella produzione – che, se ben istruita, saprà sempre ottimamente supportare il lavoro con le scelte migliori nei momenti giusti.
Ugualmente sulla scuola si poggia la cultura di un popolo, in qualità di ente salvaguardante il proprio patrimonio di conoscenze; sulla sanità, invece – per citare un altro esempio comune – si poggia lo sport, sulla giustizia il continuo miglioramento dei rapporti di forza sociali, e così via.
Per diretta conseguenza, poi, il valore umano di un popolo sarà direttamente proporzionale al valore dello stato in cui vive e da cui è governato – anche per l’ovvio motivo che lo stato è soprattutto il popolo da cui è formato.
Se manca anche soltanto uno di quei pilastri – ovvero se solo uno sarà inefficiente e/o inadeguato, inevitabilmente lo stato traballerà non poco, e la sua stessa essenza giuridica traballerà senza più una sicura e affidabile solidità.
Se due di quei pilastri saranno fallaci nel loro compito istituzionale, lo stato s’inclinerà pericolosamente verso il basso, verso lo sfacelo, e se ancora saprà sostenersi esso faticherà in maniera indicibile per cercare di mantenere la residua solidità.
Oltre, nessuno stato può sorreggersi, dacché la sua funzione giuridica viene innegabilmente e inevitabilmente delegittimata – ugualmente come ogni utilità di un’auto sarà nulla e pure assai pericolosa se questa verrà fatta girare con una sola ruota. Se in tale situazione lo stato si vorrà mostrare ancora in piedi, senza dubbio lo farà attraverso l’inganno, la falsità della propria realtà, l’insincerità sulla propria situazione effettiva.
Se lo stato si porrà così in una situazione di delegittimazione del proprio scopo sociale e istituzionale, il popolo stesso che lo compone perderà ogni sua facoltà di potere, dacché la demos-crazia - il potere del popolo – non avrà più l’elemento su cui e in cui esercitare il proprio potere. Sullo stato ricadrà inoltre una colpa pesantissima, per aver annullato e distrutto il diritto di governo naturale del popolo, affidato per l’appunto dal popolo stesso allo stato ed ai suoi rappresentanti, come avviene in ogni struttura statale democratica.
Ogni tentativo di ripristinare l’antico equilibrio, e dunque di nuovamente innalzare l’efficienza dei quattro pilastri, se non profondissimo, rivoluzionario e radicale, sarà inutile – e ancor più infruttuoso lo sarà se mirerà a cambiare qualcosa pur mantenendo intatta la struttura che è crollata. Sarà come voler intonacare i ruderi di una vecchia casa ormai distrutta, ed addirittura pretendere che qualcuno vi vada ad abitare fissamente: certo quei muri parranno più nuovi, ma resteranno pur sempre ruderi, senza più utilità ed anzi – probabilmente – pericolosi per chiunque vi sosterà anche solo vicino, per probabili e prevedibili nuovi crolli.
Per ovvietà, una trasformazione radicale come quella appena prospettata – che abbia l’effetto di una vera e propria “purificazione”, di eliminazione ogni nefasta maceria – abbisogna di una classe politica di livello superiore, che sappia tagliare ogni ponte con quel passato politico che, con la sua azione (o inazione) deleteria, abbia contribuito alla rovina dello stato. Dovrebbe in sostanza saper recuperare l’originario valore della gestione della polis, allontanandosi quanto più possibile dal valore attuale che essa rappresenta; ma questo è argomento di cui ora non si vuole disquisire, e che ci devierebbe nella sua sostanza dalla trattazione qui in sviluppo.
Continuare dunque a sostenere uno stato in tali condizioni di sfacelo, per il popolo stesso – anche nelle attività statali più banali assegnate al cittadino quale può essere qualsiasi elezione politica - sarà dunque ed evidentemente autolesionistico: a quella auto con una sola ruota, inservibile, si vorrà continuare a mettere benzina, insensatamente. Inoltre, per quanto sopra affermato, quel popolo che continuerà a sostenere uno stato allo sfacelo – anche tramite il semplice lassismo e la mollezza qualunquista della propria società – sarà trascinato nello stesso sfacelo “umano”, e prova di questa imminente rovina sarà il fatto stesso che esso non saprà rendersi conto di ciò.

II.
Se lo stato non ha il coraggio e la forza d’animo di reagire contro il proprio male, ed anzi continua e continuerà a fingere che tutto vada bene – si veda quanto brevemente esposto appena sopra circa la valenza della classe politica al governo - al cittadino resta in pratica solo un mezzo per conseguire comunque la necessaria delegittimazione dell’ente “stato”, ormai inservibile e crollato su sé stesso – dunque in pratica già autodelegittimatosi - e per generare l’indispensabile tabula rasa atta ad una rinascita di una nuova entità statale finalmente di valore, preziosa “dimora” per la salvaguardia della vita e garanzia della libertà di ogni persona che in essa abiti: tale mezzo sarà il non voto, cioè l’astensionismo da qualsiasi suffragio politico. Ovvero, la più palese dimostrazione popolare di sfiducia verso la classe reggente dello stato e delle sue istituzioni fantasma, togliendo ad esse con movimento secco e deciso la poltrona a cui sempre mirano e su cui si rammolliscono pascendosi del proprio potere e dei propri privilegi. Se uno stato è veramente democratico, cioè si basa effettivamente sul potere del popolo, il quale conferisce a suoi rappresentanti il governo della nazione, automaticamente, nella situazione di cui sopra, perde qualsiasi legittimità, dacché resta privo del suo supporto basilare, il consenso popolare – ovvero il riscontro dell’appoggio del popolo esercitante la crazia.
Se tale ipotesi parrà in contrasto con l’essenza del diritto stesso al voto del popolo, si osservi ciò: il voto è un diritto, che le strutture statali di potere hanno infine mutato e distorto in dovere, dacché bisognose del voto popolare per avere il potere necessario al controllo politico dello stato. Ma è e resta un diritto, e il valore di un diritto non è mai univoco: ovvero, non si esercita il diritto al voto soltanto votando, ma anche non votando! Così come, se si ha diritto a ricevere un premio, si può benissimo decidere anche di non ritirarlo: è l’usufrutto dell’altra faccia del diritto stesso, niente più. E se il premio vinto non è per nulla bello o interessante – ovvero: se il votare non porta a nessun buon risultato e vantaggio per chi vota – perché devo essere costretto comunque a ritirarlo, dunque provocandomi da solo uno svantaggio?
Purtroppo il popolo – con una doverosa e responsabile presa di coscienza della prospettiva politica e dell’inabilità statale, necessaria qui come la migliore e più assennata coscienziosità è necessaria in ogni altra opera umana - deve obbligatoriamente valutare questa ipotesi, dolorosa, estrema ma non estremistica dacché spinta da una forza di ri-costruzione, di rinnovamento, e non di mera distruzione e dissolvimento di quanto è in essere, anche se palesemente negativo. Deve finalmente esercitare la democrazia per la democrazia: qui vi è il futuro, con tutta probabilità, per non fare che tutto continui nell’indifferenza – come chi detiene il potere spera, per continuare questo suo dominio – e che, appunto, il futuro non sia soltanto una sempre più squallida copia del presente: il presente nel futuro significa evoluzione – e questa è la norma, non il contrario – il futuro nel presente che non può che significare involuzione…

III.
Ora: è assai semplice prevedere la più importante obiezione che un potere politico reggente potrà offrire in fronte alle considerazioni fin qui espresse: “noi sapremo garantire quella capacità politica superiore con la quale potremo garantire la massima efficienza dello stato e dei suoi pilastri fondamentali!”… Questa è d’altronde una delle promesse più classiche che ogni forza politica esprime in prossimità di votazioni, cioè quella di essere una forza nuova, di rinnovamento, diversa da ogni altra del passato e dunque di innovazione della struttura statale…
Ebbene: una tale obiezione portata da mandatari dello stato delegati attraverso il sistema democratico all’esercizio del potere e, quindi, della rappresentanza popolare, sarà l’ennesima pietra tombale posta sopra la più vera e giusta democrazia e il diritto del popolo in quanto esso stesso “stato” - come già affermato: lo stato è il popolo che rappresenta; non solo, dimostrerà palesemente come la visione “ufficiale” della realtà di quel potere politico sia ben lontana dalla verità: esso non avrà capito nulla di nulla della questione e della sua gravità.
Si ribadisce: è lo stato che, senza più il sostentamento dei suoi pilastri fondamentali, crolla! Per riprendere uno degli esempi fatti nel corso di questa esposizione, ad un’auto a cui manchino tre delle quattro ruote, un politico si metterebbe alla guida reclamando che i votanti continuino a mettervi benzina – quando è del tutto evidente che ciò sia inutile – e pure pretendendo che essa sia efficiente, affidabile, veloce e sicura come un mezzo normale e integro! Ogni classe politica, di qualsiasi ideologia essa sia portatrice – ogni rappresentante di quella classe che si proponga per il governo di uno stato in quelle condizioni richiedendo il voto popolare, non potrà mai combinare nulla di buono per quello stato! Egli con il proporsi al voto e dunque anelando un posto nel sistema politico statale, non farà altro - in buona sostanza – che accettare in toto quel sistema stesso e dunque l’intera essenza strutturale dello stato: tanto più che ne rivendica persino il controllo del potere! Per logica conseguenza, ogni promessa di rinnovamento e/o di cambiamento che egli solennemente pronuncerà per farsi eleggere non può avere alcun valore, per come si baserà ancora completamente sul vecchio e – come visto – delegittimato sistema!
E’ questo da cambiare, il sistema, che con la sua deficienza – ovvero mancanza di efficienza - e fallacia ha permesso lo sfacelo di quei fondamentali pilastri reggenti lo stato! E se è semplice concludere che la colpa per tale deleteria inadeguatezza nell’organizzazione politica del sistema /stato sia da imputarsi a quelle classi politiche che nel passato ne hanno governato la realizzazione, è altrettanto evidente che nessuna odierna classe politica che per conseguire il potere si adatti a quello stesso sistema potrà ottenere un qualche buon risultato: con il solo adattarsi – come già dimostrato – in realtà dimostrerà fin da subito la sua totale mancanza di volontà e dunque qualsiasi possibilità di azioni migliorative e di sviluppo.

IV.
Ora bisogna solo aprire un poco più gli occhi, e riflettere. Quando lo stato venga a perdere l’efficacia e il valore di quei quattro pilastri fondamentali, tanto che da essi nessuna utile derivazione per l’organizzazione statale “pratica” possa nascere senza quegli stessi difetti – dunque “contaminando” l’intera base politica – nel senso originario del termine – sulla quale deve poggiare lo stato nel suo essere ente giuridico simbolo di una demo-crazia, esso è sostanzialmente delegittimato: ovvero, per la sua inefficacia non può legittimare i compiti e gli scopi per il quale venne costituito. In tal caso, questo stato automaticamente delegittimerà pure il potere principale su cui poggia e di cui ha bisogno, il potere di voto del popolo, con il quale l’elemento fondante dello stato - appunto il popolo, - conferisce il governo dello stato ad alcuni suoi rappresentanti che, a loro volta, di quel potere ne devono difendere tutto il valore che possiede in una normale democrazia.
Quando addirittura lo stato, perpetrando ad oltranza l’inefficacia della sua struttura, con la conseguenza di disgregare sempre più la consistenza dei pilastri fondamentali su cui si poggia – e tuttavia continuerà a pretendere il voto popolare per preservare il proprio potere – si può concludere che addirittura si porrà in sostanziale antitesi verso il proprio popolo, del quale appunto pretenderà l’appoggio elettorale ma il cui valore – insieme al proprio compito fondamentale di assicurare la massima efficienza statale per garantire la migliore qualità di vita possibile - getterà sprezzante alle ortiche…
Va da sé che al popolo, dunque, così sdegnosamente trattato dalla classe politica a cui abbia conferito il governo delle proprie cose statali, resta in pratica un solo mezzo di rinnovamento – per quel rinnovamento che i politici da sempre promettono ma che – come si è ben palesato – mai potranno attuare, ed è quel non voto poc’anzi illustrato.
A tanti sembrerà una soluzione estrema o addirittura sovversiva, quando viceversa è esattamente in antitesi a qualsiasi pensabile sovversione, dacché mirante a ripristinare un equo, giusto ed funzionale stato delle cose nella struttura dello stato – dunque concretamente mirante ad uno scopo non solo utile ma certamente auspicabile per ogni cittadino. In realtà è facilmente e tristemente osservabile come la reale sovversione sia invece dall’altra parte, dove invece doveva conservarsi ed agire la migliore manutenzione dell’efficienza pubblica…
E’ necessaria – come già affermato - una doverosa e responsabile presa di coscienza della prospettiva politica e dell’inabilità statale, come è necessaria la migliore e più assennata coscienziosità in ogni opera umana: sulla base di ciò bisogna poi decidere ed agire, se sarà il caso; ma quanto meno si potrà nuovamente sancire il diritto di potere al popolo che è alla base della democrazia, così ridonando valore concreto e giovevole a quello stato che si potrà finalmente definire rappresentanza piena, preziosa e legittima di un popolo.
Si ribadisce: bisogna solo aprire un poco più gli occhi, e riflettere.


(Calolziocorte, 26 novembre 2002)


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Guerra 1 - Un sermoncino fuori dal coro


Ho ricevuto una e-mail, qualche giorno fa, con oggetto “Preghiera per la pace”, che così recita:
Tutto quello che devi fare è:
1. Dire semplicemente questa preghiera per la PACE e la persona che ti ha inviato il messaggio:
"Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in Terra, dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. Amen".
2. Poi, inviala ad altri dieci persone. Poco dopo, 10 persone avranno pregato per te e tante persone avranno pregato dio per altre persone.
Apprezza il potere di Dio nella tua vita, per fare ciò che a Lui piace. Se non hai vergogna di fare questo, per favore inviala. Gesù disse, "Se tu hai vergogna di me, io mi vergognerò di te davanti al Padre mio". Se ami Dio e non ti vergogni delle cose meravigliose che ha fatto per te, invia questo messaggio a 10 persone ed alla persona che te l'ha
inviato.
Ciao a tutti e... GRAZIE! (Soprattutto a chi me l'ha mandata!!!)
Grazie ancora!


Mi sono permesso di rispondere ad essa con una riflessione personale, che di seguito Vi riporto:

"Un sermoncino fuori dal coro…"
"A volte, osservare la realtà e la verità delle cose del mondo da un punto di visione opposto rispetto al solito, può fornire una scena nuova delle cose stesse, una nuova idea – e, in ogni caso, dotare di esse di una maggiore pienezza d’immagine, dunque di una parimenti maggiore possibilità di coglierne la realtà effettiva… Ciò – forse, vale ancor più in quei momenti storici nel quale il nostro povero mondo sembra scosso da sferzate di insensatezza, di stoltezza, di ottusità, quanto deleterie non possiamo sapere ma possiamo intuire – per quanti esempi giusto la storia dell’umanità può dare in proposito… Tuttavia, anche la più fervida memoria storica sovente si smarrisce, quando non sia illuminata da una comprensione della realtà che sia la più piena e ampia possibile – come prima si diceva…
Siamo sull’orlo di un probabile conflitto, il quale pare a molti – e al sottoscritto in primis - assai lontano da una qualche sostenibile motivazione belligerante, e invece più legato a fattori di “potere globale” – che sia politico, economico o finanziario, strategico/militare o cos’altro… Una guerra del tutto artificiosa, dunque, e falsa nei propri reali scopi… Tanti si mobilitano contro questa nefasta possibilità, in modi e forme diverse: ma quanti di questi modi sono effettivamente e concretamente animati da “veri” e realistici sentimenti di pace?
Voglio dire: ben venga ogni forma di affermazione e di difesa della pace, quando esse siano vere, pure nella loro essenza e nel significato più profondo, e non potenzialmente di parte, ipocrite, affettate…
Ci viene chiesto di pregare dio per la pace, di apprezzare il potere di dio nella vita, per fare ciò che a lui piace, di non vergognarsi delle cose meravigliose che ha fatto… Or dunque: o il nostro buon dio è un gran burlone, oppure un serio doppiogiochista, oppure ancora della nostra povera Terra non gli interessa nulla, forse più impegnato a seguire un altro pianeta abitato da una razza evidentemente più intelligente di noi… Perché dovrebbe impedire questa guerra, quando non ha fatto nulla per impedire tutte le altre precedenti guerre, a volte ancora più insensate di questa? Perché tutte questo sforzo di preghiera non si è avuto nelle altre occasioni? Forse che ci siano delle guerre di serie A ed altre di serie B o C? Forse che gli uomini che potrebbero morire sono diversi in un luogo rispetto ad un altro, dove valgono meno?…
Ammettiamo che il nostro sforzo di preghiera convinca dio a cambiare il corso della storia: beh, io mi incavolerei non poco, e gli direi: senti un po’! Non potevi fare lo stesso in passato, per guerre dove milioni di innocenti sono morti per motivi assurdi? Forse che di essi non t’importava nulla?
A meno che il buon dio, come detto, non sia un doppiogiochista… A sostegno di ciò si potrebbe portare il fatto che, contemporaneamente a Bush che invoca dio affinché protegga l’America e i suoi soldati nell’imminente conflitto e doni loro la vittoria, il Papa invoca dio affinché preservi a pace e non faccia scatenare alcuna guerra… Ma, se non erro, entrambi sono cristiani, entrambi cattolici, dunque entrambi invocano lo stesso dio! E allora? Con chi sta? Se ci sarà la guerra, che dovremmo concludere? Che il dio della pace è invece un guerrafondaio?
In verità io temo che il nostro buon dio voglia invece vedere fino a che punto può giungere l’ottusità umana, e ci lasci fare liberamente: ci lasci guerreggiare, ci lasci sterminare vicendevolmente, ci lasci distruggere il nostro meraviglioso pianeta, la cui bellezza evidentemente non sappiamo comprendere… Temo che sia stufo di tanta ipocrisia imperante in chi governa i popoli, in chi ci impone cosa fare, come agire; sia stufo di chi faccia tutto ciò a nome suo, di chi si è permesso, “in nome di dio” – “in come di ciò che a lui piace”, di compiere per secoli le più tremende efferatezze, di chi ha fatto che l’umanità, nel mentre che il tempo andava avanti vero il futuro, restasse ferma nella più triviale stoltezza, tanto debole da essere incapace di comprendere veramente come stanno le cose nella realtà, assoggettandosi a comandi per compiere azioni non sono ipocrite, affettate, doppie, ma del tutto inutili per questo nostro mondo e per il suo futuro… Gesù Cristo ha vergogna, sì, ma di chi da sempre usa il suo nome per dominare le menti, e per compiere liberamente le più turpi azioni giustificandole dietro il consenso di dio…
Credo che sia giunta l’ora di compiere “vere” azioni in beneficio del nostro mondo e della nostra civiltà, e che la prima di esse sia “rinnovare” le nostre coscienze, e finalmente aprirle ad una concreta, realistica ed effettiva comprensione delle realtà del mondo e delle verità che ne formano il senso; così forse vedremo quello che deve essere il vero valore della pace, un valore assoluto, oltre ogni potere politico, religioso, economico, oltre ogni ideologia, oltre ogni divinità.
Tutto sommato, potevo sostituire tutto questo mio fin troppo lungo “sermone” con un breve aforisma di Friedrich Nietzsche – uno che dell’uomo, del mondo e della sua vita aveva capito molto: se la gente, quando si alza al mattino, non si proponesse di recitare una preghiera ma invece si proponesse di compiere anche soltanto una buona azione, probabilmente il nostro mondo sarebbe un poco migliore di quello che è…
Ringrazio di cuore chiunque abbia voluto leggere questo scritto fino in fondo, e chiedo perdono se ho sottratto fin troppo tempo e attenzione.
Grazie ancora!
Luca"

(Calolziocorte, 07 Marzo 2003)



Guerra 2 - Terrorismo? E che cos’è?

Saddam Hussein? E chi è?
Osama Bin chi???…
Così, probabilmente, risponderebbe il Presidente degli USA George W.Bush se gli si dovessero fare le relative domande di soprassalto - se non fosse che, solertemente, sopraggiungerebbe un suo segretario personale che gli ricorderebbe tutto quanto e cosa dire, così che egli possa rispondere come si confà a Bush stesso in quanto Presidente degli USA in questo particolare momento storico…
Ovvero – in parole più povere, e detto chiaro e tondo, riscoprendo ancora una volta l’acqua calda: a George Bush non gliene frega un accidente di terrorismo, di Saddam Hussein, di Osama Bin Laden o quant’altri per essi – non almeno ora, in relazione al possibile inizio di una nuova guerra contro l’Iraq. L’unica cosa che interessa a Bush – e a chi sta dietro il Presidente degli USA, che, occorre ricordarlo, sovente agisce per come gli intimano di agire, che è un modo elegante per dire che non è lui il personaggio che detiene il “vero” potere del cosiddetto “nuovo ordine mondiale” (si dice “fantoccio” in tali casi, ma mi pare un epiteto fin troppo ingiurioso) – è di riuscire a controllare la futura spartizione di una incalcolabile montagna di denaro, sotto forma di petrolio e di suo sfruttamento.
Ora alcune evidenze, giusto per far comprendere meglio la situazione:
- L’Iraq è il secondo detentore al mondo di riserve di petrolio, dopo l’Arabia Saudita.
- Gli Stati Uniti acquistano circa il 9% del loro fabbisogno petrolifero dall’Iraq, ma questa cifra, insieme agli acquisti di greggio negli altri paesi produttori, sarà inevitabilmente destinata a salire, così come salirà la domanda legata all’avanzare del processo tecnologico e della produzione e del relativo mercato.
- Alcune grosse compagnie petrolifere europee e russe hanno già acquistato i diritti di usufrutto del petrolio iracheno, una volta che potrà essere controllato dagli “occidentali”; in certi casi, infatti, agli USA converrà di più detenere la proprietà dei pozzi ma vendere il diritto all’estrazione a compagnie estere, dalle quali poi potrà acquistare petrolio ad un costo assai conveniente, risparmiando non poco rispetto ai costi di un eventuale proprio sfruttamento diretto.
- Con il controllo dei pozzi iracheni, diretto o indiretto, e con quello già in corso dei giacimenti kuwaitiani e arabi – oltre a tanti altri – gli USA si assicurerebbero una sorta di quasi-monopolio sulle riserve mondiali di greggio, con ritorni economici ingentissimi…
…Talmente ingenti, aggiungo, che qualsiasi calcolo spaventoso sui costi di una eventuale guerra all’Iraq svanisce come polvere al vento (di guerra), così come svanisce l’eventuale, inevitabile sacrificio di vite umane: che sono qualche centinaio o migliaio di morti, contro una benefica ricaduta economica dalle cifre con infiniti zeri? E’ lo stesso ragionamento di chi possiede una Ferrari, e dal carrozziere per un piccolo danno spende svariate migliaia di Euro – cifra che non spenderebbe mai chi possiede una “banalissima” utilitaria: pur di continuare poi a gloriarsi di quel proprio status symbol, non c’è spesa che tenga!
Peraltro, a chiosare quanto sopra, viene subito evidente una considerazione, solo superficialmente di tutt’altra natura: fare che avvenga questa guerra, e tutte le altre guerre “d’interesse” di questo tipo, significa anche contribuire ad uccidere più velocemente questa nostra amata Terra! Perché?
Dunque: ormai lo sanno anche i bambini che il petrolio ed i suoi derivati arrecano più danni alla salute del pianeta - ed alla nostra, ahinoi! - che vantaggi; eppure, questa guerra verrà appunto combattuta per aumentare l’utilizzo di petrolio da parte dei paesi più tecnologicamente avanzati… Guarda caso, gli USA, promotori dell’attacco a tutti i costi, sono tra i più vivaci oppositori del Protocollo di Kyoto, celebre e osteggiatissimo documento che potrebbe cominciare a gettare le basi per una maggiore salvaguardia del nostro pianeta – che è casa nostra, non dimentichiamolo mai… Il tutto perché, a tutt’oggi, sul petrolio girano talmente tanto soldi che chiunque arrivi a mangiare solo un poco di quella enorme torta, si ingrassa tremendamente – ovvero, s’arricchisce inopinatamente; dunque, per lo stesso motivo, oggi ci sarebbero le necessarie tecnologie per creare fonti di energia alternativa che ci renderebbe indipendenti da ogni spesa e, soprattutto, puliti dal peggior inquinamento, che invece non vengono sviluppate perché non c’è abbastanza da “mangiarci” sopra…A tal proposito, ci sono dei bei esempi di repubbliche delle banane nelle quali, se effettivamente ci abitassero dei gorilla, il livello di civiltà e di intelligenza “politica” sarebbe ben più alto di quanto si possa riscontrare! Appunto, l’Italia! Il nostro sarebbe uno dei paesi più avanzati nella ricerca tecnologica sulle energie alternative ed a basso impatto ambientale, ma da sempre i suoi “geniali” politici hanno tentare di mangiare anch’essi almeno un po’ della grande torta petrolifera – spinti a ciò, invero, da interessi di personaggi più o meno sconosciuti che hanno sempre tramato dietro i destini del paese (non faccio nomi, tanto li sapete…). Viceversa, ad esempio, la Francia ha deciso già da anni di investire un poco di più su quelle nuove risorse energetiche, tanto che al di là delle Alpi è abbastanza facile vedere centrali solari o eoliche… Risultato: oggi l’Italia, per coprire il proprio fabbisogno energetico, è costretta ad acquistare energia elettrica dalla Francia, ad un costo ben superiore di quanto sarebbe quello di una produzione analoga interna, sviluppata dagli studi che in passato erano in corso!.. Premio Nobel per la demenza politico-economica!

Che fare ora? -  verrà da chiederci…
Beh, qualcosa si può e si deve fare – cogliendo peraltro due piccioni con una fava… Qualcosa di concreto si deve assolutamente fare, che sia utile e benefico oltre ogni considerazione di carattere ideologico; che sia ben più utile di qualsiasi digiuno (buono solo per ricuperare un po’ la linea), di qualsiasi preghiera a qualsiasi dio (buona solo per estraniarsi ancor di più dalla realtà del tempo presente), di qualsiasi blocco di treni o sciopero (buoni solo per far parlare di sé la TV e i mass-media)…
Un esempio? E’ già in corso in molti paesi (Gran Bretagna, USA, Francia, Austria, Germania, Australia ed altri) la campagna “StopEssowar” per il boicottaggio della Exxon, la più grande multinazionale petrolifera del mondo, e della Esso, il cui marchio europeo è di proprietà Exxon, appunto. Motivi (alquanto validi, almeno a mio parere): sarà la Exxon a fornire l’esercito USA e tutte le basi NATO – comprese quelle sul territorio italiano - del carburante necessario a tutta la campagna bellica, nonché a trarre i più elevati profitti dall’eventuale “conquista” dei pozzi in Iraq, dei quali controllava, prima del 1991, circa il 25% (non bisogna dimenticare che, prima di quell’anno, Saddam Hussein era un “amico” degli USA…). Del resto proprio la Exxon, in occasione delle elezioni presidenziali statunitensi del 2000, contribuì alla campagna elettorale dell’ex-petroliere (altra cosa da non dimenticare…) George W. Bush con oltre un milione di dollari, ricevendo come “regalo” di ringraziamento la già citata mancata ratifica del Protocollo di Kyoto (come vedete, tutti i conti tornano…), nonché il permesso all’estrazione petrolifera in aree protette – altro potenziale pericolo di distruzione ambientale – e, dulcis in fundo, la rimozione del presidente dell’International Panel on Climate Change, organismo di difesa ambientale internazionale che, appunto per bocca del proprio presidente, aveva indicato nell’uso dei combustibili fossili come il petrolio la principale causa dei cambiamenti climatici in corso…
La campagna “StopEssowar” (informazioni su www.stopessowar.org ) invita i consumatori a non rifornirsi più alla Esso, e a comunicarlo tramite l’invio di una cartolina, che può essere spedita anche direttamente dal sito sopra indicato.

Ma ci sono molte altre iniziative “attive” contro questa guerra e contro le ipocrisie della nostra “emancipata” civiltà, utili mille e mille volte più di puerili manifestazioni di piagnisteo popolare che non fanno altro che aggiungere ulteriore e becera ipocrisia a quella che già, come detto, si diffonde nelle azioni di molti poteri che dominano le nostre società. Si può creare un nuovo mondo libero solo attraverso un nuovo libero pensiero e dunque una nuova coscienza diffusa, anche rendendosi conto che noi siamo comunque esseri liberi, e nessuno mai potrà decidere come dominare il mondo senza il nostro esclusivo consenso. Voi sareste contenti se il/la vostro/a spasimante, per regalarvi un gioiello o un orologio, uccidesse una persona innocente che possiede quel regalo? No, ovviamente! – perché se rispondereste di sì sareste complici di quell’omicidio…
Tutto ciò – ci tengo a precisarlo – senza considerare la probabilità che Saddam Hussein sia veramente un dittatore che sostiene il terrorismo e che detenga armi di distruzione di massa (ma si è visto che ciò, a George Bush, non interessa granché), senza essere antiamericani, contro Bush (in fondo non è lui la fonte dello sbaglio ma questo è insito nell’intero sistema sul quale anche noi tutti viviamo agiatamente) o contro la guerra in assoluto (ci sono anche guerre giuste, nonostante tutto) e, soprattutto, restando all’estremo opposto siderale di qualsiasi ideologia religiosa, politica o quant’altro, ovvero di ciò che forse più di ogni altra cosa è da sempre elemento avverso alla tanto anelata pace.

(Calolziocorte, 14 Marzo 2003)


Guerra 3 - Ma è proprio giusto che lo comandino loro il Nuovo Ordine Mondiale?
Dubbiose riflessioni sull’egemonia USA nel controllo della situazione geopolitica internazionale

I.
“Non tutte le ciambelle riescono col buco” recita il celeberrimo motto, che tanti riscontri oggettivi trova da sempre nella realtà. La ciambella può venire difettosa per via di ingredienti scadenti, per il dosaggio scorretto, una errata cottura o quant’altro… Ora ammettiamo che vi si presenti un tale, che si annunci come il più grande pasticciere del mondo e che vi porga delle credenziali in base alle quali sembra che la ciambella che egli preparerà avrà un buco perfetto: di fonte a cotanta sicurezza verrà facile concedergli la fiducia! Ma se la sua tanto decantata ciambella uscirà anch’essa senza il buco in centro?
La realizzazione del cosiddetto NWO, “New World Order” o Nuovo Ordine Mondiale – ovvero dell’assestamento geopolitico del nostro mondo e in particolare di tutte le varie situazioni di potenziale instabilità presenti nello scacchiere politico internazionale – sembra in pieno corso; il conflitto attuale in Iraq ne è una delle più concrete manifestazioni. Presentato come la panacea ai mali del mondo offerta dalle nazioni occidentali più progredite in aiuto delle nazioni più sfortunate, è in realtà un grande progetto di sistemazione del mondo portato avanti con forza dagli USA soprattutto con l’avvento alla Casa Bianca del Presidente Bush Sr., ed avente lo scopo di adattare certe situazioni geopolitiche instabili agli interessi soprattutto statunitensi – politici e militari primariamente, ma poi e forse principalmente, a quelli industriali/economici; in parole povere, il NWO si prefigge di eliminare i nemici politici degli USA e, per rimando secondario, dei paesi “amici”, così spianando la strada all’espansione del sistema economico occidentale – ancora una volta palesemente “guidato” da grandi corporazioni industriali di provenienza americana.
Portato avanti più blandamente dal Presidente Clinton – per ragioni o reticenze politiche, difficoltà “storiche” del momento, o chissà quali altri motivi… - il NWO ha ripreso gran vigore con il figlio del Presidente iniziatore, George W.Bush; esso è concepito certamente in chiave “globalizzante”, e non per nulla l’attuale Presidente americano si è eretto a paladino degli interessi del mercato globale, che da sempre annuncia come la più ovvia e giusta evoluzione del sistema economico mondiale.
Ora: non si vuole in questa sede discutere dei vantaggi e degli svantaggi che la realizzazione di un Nuovo Ordine Mondiale, per come è stata progettata, provocherà; chiunque ne troverà a favore o contro, e il rischio è quello di impantanarsi in una discussione senza via d’uscita. Si vuole invece discutere e porre una questione, che pare sorgere soprattutto dagli ultimi eventi geopolitici: chi ha il diritto di “comandare” questo NWO? Ovvero: gli USA sono realmente in grado di comandare il NWO?  Ne hanno il diritto e, soprattutto, le capacità?
Va da sé constatare che un diritto di “prelazione” – diciamo così – e di comando sulle cose del mondo di origine “occidentale” gli USA l’hanno virtualmente guadagnato come trionfatori dell’ultimo grande conflitto su scala mondiale, che ha concesso loro l’inevitabile alleanza della maggior parte dell’Europa nonché il godimento di certi privilegi soprattutto di natura militare. Erettisi nella guerra fredda come baluardo della libertà occidentale contro la minaccia comunista, hanno basato su ciò molto del valore della propria politica estera che, da questo punto di vista e apparentemente, ha saputo vincere anche questa “guerra” virtuale che ha accompagnato il mondo fino a 10 anni fa.
Inevitabilmente, questa posizione di predominanza sulla parte più importante del mondo – quella più avanzata, più progredita, più ricca – ha posto gli USA alla guida dell’Occidente; e questa guida si è rafforzata grazie alla particolare struttura industriale del paese americano, la cui espansione è sempre stata sorretta dal governo politico del paese – molto più di quanto è mai successo nei paesi europei, almeno apparentemente. Lo scopo di questa possente “avanzata americana” è da sempre lo stesso che sta alla base del NWO: adattare quanto più possibile i paesi esteri al modus operandi americano, nella struttura politica e sociale prima e poi in quella economica e industriale, in modo da crearsi continuamente nuovi alleati in giro per il mondo. E siccome “alleanza” significa anche “amicizia”, e quest’idea veniva propugnata dalla nazione apparentemente più libera e progredita del pianeta, il tutto è stato da sempre presentato come la giusta via per fare del mondo intero un luogo di pace, libertà, progresso e amicizia.
Il che è del tutto palese e giusto – se visto da occhi americani; il che era ben visto anche al di qua dell’oceano Atlantico, dalle nazioni alleate degli USA – che in ogni caso non hanno mai detenuto, da dopo la fine del secondo conflitto mondiale, la forza e la capacità politiche di creare una posizione alternativa a quella americana; peraltro l’unica nazione antagonista degli USA, l’Unione Sovietica, è crollata con il crollo dell’utopia pseudo-comunista che la reggeva, lasciando ancora più campo aperto alla strategia americana.

II.
Ma! – ora cominciano i “ma”, ebbene sì…
Fin dalle prime manifestazioni di quel progetto di predominanza politica mondiale che solo dopo molti anni si sarebbe denominato NWO, la “guida” americana si è sempre manifestata soltanto attraverso l’interventismo militare, e qualsiasi azione diplomatica “pura” ha fatto quasi sempre da preambolo ad una azione bellica: vedasi Corea, Vietnam, il primo Iraq, la Somalia, la Serbia, il secondo Iraq e tanti altri casi della storia più recente… In effetti, verrebbe da considerare ovvia la tesi che il raggiungimento di una equa armonia di pace, amicizia e progressi fra nazioni diverse del mondo dovrebbe essere ricercata e conseguita solo attraverso analoghi mezzi: cosa quasi mai successa, purtroppo… Con ciò non si vuole certo dire che una qualche azione bellica sia sempre da evitare, dacché l’ottusità del genere umano ha purtroppo reso la guerra una evenienza sempre da considerare; tuttavia, sembra semplice concludere che la maggior parte dei conflitti degli ultimi anni potessero essere tranquillamente evitabili ottenendo risultati assai migliori di quelli ottenuti dalle armi, con soltanto un poco più di volontà diplomatica e di capacità di giudizio e comprensione della realtà: un poco più di umano discernimento, verrebbe da dire…
Analizzando infatti l’opera degli USA come guida del progetto NWO, possiamo constatare certe disfatte “storiche” che non furono solo militari ma anche e soprattutto politiche – quando anzi sul campo venne conseguita un’apparente vittoria – ancor più nell’ottica di quell’assestamento mondiale che è lo scopo del NWO. Si veda la Corea, divisa in due con la parte Nord che ora si manifesta come potenziale e pericolosa nemica degli USA; si veda il Vietnam, nel quale l’intervento americano in sostanza rese ancor più confuso e instabile lo scacchiere geopolitico; la Somalia, con analoga situazione finale, o la Serbia, nella quale non si può certo dire che le cose siano state risolte – e i recenti eventi di cronaca lo dimostrano…
Un secondo “modello” di realizzazione del NWO da parte degli USA è stato attuato con un intervento indiretto nelle situazioni di instabilità, soprattutto sotto forma di aiuti militari più che politici – ma è da notare come l’aiuto politico, in questi casi, serve sempre a giustificare un aiuto per lo più militare, poco o tanto celato. Tuttavia, anche in tali situazioni, non si può certo dire che l’opera americana abbia dato buoni e positivi frutti – per gli USA e per il mondo intero… Un caso su tutti: Saddam Hussein, l’attuale terribile nemico degli Stati Uniti, non era un grande alleato degli stessi fino a pochi anni fa – e da essi “foraggiato” in tanti modi? Oppure ancora: la presenza diplomatica americana in Medio Oriente, soprattutto nello scenario israelo-palestinese, ha portato ad un qualche miglioramento della situazione?
Vi è poi un terzo modello di realizzazione del NWO da parte degli USA, svincolato da interventismi più o meno militari e all’apparenza prettamente correlato all’azione della struttura economico-industriale americana. Non serve dire che la voce principale in materia è “petrolio”: ed effettivamente molti degli alleati degli USA in Medio Oriente e nella penisola Araba – o secondariamente in altre zone del mondo – basano la propria alleanza sui profitti economici che l’azione delle imprese americane sul loro territorio garantisce… Tuttavia, non è proprio il petrolio la causa scatenante dell’attuale conflitto iracheno? E non è proprio con i proventi del petrolio che molti personaggi arabi – da Osama Bin Laden in giù – hanno costruito la rete terroristica internazionale anti-americana e anti-occidentale – o sarebbe meglio dire anti-alleati degli USA – che si è drammaticamente rivelata in tutta la sua pericolosità l’11 Settembre del 2001?

III.
Torniamo al quesito centrale di questa dissertazione, ed aggiungiamovi un ulteriore domanda: e se gli USA, nel progettare la strategia che sta alla base del NWO, avessero sbagliato tutto? Ovvero: e se non fossero capaci di “sistemare” il mondo in maniera equa, giusta, pacifica e fruttuosa per tutti, come vogliono farci credere?
Come detto, giudicando i risultati ottenuti dalla loro politica estera “generale” – militare, diplomatica o industriale – dare una certa risposta verrebbe naturale…
Lungi da qualsiasi considerazione sull’argomento “imperialismo” – in fondo, nulla prova che un azione considerabilmente “imperialista” non possa che portare conseguenze deleterie, e l’abuso “strumentalizzante” contemporaneo di tale terminologia è persino esagerato… - è opportuno valutare più in profondità il problema.
Uno degli scopi annunciati del NWO è portare una nuova e pacifica armonia in situazioni geopolitiche instabili – come già visto. Ebbene, detto così il concetto parrebbe del tutto sostenibile, anche e da chi “subisce” l’intervento di “sistemazione”, dunque facilmente destinato al successo, ma quasi sempre non è stato così. Ma come è stato evidenziato finora, lo scopo principale delle azioni del progetto NWO non è stato quello di sistemare le situazioni instabili – non quello primario, appunto, ma semmai di spianare la strada per un facile espansionismo economico, ben instaurato tanto da fruttare ottimi “benefici” nel più breve tempo possibile. In parole povere: gli “strateghi” del NWO non si sono mai mossi per uno scopo filantropico, ma soltanto per ricercare nuovi profitti, di varia natura; ciò è palesemente dimostrato dalla totale assenza di volontà di intervento in tutte quelle realtà nazionali instabili, il cui territorio non detenga importanti interessi – strategici, politici, industriali, economici. In fondo si scopre l’acqua calda: in quante nazioni poverissime dell’Africa sono in corso guerre del tutto dimenticate dalle “grandi” diplomazie occidentali?
Non è per fare i moralisti che si può affermare che un mondo basato sul profitto – spesso inseguito ad ogni costo – sarà sempre un mondo instabile, dilaniato da ostilità, scontri, guerre piccole o grandi – soprattutto quando quei profitti avvantaggeranno moltissimo una parte a scapito di tante altre: la storia dell’umanità lo dimostra, in fondo, e forse ancor più la cronaca contemporanea. Non è sbagliato ricercare il profitto – si intenda – ma è profondamente errato ricercarlo con le modalità utilizzate finora da chi lo ha fatto. Se per sfruttare dei giacimenti petroliferi si scatenano delle spaventose guerre, con tutti i relativi danni, non vi sarà mai profitto pieno e soprattutto equo, e presto o tardi gli effetti di quei danni si ritorceranno contro chi li ha provocati… Se in un progetto di pretesa stabilità mondiale si innestano dei “particolari” interessi di parte, capaci di creare un grande guadagno per chi li coltiverà, quale stabilità si potrà mai ottenere – se peraltro si deve considerare che molti di quegli interessi di parte hanno ben vivo nel loro manifestarsi il germe della più grande e pericolosa instabilità? E’ come se un bracconiere con fucile carico si facesse eleggere a capo di un’associazione di difesa degli animali selvatici, e pretendesse pure di avere massima libertà di azione!
Insomma: è inutile dire che quando un interesse è di parte – dunque non è generale, unanime, collettivo, capace di creare beneficio per la più gran fetta di popolazione possibile – sempre e per sempre creerà malumori, avversioni, scontri. Immaginatevi che decidano di abbattervi casa per costruire un meraviglioso campo da tennis riservato ad un club privato: sareste contenti di ciò, anche se da quell’opera alcuni ne trarranno un godimento? Se si accetta, si è lodevolmente filantropi, o si è profondamente stupidi? Se quanto meno in quel campo lascerebbero giocare liberamente anche voi, forse la situazione cambierebbe, risultando un poco più accettabile…
Ma andiamo oltre. Si è già visto prima come una pretesa armonia planetaria ottenuta attraverso le armi non potrà mai essere ottenuta, ed anche le più grandi guerre hanno abbisognato del dialogo, infine, per concludersi ed ottenere una certa sistemazione delle situazioni createsi. Gli USA, potenzialmente, per quanto detto prima, hanno la voce più grossa delle altre, una voce certamente capace di zittire qualsiasi altra, anche usando parole del tutto dolci e amichevoli; hanno – o forse è meglio dire “avrebbero” tutte le capacità necessarie per esercitare al meglio la fine “arte” della diplomazia… Invece, da sempre, per imporre la loro supremazia politica a livello pressoché planetario essi usano la forza militare, contando pure sulle forze armate più moderne e virtualmente più efficaci del mondo – ma che peraltro non sempre hanno saputo trarre il profitto voluto dalle proprie operazioni: Vietnam docet, come detto poc’anzi… Una forza politica “imponente”, forte della propria struttura logistica nazionale come quella statunitense, dovrebbe avere automaticamente in sé il controllo della più convincente diplomazia, ovvero di un dialogo forte e deciso tenuto ammissibilmente con la spada in pugno, ma vincente comunque senza mai usare alcuna arma, utile semmai come mezzo di ancor più efficace persuasione; viceversa, quella spada si è sempre mossa ed ha sempre tirato fendenti, mentre le parole che dovevano essere forti e persuasive si sono infine sempre disperse nel vento causato dal vigoroso movimento dell’arma… L’uso reiterato della forza in quasi tutte le situazioni politiche internazionali nelle quali gli USA hanno deciso di intervenire, dimostra in buona sostanza l’effettivo fallimento della diplomazia americana, nonché il valore nullo della propria forza politica. Se si è sempre costretti a usare il pugno per imporre la propria volontà, non si fa altro che dimostrare tutta la propria debolezza di natura, e l’incapacità sostanziale di far valere il proprio valore; è come il classico bullo di quartiere, che per imporsi sugli altri mena cazzotti a chiunque gli si pari davanti, dimostrando di non essere capace di fare altro, di non avere idee, di non avere alcun valore… Chi si propone di comandare, di porsi a modello per altre realtà affinché queste vi si adattino, di guidare un cammino – in questo caso di potenziale e preteso progresso – deve assolutamente avere il carisma per farlo; se per ottenere ciò si è costretti a usare costantemente la forza, ebbene, è evidente che quel reclamato carisma è del tutto privo di fondamento…
Peraltro – ribadiamo – non sembra proprio che questa strategia di forza americana, messa in campo al fine di ottenere gli scopi del progettato NWO, abbia portato a tutti quei “magnifici” risultati annunciati: non solo l’instabilità del mondo è aumentata, ma l’attentato dell’11 Settembre 2001 alle Twin Towers ha dimostrato che – piuttosto di sistemare le cose del mondo a proprio favore – gli USA si sono tirati addosso un sacco di pericolosissimi nuovi problemi. E - sarebbe da sperare – si sarebbero dovuti render conto che questi nuovi problemi sono stati per la maggior parte causati proprio dalla loro politica estera – militare, economica, industriale e così via: si è già detto come Osama Bin Laden e quei vari sceicchi arabi antiamericani abbiano fatto i soldi che utilizzano per finanziare il terrorismo grazie al petrolio, e si sa che la maggior parte del petrolio arabo è commercialmente in mano alle compagnie petrolifere americane…
Probabilmente, se gli scopi effettivi del NWO sarebbero stati quelli, filantropici, di sistemare le situazioni di instabilità e pericolosità militare del mondo, chi il NWO comanda avrebbe dovuto quanto meno fermarsi un attimo a riflettere sulla strategia utilizzata fino a questo momento, e se non fosse il caso di ripensarla, cercando di capire cosa c’è che non quadri… Invece, l’attuale nuovo conflitto in Iraq dimostra che gli USA continuano nel loro solito modus operandi, ed anzi voci d’agenzia parrebbero rivelare che l’amministrazione Bush Jr. – paladina come mai dell’imposizione a tutti i costi di questo NWO – stia già pensando ai nuovi obiettivi post-Iraq, tra cui Siria e Iran. I timori di una incontrollabile escalation bellica, non solo nella zona medio-orientale, non sarebbero certo infondati; di contro, gli USA mirano certamente al totale controllo della zona e di tutte le sue risorse, e di eliminare il terrorismo o cose affini sembra non vi sia traccia nei veri scopi perseguiti – e d’altronde non si capisce come un atto di violenza quale è comunque una guerra – giusta o sbagliata che sia – possa portare la bontà e l’amicizia tra quelle popolazioni che la subiscono! Credo che chiunque al mondo, se dovesse subire una guerra con tutti i rischi del caso per avere un poco di cibo in più da mangiare, ci penserebbe più di due volte se accettare tale situazione o meno! L’amministrazione Bush Jr. dovrebbe cercare di farci capire che “metodo di libertà” è quello che, per liberare il popolo iracheno dalla dittatura di Saddam Hussein, distrugge la maggior parte del suo paese! Ma si intenda: con ciò non si vuol essere contrari a priori ad un metodo del genere, ma soltanto leggere la realtà delle cose per come si presenta, considerando tutto quello che essa custodisce – e in cui, si ripete, la voce “terrorismo” sembra del tutto marginale, soprattutto se raffrontata alle voci “conquista di una nazione strategica”, “sfruttamento dei giacimenti petroliferi”, “profitti”, “accrescimento della propria potenza”… Che lo scopo di eliminare Saddam Hussein quale sostenitore del terrorismo internazionale anti-USA è nel conflitto iracheno del tutto secondario, se non nullo, è cosa peraltro palesemente dimostrata da come gli Stati Uniti non hanno mai voluto considerare il lavoro degli ispettori ONU, gli sforzi della diplomazia internazionale e il diniego all’azione bellica di tanti alleati, soprattutto europei; è evidente che altre motivazioni ben più proficue stanno alla base della nuova guerra in Iraq, il cui perseguimento è ritenuto dagli USA ben più importante di qualsiasi Osama Bin Laden, di qualsiasi arma chimica vera o presunta, di qualsiasi probabile strage di civili o dramma umanitario e così via…
Insomma: tale strategia alla base del NWO, si è visto che ha portato soltanto danni negli equilibri geopolitici mondiali; continuare a perseguirla potrebbe – si usa il condizionale, ma il timore è forte, come detto – peggiorare ancor più la situazione globale, visto tutto quanto sopra esposto. Non solo: su questa questione si è ora generato un nuovo problema – un nuovo elemento potenzialmente negativo a pregiudizio del NWO: chi aveva certo più di chiunque altro il diritto di poter “capitanare” un progetto di ordine mondiale, ovvero l’ONU, è stata completamente annullata dall’azione bellica americana, e ridotta ad un fantoccio senza potere alcuno, e senza valore diplomatico. Non credo che molti si siano resi conto che questo fatto fa precipitare il nostro mondo ad un “punto zero”, nel quale tanti fragili equilibri internazionali hanno visto il piccolo puntello che li sorreggeva svanire di colpo; l’ONU è stata in pratica delegittimata, e ciò genera un pericoloso precedente dalle conseguenze imprevedibili. Certo a breve vedremo molti stati impegnarsi per ridare all’ONU un minimo di quella dignità diplomatica perduta, ma è vivida l’impressione attuale di una formichina del tutto sovrastata da un gigantesco elefante – e l’elefante è chiaramente gli USA… Probabilmente è questo il problema principale attuale provocato dal nuovo conflitto iracheno e dalla situazione politica internazionale, e forse tutto ciò era anche stato calcolato dagli strateghi del NWO, il cui progetto è in effetti piuttosto avverso a qualsiasi altra egemonia politica e diplomatica internazionale che non sia centrata a Washington: un tal progetto di ordine mondiale doveva per logica essere discusso in una sede di “interesse” mondiale quale è l’ONU, ed è più che evidente che ciò non è stato fatto.

IV.
Per concludere: la realtà storica contemporanea sembra palesemente indicare il fallimento di qualsiasi strategia di ordine mondiale progettata, e la conseguente fallimentare capacità di comandarne l’evoluzione da chi questo compito ha preteso, gli USA. Il dubbio che questa incapacità nel poter portare avanti un progetto globale di armonia tra le nazioni del mondo sia effettiva è assai forte, e nulla fanno gli USA per confutare questa evidenza – nemmeno dal punto di vista strettamente militare, come la cronaca recente del conflitto iracheno dimostra, con le polemiche ed i sospetti che il piano strategico messo in atto dalle truppe americane sia stato in molti suoi aspetti sbagliato – visto anche il clima di totale anarchia che regna al presente nella città di Baghdad e nelle altre città irachene, potenzialmente pericoloso per le stesse truppe angloamericane - paventando una ulteriore incapacità strategica di quello che dovrebbe essere il miglior esercito del mondo, con i migliori comandanti: lo spettro del Vietnam aleggia minaccioso, come molti sostengono… E’ facile peraltro prevedere che questa guerra verrà infine totalmente vinta dalle truppe angloamericane, ma a che prezzo? E con quali sforzi effettivi – che a noi comuni cittadini di questo mondo non verranno mai rivelati? Visto tutto quanto sopra, sarà una vera vittoria?
O sarà un nuovo preteso trionfo vantato da chi vuole far vedere di saper comandare il mondo intero, quando invece ha purtroppo ampiamente dimostrato di non averne le capacità pratiche?
In fondo, questo scritto è un grande atto d’amicizia nei confronti degli USA: è la pacca sulla spalla di una persona che chiede ad un amico a cui tiene molto: ehi, fermati un attimo e rifletti! E’ tutto giusto quello che stai facendo?

(Calolziocorte, 03 Aprile 2003)


Nota dello scrivente in aggiunta al testo, in data 15 Aprile 2003:

A corollario di tutto quanto sopra, e soprattutto di quanto affermato sulla reale natura della guerra in Iraq e sui suoi effettivi scopi, si vuol far notare una cosa quanto meno sconcertante, che ben pochi giornalisti occidentali hanno saputo e voluto comunicare.
Nel mentre che i portavoce delle truppe angloamericane annunciavano, dal quartier generale della coalizione in Qatar, che ormai la maggior parte dei pozzi di petrolio iracheni – e dei relativi giacimenti – è sotto il controllo alleato, rallegrandosi peraltro del fatto di aver trovato i pozzi in condizioni migliori di quanto si pensasse, a Baghdad andavano in fiamme i palazzi nei quali trovavano sede la Biblioteca Nazionale e il rinomato Museo Archeologico, anche per la totale mancanza di un controllo di polizia e di un piano di sorveglianza “sociale” operato dalle truppe americane giunte in città, e che di logica sarebbe dovuto essere necessario. Ovvero: di un popolo – buono o cattivo che possa essere - di cui si è annunciata in pompa magna la liberazione e il ritorno alla vita in tutti i suoi aspetti, si è lasciato che andasse letteralmente in fumo buona parte della sua cultura, cioè il cuore palpitante dell’identità di ogni popolo terrestre – una cultura, bisogna ribadirlo, che per molti aspetti è stata anche culla di quella nostra occidentale nella quale oggi noi ci crogioliamo, e ciò mentre, si ripete, gli americani esultavano per aver conquistato quasi tutti i pozzi di petrolio – e le immani montagne di denaro che essi rappresentano…
Se questo è il "nuovo ordine" che si vuole impartire al mondo futuro…


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DOMANI ANDRA’ PEGGIO


Prendo a prestito il titolo del recente libro della giornalista israeliana Amira Hass e ne faccio il senso principale dei miei pensieri, mentre ricevo la notizia "tanto" attesa… E così, come ampiamente, assolutamente, dogmaticamente prevedibile, il nuovo capo della chiesa cattolica è il feldmaresciallo delle S.S. Joseph Ratzinger (dove "S.S." sta ovviamente per "Sacre Scritture", e "feldmaresciallo" ovviamente ad indicare il grado supremo di ufficiale della gerarchia clericale!): evento del tutto prevedibile, come detto, non certo perché già si sapeva che egli fosse tra i papabili, che entrava in conclave con già un tot di voti saldamente a suo favore, o che nessun altra figura forte fosse presente tra i cardinali eleggibili… Prevedibile perché, come la storia insegna, ogni potere che abbia di fronte un potenziale pericolo di difficoltà, piuttosto che affrontarlo preferisce chiudersi a riccio nella propria stessa potenza dominante, in quanto ogni potere che si imponga alle masse in modo dogmatico e non democratico – sia esso religioso, politico, economico o altro – è in realtà un potere debole, incapace di vivere ed agire proficuamente nella realtà in cui sussiste, ed alquanto fragile come l’ideologia di potere che pretende di imporre. Il pontificato di Karol Wojtyla è stato certamente massmediatico – soprattutto per la strategia propagandistica imposta dalla chiesa ai mass-media - e si conosce bene come e quanto ciò che passa per la TV diviene per il pubblico massificato - e per ciò adattato alla disattenzione ed alla inconsapevolezza – realtà e verità accettate pedissequamente; per questo fatto tale pontificato ha potuto rappresentare una sorta di periodo aureo per la chiesa e per la sua propaganda di potere, peraltro riuscendo dietro esso a nascondere tutte le controversie presenti nell’opera di Wojtyla: perché se la chiesa è riuscita a fare una buona pubblicità di sé, non è invero riuscita a dare un buon valore alla propria presenza nella realtà contemporanea, agendo nella maggior parte dei casi in modo conservatore più che innovatore, ed è inutile dire che qualsiasi cosa che perda il passo con la realtà – e sottolineo la realtà, più che il progresso – prima o poi rischia inevitabilmente di cadere…
A mio parere è alle porte, potenzialmente, un periodo di declino per la chiesa, come spesso succede dopo un periodo di ascesa, che si potrebbe manifestare primariamente nella difficoltà evidente di trovare un altro personaggio, come Wojtyla, così idoleggiato dalle televisioni; invero, la questione è ben più profonda, perché a minare le fondamenta del potere e dell’influenza religiosa sulla società contemporanea vi sono argomenti forti nella sostanza e sempre più pressanti, rimasti sostanzialmente irrisolti con il precedente pontificato, e che tuttavia appaiono fondamentali per il futuro della chiesa nella realtà presente, dal momento che di questa sono consistenze imprescindibili. La scelta di Ratzinger, pur essendo palesemente una scelta di transizione, vista l’età del nuovo papa, è anche e soprattutto una scelta di chiusura verso quegli argomenti, un alzare una barricata dogmatica verso cose che quei dogmi spesso mettono in discussione, un mettersi in difesa per respingere gli attacchi del cattolicesimo “progressista” già così osteggiato da Wojtyla e, soprattutto, dell’esigenza di emancipazione presente in una civiltà veramente protesa verso un futuro proficuo: è un chiudersi a riccio, come detto, tipico di colui che, privo di una vera forza di contrasto verso ciò che non approva e dunque della possibilità di dimostrare la propria idea contro quella altrui nel libero e democratico confronto, punta i piedi e scuote perennemente la testa, in un “no” eterno verso tutto ciò che non è conforme alla volontà della chiesa – anche se si trattasse della cosa più naturale, più giusta, più benefica, più provvidenziale per il mondo intero che mente umana possa formulare; è, al nocciolo della questione, la reiterata negazione del libero pensiero, dunque della stessa precipua personalità dell’essere umano che decide di sottomettersi ai dettami della religione, che tuttavia – ahinoi! – ha effetto anche su chi sceglie di non accettare questo potere… “O si pensa o si crede”, diceva Schopenhauer: nuovamente la chiesa rifiuta qualsiasi dialogo, e sceglie la forza per imporre la sua potenza sulle masse, come fu d’altronde in passato e con conseguenze ben più terrificanti… In tale ottica “storica” inquieta abbastanza che il nuovo papa sia stato il capo del Sant’Uffizio; in un ottica più realista, inquietano parimenti molte dichiarazioni pubbliche di Ratzinger, di cui si può e si potrà leggere e sapere sui e dai mezzi di stampa meno conformati, il che dimostrano che la raffinata teologia di cui egli sarebbe studioso, alla resa concreta dei conti, si sperde in nullità insulse come, un esempio su tutti, la trita e ritrita panzana del rock come musica del demonio: ennesimo segno dell’inconsistenza dell’ideologia religiosa, che storce la libera volontà di fede di un individuo per costruirci sopra un potere ben poco teologico, invece molto più logicamente terreno e materiale (8 per mille docet!). Con tale inconsistenza alla base, come potrebbe la chiesa affrontare con una propria consapevole consistenza d’argomenti – teorica e pratica – le realtà presenti nella civiltà contemporanea? Come già detto, e come la storia ci ricorda, non le affronta, richiudendosi nel proprio conservatorismo che in molti aspetti puzza alquanto di integralismo ideologico; tuttavia, ogni fortezza pur possente, se non si ristruttura adeguatamente, prima o poi crolla: e non avviene per alcuna violenza, dacché è il tempo, in primis, a sgretolarne i muri, forse lentamente, certo inesorabilmente…
Affermo tutto questo, lo preciso nettamente, coi piedi ben saldi in terra, spirito necessariamente pratico e senza superficialità impulsiva, ovvero: non discuto certo della raffinatezza intellettuale in sé di Ratzinger, che anzi posso ammirare come ammiro ogni mente virtuosamente pensante, ma discuto l’effetto concreto, tangibile di essa, dacché se da tal raffinatezza scaturisce una limitazione o negazione di libertà, e intendo quella libertà che l’uomo ha per propria natura e di cui deve godere per poter dirsi veramente vivo, mi duole ma personalmente non posso considerarla una cosa buona e giusta, come potrebbe essere una raffinata intellettualità avente effetti pratici… In più: se, a quanto sembra, il sunto del “nuovo” ovvero vecchio, raffinato pensiero papale è “tutto ciò che fa la chiesa è giusto, tutto ciò che fanno altri è ingiusto”, quel mio dolore assume ahimè toni anche sgomenti…
Domani andrà peggio dunque, con questo papa, per chi sceglie liberamente e consapevolmente di non accettarne il potere, e di non assoggettarsi dunque alle imposizioni ideologiche della chiesa sulla società, purtroppo spesso agenti anche dove la laicità dovrebbe imperare (sulle leggi dello stato, ad esempio: la legge 40 sulla “fecondazione assistita”, ed è già nel mirino dei “cannoni” vaticani la legge sull’aborto…); andrà peggio perché un papa del genere porta con sé il principio di un pensiero reazionario contro chi non si vi vuole conformare, perché rifiuta nella maggior parte dei casi il dialogo e il confronto, perché si impone attraverso i dogmi, cioè con quanto vi è di più opposto e nemico al concetto di “verità”; il laico, il non cristiano, il non credente, l’ateo e l’agnostico e ogni altro “non allineato” (il buon santo padre novello li ha anche definiti “il male del mondo”), rischiano seriamente di venire messi all’indice come “individui pericolosi per la società” – per quella società su cui la chiesa impone e domina – ma, più in generale e più gravemente, c’è il rischio che il potere religioso e la chiesa, nel mondo, diventino da elemento di equilibrio a “postazione di fuoco”, con la pretesa di imporre un “dialogo impari” per il quale, sempre, solo e comunque, la verità è da questa parte, e tutto il resto è perciò di principio fallace, dunque inferiore, dunque subordinabile…
Però – a mio parere – dopodomani andrà peggio per loro, per la chiesa e per il suo potere, perché, con la strategia d’azione che il conclave ha palesato, rischiano veramente e profondamente di distaccarsi del tutto dalla realtà del mondo: è prevedibile che il nuovo papa provocherà molte discussioni interne al corpo della chiesa, già presenti e peraltro già indirizzate verso la figura di Ratzinger, ed è prevedibile che molti pezzi verranno persi (uno di essi potrebbe essere quello legato all’evoluzione della cosiddetta teologia della liberazione, generatasi appunto anche in contrasto all’azione teologica di Ratzinger come capo della congregazione per la dottrina della fede); è da ribadire inoltre quanto detto circa la chiusura conservatrice del potere religioso, che è indice di debolezza e di un principio di declino, che dimostra altresì un rifiuto della comprensione della realtà, il che è indice anche di stoltezza politica… E molti credenti, abbagliati dalla influenza massmediatica di Wojtyla, forse a breve riusciranno a riaversi ed a capire un poco di più cosa potrebbe succedere nella chiesa, ed all’essenza del loro voler essere cattolici…
Non sono ottimista, è palese, e in fondo ho sempre il timore che, tra dieci o cento o mille anni, possano tornare i tempi oscuri e nefasti dell’inquisizione – così come, per fare un raffronto storico “volante”, al tempo in cui erano attivi i roghi degli “eretici” l’Islam sembrava una religione moderna e “illuminata”, che garantiva certe libertà che mai la chiesa garantì nei suoi domini… Tuttavia il mio pensiero è libero abbastanza da lasciare aperta la speranza che il Ratzinger papa potrà essere più aperto e disponibile del Ratzinger capo del Sant’Uffizio; e non ho voluto qui affrontare i punti fondamentali del pensiero del nuovo pontefice, perché appunto di essi e delle valutazioni relative si potrà certamente avere conoscenza da molti organi di stampa – occorrerebbero peraltro libri interi per l’approfondimento concettuale di tale dissertazione - e perché questo scritto vuole essere prettamente premonitore, e resta coerentemente conforme a quella speranza poco sopra espressa.
Vedremo, dunque, e consapevolmente giudicheremo: per ora mi alleno al peggio per ambire al meglio, certo nell’intimo che il futuro sarà più fosco per loro, non per me…


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LACRIME INUTILI

Nelle domenica e nei lunedì di ogni settimana, gli organi di informazione stilano i bollettini di guerra delle ormai consuete, ordinarie, normali “stragi del sabato sera”, con i soliti giovani morti in auto e in moto, di giorno e di notte, per velocità, sorpassi azzardati, inettitudine di guida, spesso per stati di coscienza alterati (alcol, droghe, eccetera, ma anche per propria naturale imbecillità…), e con i soliti, inevitabili genitori che piangono queste giovani vite spezzate, questi “poveri”, “sfortunati” figli il cui destino “ha riservato” una fine così atroce…
Poveri? Sfortunati? Un destino atroce? Ma basta! - basta demagogia, per carità! Con tutto il più profondo rispetto per i loro genitori e il tremendo dolore provato – parti in causa involontarie e per ciò forzatamente miserrime nella sorte, per loro sì infausta! – per questi giovani che guidano auto sulle nostre strade, tra le case e i paesi come fossero tanti Schumacher, o moto come Valentino Rossi, ogni lacrima che non sia di rabbia verso la loro demenza è assolutamente sprecata! Giovani istupiditi da chissà quale devianza sociale che vanno a duecento all’ora e si schiantano contro muri, pali, lampioni: dovrei piangere e rammaricarmi per loro? Motociclisti che prendono normali e tortuose strade come le piste del Motomondiale, finché sbagliano curva invadendo la carreggiata opposta e ammazzandosi contro un bus che se ne andava per la sua strada: devo dispiacermi, dolermi per loro? Oh no, grazie: sono troppo realista e virtuoso per elevare il mio sentimento verso emozioni immeritate! Chi sfida la morte senza averne coscienza, per ciò sentendosi forte ma in realtà dimostrandosi debolissimo, non può non finire in quegli atroci modi, perché in fondo se li è conquistati – ovvero non ha fatto nulla, e niente di ragionevole e ovvio, per evitarli. Anche l’alpinista estremo sfida la morte su una parete difficilissima, ma ha preparazione, la giusta prudenza e soprattutto ha paura, perché è consapevole del rischio, e vi adatta corpo e mente affinché il pericolo diventi più visibile, comprensibile, affrontabile, e superabile. Se uno, viceversa, non è nemmeno in grado di percepire un pericolo enorme come quello che si manifesta nel correre a velocità smodata con un auto su strade le cui condizioni impongono palesemente moderazione e prudenza, come può evitare la peggior fine possibile? Ovvero, come può aver una buona consapevolezza della propria vita e del valore di essa, in generale, tanto da meritare di viverla come chiunque altro e senza una tale dose di insania?
Provo il più gran dolore, invece, e oltre che per i succitati genitori nel cui incidente mortale s’uccide anche la luce vitale dell’affetto verso il/i figlio/i, cioè una buona parte di loro stessi, anche per quei poveracci che, incolpevoli, tranquilli sulla loro strada, prudenti, assennati, vengono coinvolti in quegli incidenti, e assai spesso ne sono vittime – una sorte in tal caso veramente atroce, dacché ha la forma di un vero e proprio omicidio preterintenzionale: un’auto lanciata a velocità folle nel buio della notte su una strada di campagna è un’arma, innegabilmente, come se sparasse alla cieca così che, prima o poi, qualcuno becchi! Questi tanti morti, vittime di altrui demenze, schizofrenie e paranoie, non meritano l’affronto dell’indulgenza verso chi li ha uccisi, ma il più profondo omaggio, semmai, da parte di quelli che guidando follemente la loro auto nella notte sono ancora vivi, e non hanno ancora ammazzato nessuno – e chi vi dice che i prossimi ad essere centrati da un’auto impazzita o da una moto fuori controllo non sarete proprio VOI?
Sarò qui stato duro, molto duro, violento con i sentimenti, cinico – ma realista, e assai filantropo, se qualcuno mi ha compreso appieno, e proprio con coloro verso cui mai cadrà alcuna lacrima.

(25 Luglio 2005)

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DIECI VALIDI E CONCRETI MOTIVI (PIU’ UNO) PER NON POTERSI DIRE FIERI DI ESSERE ITALIANI (NONOSTANTE LE MIGLIORI INTENZIONI)


1. Perché l’istituzione statale che dovrebbe rappresentare il popolo italiano, ovvero l’Italia in quanto stato, è miseramente fallita, nonostante pindariche evoluzioni politiche la facciano credere ancora viva e vegeta. Lo stato italiano ha fallito in tutti i campi: nel formare e regolare i pilastri fondamentali della società civile (la giustizia, la scuola, la sanità, l’industria e quant’altro: nulla che funzioni come dovrebbe), nel difendere un’immagine di prestigio che veniva dalla storia (l’Italia è la patria del Rinascimento: chi lo direbbe, oggi?), nel difendere e promuovere quei valori propri di una società virtuosa (e non parlo di banale, volgare patriottismo, ma di consapevolezza civile e politica, educazione, cultura, etica), nel non essere ormai più la somma “istituzionale” dei suoi tanti cittadini, ma al contrario un’entità unica e univoca che non conta e non considera più i suoi cittadini, per seguire e mirare ai propri meri interessi di potere. L’Italia ha fallito perché non è più uno stato al servizio dei suoi cittadini, ma uno stato che si serve dei suoi cittadini, ed ha fallito perché la sua essenza civica è risultata nella realtà storica talmente debole da permettere la totale corruzione di intenti della propria classe politica: e uno stato nel quale il politico, piuttosto che essere il primo servitore di esso e dei suoi cittadini, ne diventa il primo privilegiato sulle spalle di tutti gli altri, è uno stato fallimentare, senza tema di smentite.
2. Perché il sistema sul quale si è basato lo stato italiano, nel tempo e velocemente si è corrotto da non permettere più allo stato stesso di manifestarsi in maniera virtuosa, ma anzi, in un circolo vizioso sempre più irrefrenabile, è divenuto il supporto fondamentale per la decadenza e il fallimento di esso. Ciò perché è un sistema privo di una vera base civica (sembra che i fondatori della repubblica abbiano voluto creare un ottimo specchietto per le allodole con la costituzione, lodata da molti ma il cui senso risulta del tutto lontano dalla realtà effettiva!) e palesemente composto da furberie, macchinazioni, ipocrisie, modi mafiosi, turlupinature, ingiustizie, iniquità (che conseguentemente generano le solite cose “all’italiana”: raccomandazioni, mazzette, tangenti, inciuci e quant’altro), “peculiarità” che mai potranno essere eliminate perché giusto su di esse si basa e prolifera quella classe politica il cui potere dovrebbe essere proprio l’eliminatore, e che invece le agevola perché da esse scaturisce il serbatoio elettivo necessario al mantenimento del potere e delle poltrone di comando conquistate.
3. Perché la sua classe politica, oltre a quanto appena detto ai punti precedenti, ha ormai dimostrato e sancito la propria cronica incapacità di governo dello stato, non sapendo far altro che tirare avanti la carretta con i metodi esposti al punto precedente. Il politico dovrebbe essere il maggiordomo dello stato, colui che riceve i comandi e i bisogni dei cittadini e cerca di esaudirli in modo soddisfacente; viceversa, è colui che sottomette e rende servitori i cittadini, infischiandosene dei loro bisogni per inseguire costantemente il proprio fine, cioè la conservazione del potere nel presente e per il futuro. In tal modo ogni azione di interesse collettivo intrapresa, non essendo conformata al reale miglioramento della condizione sociale e civile generale ma solamente avviata per ottenere la massima illuminazione personale e/o del proprio club politico, risulta infine di importanza concreta scarsa o nulla, di valore civico misero, inefficace al bene dello stato se non sovente nociva ad esso e ai suoi cittadini: da cui si evince che la classe politica italiana, rappresentante prima dello stato, ne è parimenti il primo e più evidente esempio di fallimento.
4. Perché lo stato italiano, incapace di risolvere i propri problemi, li rende normalità. Molti enti statali vanno allo sfacelo – ma è normale che gli uffici pubblici non funzionino bene; per il più semplice esame in un ospedale pubblico c’è da aspettare per mesi interi – ma è normale che in Italia si debba andare per “vie private” per ottenere un esame clinico; la rete stradale è orribile, e tante opere non vengono concluse – ma è normale che le strade italiane facciano schifo, e che tante opere non si finiscano per burocrazia, tangenti o quant’altro; c’è pieno di evasori fiscali e di costruzioni abusive – ma è normale che in Italia un bel condono fiscale arrivi a sanare tutto; non sa punire gli autori di reati spesso terribili – ma è normale che in Italia molti la facciano franca; il Parlamento è pieno di inquisiti e condannati per reati vari – ma è normale che il politico italiano si possa sempre salvare; non sa sconfiggere la mafia – ma è normale che in Sud Italia e non solo vi sia la mafia…
5. Perché con l’elevata imposizione fiscale e il relativo gettito che lo stato impone e ricava dai cittadini, in Italia dovremmo avere ponti e strade laminati d’oro, semafori coi vetri di pietre preziose, palazzi pubblici dai pilastri di platino, vie pedonali lastricate da sampietrini di smeraldi, diamanti e lapislazzuli, ospedali con camere sfarzose più che una suite presidenziale di un grand hotel e rendite pensionistiche statali degne di uno sceicco arabo… Invece, le tasse continuano ad aumentare, la quantità e la qualità dei servizi pubblici diminuiscono costantemente, gli sprechi di denaro pubblico restano immutati (cioè tanti) e lo stipendio e i privilegi dei politici si rimpinguano regolarmente… Tutto ciò rende la tassazione in più rispetto a quella necessaria per il mantenimento dei servizi pubblici esistenti (che è poca cosa, visto ciò che lo stato può offrire) una vera e propria frode ai danni del cittadino.
6. Perché purtroppo lo stato italiano è rimasto ed è da tanti secoli rinchiuso, con assai poco agio, nella gabbia della religione e del potere della chiesa, e perché il proprio valore civico/istituzionale è stato sempre talmente debole da non riuscire mai ad affrancarsi da tale potere dominante e totalitarista. Il risultato di tale realtà è del tutto palese, e si compendia bene nel profondo sbando sociale che attanaglia la media degli italiani, inevitabile quando il pensiero diffuso venga conformato e traviato, nelle sue basi morali, da una dottrina ideologica basata su dogmi, su negazioni di verità innegabili, su ipocrisie, su falsità e sull’effetto di efferatezze passate e presenti (l’immane scandalo della pedofilia, ad esempio, che in un popolo veramente civile provocherebbe una insurrezione generale contro la chiesa, mentre in Italia tutti tacciono perché, in fondo, “il papa è tanto buono”!…). E’ fin troppo facile prevedere che lo stato italiano, finché si inginocchierà riverente a questa chiesa (il problema, si comprenda bene, non è la chiesa in sé, ma ciò che è, che ha fatto e che fa), si dimostrerà del tutto fallimentare anche sul piano etico/morale e umano…
7. Perché è crudele costringere un individuo civile a girare per vie cittadine ridotte a immondezzai, per strade in cui regna la rozzezza automobilistica, per città d’arte le cui meravigliose opere vanno a pezzi o sono chiuse per beghe burocratiche, ad avere a che fare con una profonda e diffusa maleducazione, ad andare in uno stadio e rischiare di essere accoltellato, a non poter godere del fresco di un parco cittadino col pericolo di essere assalito da orde di tossici e spacciatori, o costringerlo a vedere programmi televisivi che definire dementi è poco, o non poter liberamente esprimere il proprio pensiero senza essere inquisito per reati ancora regolati da norme giuridiche di ispirazione fascista, oppure…
8. Perché il frutto di tutto quanto finora scritto, cioè l’italiano medio, purtroppo e suo malgrado è per tutto quanto finora scritto alquanto lontano dall’essere un buon elemento di evoluzione per la civiltà umana. Indotto ad essere un individuo civilmente grossolano, ha colpa nel non riuscire a capire questo suo stato, e non può campare discolpa nel fatto che, sicuramente, c’è al mondo chi è peggio. Per questo egli si merita lo stato – e tutto quanto di statale – che ha e in cui “vive”; per questo, dategli una bella auto, un telefonino e un bel paio di tette in Tv, egli crederà di essere felice, e sulla barca che sta affondando penserà invece di fare un bel bagno… Chi ha a cuore la vita del mondo in cui il genere umano vive, non può che comportarsi in maniera opposta, e dissociarsi da un tale esempio di cittadino…
9. Perché essere paragonati a qualche personaggio del Grande Fratello che “rappresenta un campione attendibile della popolazione italiana e dei suoi usi e costumi”, oppure andare all’estero e non essere più riconosciuti come conterranei di Dante o di Giuseppe Verdi ma di Totti che sputa e di Don Tano Badalamenti boss mafioso o in genere di qualche politicante da strapazzo, è quanto di più irritante e intollerabile che un individuo intelligente e civile può e deve subire.
10. Perché tutti i buoni motivi per i quali si potrebbe (e dovrebbe) essere orgogliosi di essere italiani, sono parte del passato, e ogni individuo percorre un cammino di vita proteso nel futuro, verso cui il pensiero deve necessariamente volgere: ed è verissimo che il futuro migliore è quello che nasce da radici ben salde nel passato, ma purtroppo è altrettanto vero che la realtà dello stato italiano sta distruggendo in tutti i modi il valore del ricordo e dell’esperienza scaturente dalla propria storia, anche della più virtuosa. Per citare nuovamente un esempio già accennato, la grandezza e il valore civile storico del Rinascimento purtroppo si rinchiude nel passato e svanisce nel presente, di fronte all’essenza concreta della classe politica italiana… Oppure si potrebbe mettere un Leonardo, o un Galilei, o un Beccaria, accanto a qualsiasi personaggio politico o di riferimento sociale attuale italiano, ma la cosa risulterebbe troppo blasfema… Insomma: il Titanic è affondato comunque, e nonostante che prima della sua fine fosse la più bella e grande nave del mondo…
11. Ovvero 10+1: il motivo in più. Perché mi scuso se in questo scritto ho urtato la sensibilità di qualcuno, e se il linguaggio utilizzato sarà apparso troppo forte e irriverente, dacché sottolineo fortemente il più alto rispetto umano per chiunque si possa sentire parte in causa di quanto scritto. E con ciò intendo dimostrare la più civile educazione ed un senso civico sempre e comunque costruttivo, pur attraverso la critica più realisticamente accanita – ovvero doti palesemente assenti da tempo immemore nell’opinione pubblica italiana, dalla cui società mi sento anche in questo del tutto dissociato. Per fortuna o purtroppo, come cantò il compianto signor G.

04 Agosto 2005

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Islamismo e cattolicesimo: alcune opinioni

Calolziocorte, lunedì 13 gennaio 2003


Queste brevi riflessioni non hanno nulla a che vedere con l’arte, la musica, la poesia, quindi non credo sia forse interessante pubblicarle su alcun sito, tanto più che io non sono molto brava a scrivere; credo però che possano essere avvicinabili da chiunque al momento poiché riguardano uno degli argomenti più attuali tra le varie tematiche che giornalmente i mass media filtrano nelle nostre case: la convivenza in Italia tra islamismo e cattolicesimo.
Le mie riflessioni traggono spunto da due episodi avvenuti l’uno in conseguenza dell’altro: 1) lo scontro registrato da una rete TV nazionale (TeleSerenissima) tra un esponente di fede cristiana cattolica, Sig. Carlo Pelanda, e un esponente di fede musulmana, Sig. Adel Smith (Emilio di battesimo, mi sembra abbia padre scozzese e madre italiana; è possibile?) e 2) una discussione avuta a pranzo con delle colleghe in riferimento proprio a questo fatto.
Premetto di essere cristiana cattolica poco praticante e di avere amici di colore musulmani, per cui non è mio obiettivo avallare questa più che l’altra religione né tanto meno offendere qualcuno. Per raccogliere i pensieri in modo ordinato cercherò di analizzare i due episodi citati singolarmente.
1) Episodio della lite tra Sig. Pelanda e Sig. Smith
Purtroppo, o per fortuna, non ho visto l’episodio nella sua interezza, ma solo quello spezzone che i TG delle varie reti nazionali hanno avuto interesse a mandare in onda, pertanto mi scuso fin da ora nel caso cadessi in considerazioni incomplete, inappropriate se non addirittura errate.
 Un certo Sig. X di religione musulmana ospite in un paese cristiano (si badi bene che l’Italia è uno stato laico non governato dalla Chiesa come fu invece secoli addietro, tuttavia la religione più diffusa è quella cattolica), si permette di affermare che il crocifisso è semplicemente un oggetto privo di significato oltre che di pessimo gusto (il cadavere di un uomo morto in croce, perché così punito dalla legge romana in quanto considerato colpevole di reato come qualsiasi mascalzone del tempo), e pertanto va tolto dalle pareti delle scuole. Personalmente non mi trovo d’accordo, non tanto perché io sia la Giovanna D’Arco del 2003 ma per una mera questione di principio. E’ ovvio che per un musulmano il crocifisso sia un oggetto senza significati particolari, ma non ritengo giusto verso i cristiani cattolici credenti e praticanti dire una cosa simile come se fosse una verità universale. Sarebbe come dire: il Corano è uno zibaldone di nenie e cantilene senza fondamento. A parte il fatto che non l’ho mai letto e quindi non potrei in nessun modo dare dei giudizi; certo per me non può essere un testo di riferimento (anche se potrei leggerlo per me stessa, per farmi una cultura) e tuttavia non posso proclamare una simile considerazione perché andrei ad urtare le milioni e milioni di persone che lo utilizzano come base  di vita e di preghiera.
 Nessuno deve piegare un musulmano a pregare in una chiesa, a seguire la nostra fede; però ritengo che in un paese dove è ospite – anche ospite gradito, si badi bene, un musulmano debba perlomeno evitare certe espressioni infelici, e soprattutto dovrebbe evitare di dirle con tono categorico e incontestabile. Sarebbe come se un cattolico in un paese musulmano pretendesse di entrare in una moschea con le scarpe come si fa visita a un monumento storico… Penso che sia giusto non rinunciare alle proprie convinzioni continuando però al contempo a rispettare le idee altrui. Ripeto, partendo ancora dall’episodio iniziale: l’Italia è uno stato laico, tant’è vero che la religione è diventata una materia facoltativa nelle scuole pubbliche e private ma non curate da ordini clericali o monastici, quindi si potrebbe anche dire che un crocifisso sulla parete della scuola non fa di un bambino un buon cattolico e che tale oggetto di culto religioso basterebbe per esempio averlo sulla parete della porta di casa. Ma, ragionando così, se il crocifisso non fa la differenza, come si può togliere lo si può anche mantenere nel luogo dove è sempre stato preservato, cosa cambia? Un bambino musulmano non lo guarderà con gli occhi del bambino cattolico, basta far capire ai bambini che non tutti pensiamo le stesse cose e finiamola lì.
2) Una mia collega ha un’opinione tutta sua dei musulmani anche se (purtroppo per me che ho degli amici di questa religione e per loro stessi) tale opinione viene condivisa da moltissime altre persone. Dice che sono dei trogloditi e prepotenti – in riferimento all’episodio citato, che hanno una religione arcaica e una giustizia barbara.
     Sul primo punto non mi sento di discutere; chiedo soltanto questo: chi di noi non ha mai avuto in tutta la vita a che vedere con almeno una persona che abbiamo giudicato troglodita o prepotente? Io ne ho conosciuti alcuni e probabilmente questi penseranno le stesse cose di me. Ritengo l’ottusità e la prepotenza due tra i mille difetti che esulano dalla religione e che si possono riscontrare in qualunque persona, di qualunque età, di qualunque cultura.
    Sulla religione dico solo che per noi è arcaica perché il mondo occidentale non può concepire certi usi e costumi. Ricordo di aver visto un’intervista alcuni anni fa condotta in un gruppo di donne musulmane e mi avevano colpito moltissimo due commenti in particolare, forse perché del tutto contrapposti. Una ragazza, che poteva avere la mia età attuale (25) circa lamentava di dover indossare lo shador (si scrive così?) e sperava di riuscire un giorno a lasciare il paese di nascita per poter vivere in un mondo dove la donna può studiare, avere una professione, votare… Un’altra ragazza, della stessa età, diceva al contrario che per lei libertà significava portare lo shador. Paradossale per le nostre orecchie! Eppure per lei libertà era fare la moglie e la madre di famiglia e professare la sua religione, con tutto quanto essa comporta: senza la sua religione si sarebbe sentita sperduta, incapace di vivere perché risucchiata da un sistema troppo più grande di lei, priva dell’unico punto fisso o riferimento che le era stato prospettato fin dalla nascita. Ripeto: per noi è inconcepibile. Eppure anche nella nostra società vi sono persone laiche, che poco si accostano alla religione e altre che hanno abbandonato addirittura il cattolicesimo per diventare Testimoni di Geova o darsi al Buddismo o a quant’altro, mentre esistono i cattolici credenti che intraprendono la vita monastica, sacerdotale. Anche queste persone non sono  sempre facili da capire. Per esempio: molte persone accettano più di buon grado la figura del prete che si propone in missioni ed altre attività piuttosto che un sacerdote in ritiro spirituale presso un eremo; in fondo: che bene fa alla nostra società quest’uomo da un punto di vista     prettamente pratico? Come si adopera per gli altri? A che serve pensare e pregare mentre c’è gente che ogni cinque minuti muore nel terzo mondo per fame e malattie? E che dire allora delle nostre amabili vecchiette che tutti i giorni, estate o inverno che sia, col caldo torrido e col gelo, si svegliano alle sei per andare alla messa mattutina e partecipare al Santo Sacramento dell’Eucarestia? Forse per noi può sembrare senza senso, o almeno esagerato, ma loro pensano di fare bene; male certo non ne fanno, quindi impariamo a rispettare il loro agire. Infine, giustizia barbara. E’ vero che impressiona l’antica legge del taglione: tu, uomo musulmano, rubi? Via una mano! Da noi non esiste, ma vorrei ben vedere quanti vorrebbero introdurla se cogliessero in flagrante un ladro che si sta allontanando con la loro bella macchinina! E ricordiamoci sempre che negli Stati Uniti, paese occidentale per eccellenza, esistono pene di morte brutali, disgustose. Non parlo delle iniezioni letali che, tutto sommato, lasciano al condannato la dignità nella morte e al giustiziere la relativa serenità nell’esecuzione; parlo invece delle camere a gas e soprattutto della sedia elettrica. Una colpo di sciabola ben assestato è molto più veloce e indolore, come la ghigliottina francese. Altro esempio: tu, donna musulmana, tradisci tuo marito? Sarai lapidata se non picchiata a morte. Ma anche qui, vicino a noi, si sentono tantissimi casi di violenza gratuita all’interno delle famiglie, senza alcuna causa scatenante come un adulterio.
Insomma, quello che vorrei ricordare sempre soprattutto a me stessa è che la materia è molto più complessa di quanto si pensi a volte ed è impossibile, oltre che scorretto (a mio personalissimo avviso), limitarla a poche conoscenze sporadiche delle religioni, senza dimenticare che la religione è anche storia, filosofia e cultura. Un cattolico, parimenti ad un musulmano, può essere una brava persona o una persona cattiva. Pensiamo all’oscurantismo della Chiesa in secoli ormai passati e teniamo ben presente che lo “sporco” è dappertutto, ancora oggi. Un Osama Bin Laden odierno non è peggiore di un papa del passato che abbia permesso terribili torture e roghi sulle piazze cittadine. E’ sempre una questione di cultura. Se fossimo nati noi in un paese islamico?

Marzia Cattaneo



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Considerazione Zero


di Carlo Tau

Martedì, 21 Settembre 2004

Vorrei esporre alcune considerazioni certo un poco dure e anche non poco arrabbiate, delle quali è difficile parlare liberamente con qualcuno senza che questo qualcuno quasi sicuramente non ti epiteti come pazzo o violento o quant’altro, ma tant’è… E comunque sono considerazione ricavate direttamente dalla realtà di tutti i giorni, quella di cui i giornali e la TV trattano in un modo per cui, secondo il mio punto di vista, la gente comune ne ricava una morale sbagliata, storta; anche perché il soggetto delle considerazioni è proprio la gente comune, la gente media anzi: come di fronte ad uno specchio, nel quale ci si osservi ma dal quale si ottenga un immagine diversa da quella reale, dunque non la verità ma una illusione, e da questa ci si faccia illudere e, soprattutto, mistificare… Fermate il mondo, voglio scendere! Ma perché invece non possono scendere tutti questi, piuttosto che io? Tutti questi uomini mediocri, stupidi, ottusi, ignoranti, boriosi, prepotenti, violenti, sporchi, corrotti, inutili, nocivi! Tutta questa umanità (di buona parte io credo si debba parlare, purtroppo) che per come vive in generale risulta essere pericolosa per il nostro povero mondo, e per quella rimanente piccola parte di umanità che agisce proficuamente ma che subisce il danno di quella prima! Quella che, nei tanti secoli in cui ha potuto godere dello status di razza dominante sul pianeta, ha cercato e trovato tutti i modi possibili e (in)immaginabili per abusare di questo status e per distruggere distruggere distruggere, le cose materiale e quelle spirituali, i corpi e le anime delle persone, la Natura propriamente detta e l’altra natura, quella umana… Queste considerazioni sono per dire che la mia considerazione per questi uomini è zero! Questi uomini che hanno ingannato per ottenere il potere di soverchiare altri (le dominazioni politiche e sociali, i dogmi religiosi, le sopraffazioni della ricchezza ingiusta, certe stupidaggini tecnologiche…); questi uomini che hanno inventato dio perché li giustificasse nei loro crimini e li assolvesse perennemente; questi uomini che hanno massacrato i propri simili in mille e mille guerre, quasi tutte immotivate (perché la guerra può anche essere giusta, ma deve essere una mente superiore l’uomo che ne scateni una del genere); questi uomini che, solo per il fatto di essere uomini, si sono sentiti padroni assoluti del mondo e dunque si sono permessi (e si permettono) di distruggerlo, inquinarlo, lordarlo, intossicarlo, tumorarlo in innumerevoli modi: e allora perché i serpenti, soltanto perché sono tali e hanno del veleno in gola, non si possono permettere di avvelenare tutte le altre razze viventi? Questi uomini che sono talmente stupidi da ritenersi la razza più intelligente sul pianeta, e soltanto perché nessun altro animale ha la fortuna di poter parlare e farsi comprendere, e di dire quanto questa pretesa verità sia una grande stronzata!…
Ma la considerazione è zero nel complessivo, perché è ora finalmente di essere duri fino in fondo, e di parlare fuori dai denti, come la maggior parte di questi smidollati non è capace di fare! Tutti quelli che vivono una vita sostanzialmente inutile: così tanti non si rendono conto di avere tra le mani un grandissimo dono, la vita, e dunque la sprecano, sessanta, settanta, ottanta, novanta anni (buon per loro!) buttati al vento come inutili granelli di sabbia, senza lasciare una buona traccia! A che servono? Sono convinto che tutti gli esseri viventi avessero fatto almeno una buona cosa nella propria vita a testa (ovvero una cosa che fosse proficua nel futuro per il mondo), la nostra civiltà sarebbe un poco più civile, e più evoluta; se una persona non combina almeno qualcosina di buono nella propria vita, allora è al mondo soltanto per consumare aria buona e risorse preziose e stop!, privando di esse quei pochi che invece se le meriterebbero… Fosse solo questo poi, più difficile a dirsi che a farsi (ma forse troppi pensano che la migliore azione possibile sia quella che possa far guadagnare un po’ di soldi o di potere o di notorietà, cose del tutto materiali e fondamentalmente inutili)… E quelli che buttano immondizia ovunque (anche la piccola cicca di sigaretta è immondizia nociva all’ambiente!) e poi, con imbattibile faccia di bronzo, si dicono: “oh, ma come è inquinata la nostra Terra!”? E quelli che parassitamente vivono sulle spalle altrui? E quelli che non pensano mai, che si lasciano comandare come marionette, con la mente piena di pensieri d’altri? E quelli che fanno gli alternativi e non si rendono conto che la loro alternativa è uguale nel danno (le due facce opposte della stessa medaglia) a ciò che contestano? E quelli che “basta essere compassionevoli” per sentirsi bene con sé stessi, manco fossero i salvatori del mondo? Quelli che sanno di essere mediocri e non fanno nulla per migliorare, intaccando così con la loro mediocrità anche l’ambiente che li circonda? E quelli che trattano gli animali come cose senza valore, e non capiscono che la loro fortuna è che gli animali non possano fare altrettanto con l’uomo e con più diritto? Quelli la cui personalità ha la forma del telefonino all’ultima moda, o dell’automobile-status symbol, o del tal vestito griffato? Quelli che non sanno nulla di nulla di storia, ma sanno a memoria tutti i numeri di cellulare di amici e amiche? Quelli che se non ci fosse la televisione si annoierebbero così tanto che alla fine si sparerebbero un colpo? Quelli che se non ci fosse la televisione non sarebbero famosi (e sarebbero quindi “nessuno”), e dunque ci vanno seguendo la regola “più fai il coglione, più sarai famoso”? Quelli che pensando al miglior modo di non fare nulla nella vita e comunque essendo apprezzati e riveriti, fanno i politici, e poi fanno credere che senza di loro il mondo non starebbe in piedi? E quelli che in abito talare predicano l’amore di dio e poi violentano i minori? E quelli a cui se chiedi il valore effettivo della loro vita, prendono il metro e si misurano sopra le cosce e sotto la schiena, e poi ti dicono trionfanti: “100!”? (Ciccioni, peraltro…). E quelli…
Questi, insomma. Per tutti questi, la mia considerazione è zero. Sarò esagerato, sarò cattivo, sarò maleducato e pure stronzo, ma mentre tutta questa gente vive senza combinare nulla di buono, per sé e per gli altri, il mondo va’ a rotoli. E il mondo è di loro, ma è anche il mio, e dunque tutto questo non mi sta bene per niente. Tutto qua.



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IMPRESSIONI DI VIAGGIO IN SCANDINAVIA
Appunti colti nel girovagare per le terre iperboree in un propizio mese di Agosto.

(scarica l'intero testo illustrato in formato pdf)

Atterro ad Arlanda, il maggiore aeroporto di Stoccolma, sperso in mezzo a foreste punteggiate di piccole radure e innumerevoli specchi d’acqua d’ogni taglia: finché non ci si è sopra, si ha l’impressione che l’aereo non possa che atterrare sopra quel folto manto verde continuo a perdita d’occhio, o che abbia estratto dei galleggianti per un lago adeguato ad un ammaraggio… Ma, a 50 kilometri dal centro di Stoccolma, bastano meno di venti minuti al supertreno Arlanda Express per riportarmi nel bel mezzo della civiltà urbana nordica, nella sua forma più avanzata. Scorrono via ad oltre 200 km/h fattorie, industrie, piccoli villaggi con casette tutte uguali – un paesaggio invero non così dissimile dal proprio, se non fosse che, appena finito il giardino perfettamente curato delle suddette case, è subito foresta fitta da saga nordica, cupa, maestosa, dominante… A Stoccolma pioviggina – “In Scandinavia piove sempre!” mi avevano avvertito in tanti, fieri della indubitabile certezza del loro presagio: beh, quel primo giorno in terra iperborea sarà l’unico di tempo cattivo, prima di una infilata di giornate dal clima più consono a Ibiza che a zone pre-polari…

Stoccolma è una città magnifica: nobile, austera, imponente, spettacolare, vivissima e vivacissima, ha il vero spirito di una grande capitale quale è, per l’intero territorio scandinavo. E’ paragonata a Venezia, per essere edificata su innumerevoli isole, ma se non fosse per l’anagrafica e la storia relativa, dovrebbe essere il contrario, essendo di Venezia una “copia” decuplicata in tutto; invero Stoccolma è un po’ New York, un po’ Londra, un po’ Barcellona e certo qualcos’altro, il tutto mixato in stile nordico… Qualcuno mi aveva annunciato traffico caotico in città: ah, si? E’ mai stato in Italia, quel “qualcuno”? Io di caos sulle strade ne ho visto ben poco, sarà perché il traffico veicolare scorre parecchio sottoterra – per tale fatto diventando sì intricato, per chi volesse girare la città in auto; ma anche a prescindere da ciò il centro di Stoccolma è bello da girare a piedi, da Djurgården e i suoi musei alla vita giovane di Södermalm passando per le viuzze di Gamla Stan, la città vecchia, e la ultramodernità di Norrmalm, quartiere dello shopping e del passeggio più incasinato: in programma sorprese d’ogni sorta, paesaggi urbani diversi ad ogni angolo di strada, palazzi sontuosi, musei unici al mondo (il Vasa Museet, ad esempio: andateci, e resterete letteralmente a bocca aperta, appena varcherete le pesanti e isolanti porte d’ingresso!), il braccio di mare con le navi da crociera in arrivo che si incrocia con il lago Mälaren e i suoi piroscafi e velieri d’antan e – last but not least, per di più nemmeno rischiando di cadere nel luogocomunismo più banale, dacché il soggetto schiva il pericolo con estetiche e voluttuose movenze) donne bellissime, che se ne prendi una a caso dalla massa, senza nemmeno guardare, e la porti in Italia, ipotecherebbe innumerevoli titoli di miss vita natural durante e incollerebbe a sé un codazzo di cascamorti dallo sviluppo degno delle code sulla Brescia-Milano in un piovoso lunedì mattina!... Oh, certo, anche gli uomini svedesi saranno stati meritevoli, ma non ho le doti per poterlo affermare – nonostante (ehm…) sia finito involontariamente a cozzare contro la coloratissima marea umana dello Stockholm Gay Pride, il più grande raduno gay della Scandinavia, che tagliava in due la città in un sabato pomeriggio con temperatura bollente (climaticamente, che avete capito?!...): e se fate conto, come è risaputo, che le società scandinave sono le più libere e di mentalità aperta del mondo, è lassù severamente vietato sorprendersi di vedere sfilare dei “favolosi” trans con tette e culi al vento (pardon per la scurrilità, ma rende bene l’idea) e, subito dietro, la rappresentanza dei preti omosessuali… Eppure, nonostante la città nella breve estate svedese trabocchi di folla, indigena o turistica, ordine, pulizia, rispetto reciproco ed estetica urbana non sono mai venute meno, con polizia in giro quasi inesistente: meno male che qualche raro indigente spuntava qui e là a elemosinare un po’ di Corone ai passanti, quasi a ricordare a tutti che il paradiso non esiste da nessuna parte, ma anche che, piuttosto che a Milano, è meglio chiedere l’elemosina a Stoccolma, dove non solo le corone racimolate ma anche l’atmosfera cittadina contribuisce a tenere un poco più alto un morale tendente al nero… Sogno una visita a Stoccolma in veste invernale, imbiancata dalla neve, con il mare ghiacciato e la gente che vi passeggia o vi pattina sopra: deve essere qualcosa di indimenticabile…

 

Da Stoccolma a Copenhagen, passando per Uppsala e la sua imponente cattedrale luterana - la più grande di Scandinavia – e Örebro, Vadstena, Linkjöping, un’infilzata di città e cittadine di provincia tutte belle, tranquille, silenziose, senza traffico – certo, era domenica, ma la domanda sorge spontanea: a che ora si alzano gli svedesi, alla festa? “Devono smaltire i postumi della tradizionale sbornia del sabato notte!” precisa la guida…- prive di obbrobri architettonici e urbanistici come ce n’è da vendere altrove, e attraversando un paesaggio meravigliosamente monotono – cioè foresta, lago, foresta, radura, lago, foresta, lago, foresta, radura e così via… - nel quale l’autostrada serpeggia tra dossi palesemente morenici sui quali affiorano rocce levigate da ghiacci recenti… Solo la poco profonda valle dove s’adagia il lago Vättern (lago di nome, ma di fatto vasto quasi come un piccolo mare) diversifica gli orizzonti, sostituendo la foresta con vaste e verdeggianti praterie tra amenissimi paeselli di villeggiatura dove il termine “condominio” – anzi, pure “condominietto” non sanno cosa possa significare (ma è così un po’ in tutta la Scandinavia) adagiati sulle coricate rive del grande specchio d’acqua così pura da essere imbottigliata dalla più importante industria d’acque minerali di Svezia: luoghi da relax catartico, rasserenerebbero anche il peggior nevrastenico… Sosta in un autogrill, ma c’è ben più roba fuori, nel bosco che costeggia il vasto parcheggio e che si affaccia sull’ennesimo lago: mirtilli a tonnellate, more, lamponi, e funghi d’ogni specie, il più delle quali commestibili! Una mezz’oretta lì, e ci si riempie il frigorifero per dei mesi interi! Più a sud, invece, il paesaggio assume connotati più continentali: vaste pianure coltivate come nell’Europa centro-settentrionale, zone industriali, grandi fattorie meccanizzate, e ovunque generatori eolici – vanitosa, questa Scandinavia, che non smette mai di dichiarare quanto sia più avanti di buona parte del mondo in tante cose, energie alternative e salvaguardia ambientale in primis!… La bella Malmoe si distingue dalla tranquillità della provincia svedese per essere diventata, con l’apertura dell’incredibile Öresund, un nuovo sobborgo di Copenhagen: non so se il grande ponte porti danesi in scampagnata domenicale, di certo porta vitalità da città più grande e cosmopolita: così, saluto la Svezia attraverso la città forse meno “svedese” in assoluto…

L’Öresund, 10 km. di ponte sospeso, 2 su un’isola artificiale che serve per immettere l’autostrada nei 4 km. di tunnel sottomarino che sbuca a 5 minuti dal centro di Copenhagen… Non si facciano facili paragoni casalinghi, sarebbe come pretendere di veder atterrare l’Enterprise di Star Trek a Linate: cose di un altro pianeta, per la povera Italia… Copenhagen, appunto: si presenta in una giornata talmente mediterranea da far spavento, viste le latitudini, ma in tal modo la luminosa spaziosità delle sue grandi piazze e il riverbero dell’acqua dei canali che luccica e colora ancor più di quanto già si colorano le (ex) vecchie case di pescatori di Nyhavn come i nuovi super-futuristici quartieri sorti tra il porto e l’università (nei quali spuntano il nuovo Teatro dell’Opera e l’ancora al momento in costruzione Teatro Reale di Zaha Hadid: per  molti due obbrobri, per il sottoscritto due opere d’arte contemporanea), dimostrano da subito la sua anima cosmopolita, e non solo architettonicamente… Forse i “puristi” dello spirito vichingo che ritengono Copenhagen (e la Danimarca in generale) come non degna di essere considerata terra scandinava/nordica dacché “attaccata” al continente europeo non hanno tutti i torti, almeno da un punto di vista prettamente “contemporaneo” (e dimenticando le tante drakkar ritrovate sul suolo danese!): la città, anche tolta la massa di turisti che la invade, presenta un considerevole crogiolo di razze di varia condizione sociale, che ne deprime un poco la natura “nordica” accrescendo un certo spirito cosmopolita (appunto) nonché hippy che già gli conferisce la celeberrima enclave anarco-ribelle di Christiania (per ciò da sempre in lotta col governo danese: ma le tipiche biciclette costruite in essa si vedono ovunque in città, segno che i cittadini sembrano accettare la presenza di Cristiania più che i propri amministratori)… Così, Copenhagen è bellissima per architettura e matrice urbana, ricca di siti da fotografia memorabile ma più caotica e disordinata (e sporchetta…) che altri centri scandinavi; in effetti pare risentire dell’influsso urbano delle città europee “di continente”, e lo svacco degli indigeni appena usciti dagli uffici sul porticciolo di Nyhavn all’ora che altrove oggi si chiama happy hour (e che lassù non è che l’ennesima buona occasione per scolarsi una birra: non per nulla Copenhagen è la patria del signor Carlsberg, che sta alla birra come Murdoch sta ai mass-media!) è quasi degno di una Riccione in piena stagione; tuttavia, più in generale, è qui che mi è parso di respirare quell’aria di libertà di costumi notoriamente scandinava più che nelle altre città nordiche… Ma basta visitare  (un esempio tra tanti) il castello di Rosenborg, il suo curatissimo parco (ma l’erba è finta? No, è proprio vera!) e il suo sfavillante tesoro reale custodito nei sotterranei per sentirsi nuovamente dentro una nobiltà di raro valore, e riconoscere ancor più la dabbenaggine di coloro i quali spendono il loro scarso tempo di visita alla città presso le sue due più banalmente turistiche (dunque inutili) attrazioni: uno, il parco di Tivoli, nulla più che un grande luna park in centro città; due, la Sirenetta, nulla più che una statua (ora metallica, visto che quella bronzea originale è stata più volte danneggiata da vandalismi vari e assortiti e alla fine tolta) su un masso in riva al mare all’ingresso del porto, ad una banchina del quale è attraccata la nave della Scandinavian Seaways che mi porterà ad Oslo…

Mi ammonirono: “Portati qualcosa per il mal di mare, che il mare del Nord è quasi sempre mosso!”… Avete presente una infinita lastra di acciaio, sulla quale d’un tratto si specchia un purpureo tramonto che pare sfavillare da lontananze siderali? Ecco!... La bellissima e ultradotatissima Crown of Scandinavia lascia alle proprie spalle il porto e la variegata skyline di Copenhagen, ed entra la mattina successiva nell’Oslofjord, fornendo così ancor più motivi suggestionali ai sostenitori della non-scandinavietà danese: in effetti, la visione dello stretto braccio di mare sulla cui baia terminale giace Oslo, ingombro di isolette ricolme, come le rive, di foreste di conifere ricoprenti a perdita d’occhio rotondi colmi montuosi punteggiati, qui e là, da casette in legno tutte ugualmente e tipicamente belle, stride parecchio con la piattezza da propaggine continentale europea che offre la Danimarca… E arrivare via mare a Oslo è veramente arrivare a Nord, entrarvi dentro lentamente e profondamente, sentire il resto del mondo dietro, più sotto… La città si adegua a questa vivida suggestione, e si presenta in una forma urbana assolutamente particolare – ma è, Oslo, una città? O non è che un unico, grande, signorile sobborgo di sé stessa?... La “vera” città – concentrazione di strade folla palazzi chiese piazze negozi eccetera – in fondo non è che una via, la Karl Johans Gate, due o tre piazze e poche vie limitrofe, sulle quali si affacciano gli edifici più importanti e mai imponenti – a parte il rosseggiante e un poco intimidatorio Rådhus, il palazzo municipale; per il resto, Oslo è l’aperta vastità del porto e di Aker Brygge nonché, come dicevo, un unico grande sobborgo residenziale ricolmo di ville, villini e villette l’una più bella delle altre – caspita, si vede che ‘sti norvegesi stanno bene, eh! – il tutto dominato da Holmenkollen, il dio del salto con gli sci, ovvero il più celebre trampolino del mondo dalla cui torre (per chi ha il coraggio di salirla, ritrovandosi a 60 metri di altezza a sbalzo nel vuoto) o dalla cui collina si gode un panorama straordinario della città e del suo fiordo… Ma per tali sue peculiarità – ovvero, in poche parole, per assomigliare ben poco ad una grande città ed ancor meno ad una capitale di stato – Oslo a molti non piace; fate voi, a me è piaciuta moltissimo proprio per questo suo mischiarsi con le foreste e la Natura che la circondano, come se l’urbanità metropolitana sia stata sconfitta dalla wilderness boschiva, dunque non potendo che adeguarvisi; non ha praticamente traffico (anche qui, come a Stoccolma, mandato sottoterra sempre più, liberando e pedonalizzando vaste aree cittadine), ha parecchia vita sociale, trabocca di gallerie d’arte e di design, permette ai suoi abitanti di andare a sciare dalle fermate della metro a 5 minuti dal centro e, soprattutto, conserva dentro la sua pacatezza tutta nordica da guerriero vichingo in relax dei tesori di valore indicibile: la Nasjonalgalleriet, ad esempio, ripiena di capolavori, con L’Urlo di Munch e una sala che, in cento metri quadri, ti spara a raffica Modigliani, Cezanne, Renoir, Manet, Monet, Matisse, Picasso, Gauguin, Van Gogh… Insomma, da infarto istantaneo! Se ci si riesce a riprendere, basta andare col vaporetto a Bygdøy, al Vikingskiphuset, per restare interdetti di fronte alla perfezione delle linee della più grande drakkar vichinga mai ritrovata, roba degna dei più avanzati CAD; se si supera anche questo shock, si corra a Frognerparken, rimanendo senza parole di fronte alla monumentale opera di Gustav Vigeland, 200 sculture in bronzo, ferro e granito di bellezza e presenza indescrivibile che rendono il già favoloso parco uno dei più sensazionali musei all’aperto del mondo… E’ a Nord, Oslo, l’ho detto: qui le cose del mondo “solito” prendono a mutare, cambiano forma ed essenza, ricuperano un valore originario, ancestrale, cominciano a tendere all’apice polare, l’assoluto terracqueo, sfrondandosi di ogni artificiosità per ritrovare la propria purezza primigenia…

E via, lungo lo sconfinato paesaggio norvegese, verso orizzonti all’apparenza irraggiungibili, tra immancabili e impenetrabili foreste, praterie, campi coltivati sempre di meno più ci si dirige a Nord, laghi di varia grandezza e struggente bellezza – si costeggia il Mjøsa, il più grande di Norvegia, ma ce ne sono a disposizione 450.000 (quattrocentocinquantamila!) sul territorio norvegese… – e villaggi d’ogni specie, fino a Lillehammer, cittadina olimpica (nel 1992) anch’essa dominata dai monumenti ad un proprio dio del salto con gli sci – ovvero, dai trampolini olimpici la cui visita è d’obbligo, anche per il panorama che da essi si gode sulla vallata “montana” (ma siamo a 150 metri sul livello del mare!). Altra domanda spontanea: ma come ha fatto un paesello così piccolo ad organizzare e sopportare un evento di portata planetaria come le Olimpiadi Invernali? Dove l’ha messa tutta la gente che vi sarà giunta per gareggiare o per assistere alle competizioni? Tolta la simpatica via centrale, con negozietti e ristorantini minuscoli (ma che vendono frutti di bosco appena colti e assai deliziosi) non c’è molto altro… O i locali (e chi per loro) sono stati superefficienti nell’organizzare il tutto, oppure qualche divinità pagana è intervenuta a dar magica man forte… Oltre, la strada nazionale penetra sempre più tra i maggiori massicci montuosi norvegesi che, nonostante le temperature si mantengano ben poco iperboree, scintillano ancora di perduranti coltri nevose; si sosta ad una tipica e mirabile chiesa in legno (la prima di tante che si incontrano per tutta la Norvegia, tutte uguali l’una all’altra e tutte similmente belle, anche per come preservano nel proprio corpo legnoso tornito e cesellato, tra i simboli religiosi cristiani imposti, la presenza delle antiche, originarie credenze pagane) e si dorme sopra Otta, in un delizioso albergo di montagna posto a poco meno di 1.000 metri (cioè, per il posto, a quota parecchio elevata) su di un altopiano a ridosso del Parco Nazionale di Rondane, sul quale i boschi di conifere cominciano a diradarsi per lasciare spazio ad una sorta di tundra d’alta quota, appunto, che sulle Alpi si potrebbe trovare sopra i 2.500 metri. A destra e a manca laghetti a go-go, la neve qui è poco che si è sciolta: il panorama è eccezionale, sembra che da una di quelle vallate che sbucano dalla sequela interminabile di spoglie cime montuose possa spuntare, da un momento all’altro, un’armata di guerrieri sovrumani degna della più bizzarra saga fantasy… Già, perché a Otta la valle si divide, e a sinistra la strada prende a salire verso la regione eletta di presenza dei famosi, misteriosi, tremendi troll

Ehm… Non so se di troll si tratti, ma l’essere che mi illustra le peculiarità della chiesa in legno di Lom, una delle più belle di Norvegia, nonostante venga “certificato” come donna lascia qualche sospetto sul che abbia effettivamente nel proprio patrimonio cromosomico tracce di geni non umani… Ma la spiegazione è esauriente e affascinante (in un inglese dall’accento oxfordiano) e la chiesa più pagana che cristiana, coi suoi colmi a testa di drago, col suo consueto cimitero intorno dalle tante basse lapidi (non ho visto neanche un monumento funerario come i nostri, in Scandinavia, e tanto meno una cappella: qui, invece, bisogna spantegare il proprio spesso immeritato status sociale anche dopo defunti: che funereo segno di stupidità!...), la cittadina fatta di tante case in legno - molte col tetto in erba, come antica tradizione vichinga – che si nascondono tra la vegetazione arborea, la meteo della giornata con nubi basse che avvolgono i fianchi montuosi intorno e nascondono le cime, regalano una suggestiva sospensione dello spazio e del tempo, smarrendo entrambi i propri limiti ovvero la certezza di poterli cogliere… Curiosità: i WC adiacenti alla chiesa e a disposizione dei turisti chiedono 5 corone per il loro utilizzo (poco più di € 0,60), ma rilasciano regolare scontrino, perbacco!!! Tuttavia, quella meteo maestosamente uggiosa lascerà di lì a poco il posto al cielo sereno… La strada sale di quota, le immense foreste di conifere interrotte soltanto da impetuosi e spumeggianti torrenti da rafting estremo lasciano il posto ad un paesaggio d’alta quota (ma, ripuntualizzo, siamo appena oltre i 500 metri!) tanto brullo quanto affascinante, e sempre più potente avvicinandosi alle vette montuose, facenti tutte parte del massiccio dello Jotunheimen, il più alto ed esteso delle alpi scandinave: valli di forma glaciale ad U quasi “accademica” per quanto è perfetta, lingue di neve accanto alla strada che anticipano l’incombenza, appena poco sopra, dei ghiacciai i cui seracchi scintillano al Sole, le calotte nevose tutt’intorno che si riflettono nei cupi laghi del fondovalle, il cielo sempre più intensamente azzurro… E ovunque, sparsi tra i prati o sui grandi massi lisciati dal ghiaccio recente, centinaia e centinaia di ometti in pietra di ogni taglia: i troll, racconta la leggenda, se vengono sorpresi dalla luce del Sole si pietrificano… Siamo nella “loro” terra, appunto, ed è divertente e suggestivo credere che tutti quegli esili cumuli di sassi di vaga forma umana non siano stati fatti dai turisti che nel corso degli anni sono transitati da queste parti; si percepisce in effetti un non so che di soprannaturale quassù, di misterioso o di sfuggente, ma forse è solo la Natura che si presenta in un’immagine così sublime e superiore a qualsiasi previsione… Ma ecco, la  strada dai 1.000 metri di quota raggiunti precipita in stretti tornati nella successiva vallata, finché appare, quasi all’improvviso dopo una curva destrorsa, una delle più celebri cartoline di Norvegia: il villaggio di Geirangen in riva all’ansa finale del proprio fiordo, tra boschi verdissimi, cascate e cime innevate che si gettano a strapiombo direttamente nell’acqua! Obbligatoria mitragliata di fotografie – fanne almeno 10 tutte uguali e in più posizioni, metti che nove per qualsiasi motivo non vengano! – e sosta nell’invero modesto villaggio che viene invaso ad intermittenza da orde temporanee di turisti – ovvero ogni qualvolta giunga nel fiordo e getti l’ancora una nave da crociera… Appare anche il mitico Hurtigruten, il postale dei fiordi che in circa 15 giorni risale l’intera costa norvegese, doppiando Capo Nord fino alla frontiera con la Russia (esperienza di viaggio super!). Poi si risale di nuovo fino a quasi 900 metri, altro percorso a tornanti stretti dal nome programmatico (“strada delle aquile”) ma che non è che un allenamento per la vera strada norvegese, la Trollstigen o “sentiero dei troll”, 11 tornanti tra rocce a picco e altissime cascate sui quali, ad ogni apice di curva, sembra di dover precipitare fino al fondo della valle, laggiù in basso, tanto lontana… In tanti – cioè quelli che possono – ringraziano di non dover guidare, scossi da vertigini o paura del vuoto; invero sulle nostre Alpi c’è anche di peggio in quanto a strade rabbrividenti, ma l’ambiente qui è talmente impressionante e - come dicevo - possente da amplificare la semplice emozione dell’esserci e poterne cogliere la visione d’insieme… Giù in picchiata, dunque, e rotta ver so Ålesund, mentre il paesaggio diventa talmente bello da struggere l’animo; la città costiera mantiene e supera le promesse di piccolo e prezioso gioiello urbano norvegese, con le sue architetture art decò protese sulla penisola e le isolette sulle quali il centro è disteso. Anche qui si fa assai vivido un autentico senso di “Nord”: il circolo polare artico è ancora lontano ma non come prima, e il panorama della città che si coglie verso il tramonto dal Fjellstua, il colle che la sovrasta, è a dir poco emozionante…

Il cielo è tornato plumbeo assai, la mattina lasciando Ålesund, e la metallica coltre di nubi cala lentamente sempre più in basso, dando l’impressione di inglobare da un momento all’altro l’intero paesaggio in un elemento denso, palpabile, annullandone così ogni presenza. Infatti, andando verso Hellesyit e dovendo salire di quota, si è presto immersi nel nulla di una nebbia fittissima… Accidenti, proprio oggi che è in programma la crociera sul Geirangerfjord, sito eletto dall’Unesco “patrimonio dell’Umanità” per la sua inarrivabile bellezza! All’imbarco del traghetto si vede solo un poco di più, e cioè un’acquosa lastra di acciaio sotto, un’altra nuvolosa e appena più chiara sopra, e ai lati due pareti verticali di roccia che sembrano sorreggere/sostenere/distanziare entrambe le un poco paurose lamine… Eppure, il paesaggio resta assolutamente “potente”, ma in un modo uguale e opposto ai giorni precedenti, quasi come Kant ha delineato i concetti estetico-filosofici di “bello” e “sublime”: ecco, qui l’ambiente è sublime, tremendamente affascinante perché per molti versi spaventoso, incombente, impressionante… Sì, qui ci vogliono in cuffia gli Emperor di Prometheus… Le pareti rocciose sembra sorreggano non solo la coltre di nubi ma il mondo intero, dal grigiore incombente sbucano le grandi, celebri cascate che si gettano nelle acque del fiordo come se cadessero da chissà quali altezze celesti, mentre la particolare luminosità del momento illumina quelle poche e piccole aree di verde e foresta tra l’acqua e la roccia quasi fossero oasi sperse in un deserto alieno… Sublime, appunto, anche se resta un poco di rammarico per non poter godere di un’altra classica “emozione forte” norvegese, ovvero la visione dal fiordo della baia di Geiranger, tra mare, foreste e picchi innevati… Ma di neve, nella sua forma più “solida”, ci si può rifare, oggi: la spettacolare imponenza della lingua del ghiacciaio Briksdal – parte dello Jostedalsbreen, la più grande calotta glaciale su terraferma d’Europa – impone una visita, e un adeguato (ennesimo) mancamento di fiato per l’intenso colore azzurro che i suo crepacci e seracchi rivelano: fategli una foto, mostratela a chiunque, e tutti crederanno che tali straordinari colori li abbiate generati voi ritoccando la foto stessa! Da “frequentatore” di ghiacciai alpini quale sono pensavo a Briksdal come ad una escursione interessante ma “prevedibile”, invece...! Stasera si dorme a Førde, località sciistica di mare (miracoli geofisici nordici!) che basa però buona parte del proprio PIL sulla pesca al salmone, del quale qui pare si peschino esemplari enormi (fotografie appese nella sala da pranzo dell’hotel docet!)…

Si può facilmente perdere l’orientamento nella regione dei fiordi, vero e proprio labirinto naturale fatti di valli, convalli, fondovalli, passi, monti, ghiacciai intersecanti gli uni negli altri e acqua ovunque - che alla fine non si capisce più se sia di lago o di mare – percorsa da strade spesso arditissime, che passano continuamente e in pochi kilometri dal livello del mare a lambire nevi eterne, e quando non sanno dove passare traforano i fianchi delle montagne con tunnel lunghissimi che regalano sovente bizzarre visioni – del genere: da una parte nebbia e nubi, dall’altra sole e cielo terso… Si arriva con largo anticipo all’imbarco del traghetto che mi porterà a spasso nel Sognefjord, altro “patrimonio” Unesco dacché fiordo più lungo e profondo del mondo: c’è tempo di visitare l’ennesima chiesa in legno+cimitero, un piccolo e simpatico museo delle imbarcazioni da pesca, ma soprattutto di godere della calma infinita che aleggia in questo luogo, che pare veramente disperso nel nulla e isolato dal resto del mondo consueto – e di rallegrarsi che sia così… Ma l’attesa è allietata anche da due cuccioli di vichingo locali che, sprezzanti di ogni cosa e in primis dell’acqua del fiordo la cui temperatura non è certo equatoriale, vi si gettano dal pontile d’imbarco facendone la loro piccola Acapulco, e dimostrando che questa gente detiene ancora nell’animo – magari in fondo in fondo ma detiene ancora – la temeraria audacia che fece dei loro avi un popolo conquistatore tra i più grandi della storia… La prima parte di crociera nel Sognefjord non è così impressionante – sembra di essere nella parte superiore del lago di Como – e viene allietata solo dal transito dei delfini poco accanto al traghetto; tuttavia in tal modo la meteo ha tutto il tempo di assestarsi e farsi d’un sereno e sfavillante azzurro, sicché quando il traghetto vira la prua verso l’interno del Naeroyfjord, si rinnova la cronica mancanza di aggettivi adeguati al momento in corso, assai diffusa in Scandinavia: pareti montuose a picco sull’acqua altissime e strettissime i cui spigoli si alternano uno dietro l’altro come tante quinte teatrali per uno spettacolo indimenticabile, improvvisi lampi verdi di praterie con casette e fattorie microscopiche, la neve in alto che alimenta imponenti cascate che si vaporizzano prima di toccare il suolo… Ah, l’invenzione della macchina fotografica digitale, che ci ha tolto dal limitante impiccio del rullino da 24 foto max, andrebbe premiata con un Nobel!... In fondo al fiordo c’è Gudvangen, vero covo da vichinghi (e chi li beccava più, in questi labirinti di mare e monti?) e che purtroppo su tale peculiarità viene un po’ troppo turisticamente banalizzato, con albergo vichingo (camere in legno, pietra e pelli di renna alle pareti), souvenir-market vichingo, ristorante con menù vichingo e persino (finto, ovviamente) vichingo in costume d’epoca tra (finte) capanne vichinghe che volentieri si mette in posa per la gioia e l’obiettivo di (soprattutto) frotte di asiatici in sollucchero, alti circa metà di quello… Ma a parte ciò, a Gudvangen ci si sente veramente in una specie di cassaforte d’acqua e roccia, intimoriti dall’incombenza delle pareti, dai ghiacciai lassù in alto e dalle possenti cascate, ma anche protetti e, in un certo senso, fieri di essere parte, in quegli istanti, di un paesaggio così esaltante… Sì, se nel Geirangerfjord eran d’uopo gli Emperor, qui ci vuole il classico norvegese: Grieg e il suo Peer Gynt… E guarda caso, la prossima tappa sarà la “sua” Bergen!

Pare proprio che questo viaggio sia in tutto e per tutto “anticonvenzionale”, ovvero adeguatamente patrocinato da Odino e dai suoi divin subordinati al fine di rendere possibile l’improbabile… Tremendi vaticini gravavano sull’arrivo a Bergen – la città più piovosa della Norvegia! 300 giorni all’anno di pioggia! In 12 mesi cadono in media 4 metri di acqua! Quest’inverno più di 80 giorni di pioggia consecutivi! – peraltro tutto attestato con un certo orgoglio da un residente a cui ho chiesto conferma… Beh, eccomi arrivato: solo un po’ di nuvolaglia, con il resto del cielo sereno, risultandone così la città luminosa, colorita, fremente, assolutamente scenografica! Sia resa gratitudine a Wotan!... E comunque Bergen, sotto molti punti di vista, è la “vera” città norvegese, all’apparenza anche più di Oslo che, come ho scritto, a foggia urbana pare in gran parte più un (pur bellissimo) grande quartiere signorile privo di un autentico centro “da capitale”: ha un centro moderno e dinamico seppur limitato (pieno di gioventù, essendo una delle città universitarie più importanti di Scandinavia), ha un pittoresco agglomerato storico, anzi due – il primo è il celeberrimo Bryggen, il Villaggio Anseatico, ennesimo sito Unesco “patrimonio dell’Umanità”, con le sue case in legno datate XIV-XVIII secolo che sembrano lì per crollare da un momento all’altro, il secondo è Nordnes, meno famoso ma architettonicamente più “norvegese”, oltre le cui case bianche e le strette vie che vi passano attraverso fanno capolino le sagome delle grandi navi da crociera ferme alle banchine del porto, dalle quali parte anche il già citato, leggendario Hurtigruten, con rotta verso Capo Nord – ha il porto, appunto, essendo città di mare (e il suo sempre affollato mercato del pesce quotidianamente anima e “profuma” il centro di odori indubitabilmente marini), ma ha appena alle spalle anche le montagne, sui cui fianchi salgono le case dei quartieri residenziali; infine si fregia del titolo di “capitale dei fiordi”, essendo nel bel mezzo dell’omonima regione e assorbendone, dunque, il supremo e inimitabile fascino… Romantica e parimenti frizzante, animata e briosa sul porto e tranquilla, quasi silenziosa, tra le sue case più antiche, intima nei vicoli e ariosa nelle sue piazze (la Lille Lungegårdsvann, se non fosse per il lago con fontana che ne occupa il centro, potrebbe tranquillamente contenere tutti i quasi 300.000 abitanti della città, e avanzerebbe ancora parecchio spazio…), evidentemente ricca, pulitissima, ovunque vivibile, accogliente… E il salmone, qui, ha prezzi da regalo! Insomma, la patria di Holberg (al quale dedica parecchi monumenti, anche se il grande commediografo visse maggiormente in Danimarca) e Grieg – al quale dedica una avveniristica sala per concerti, ma di locali in cui si suona dal vivo (soprattutto rock) qui ce n’è a iosa – parrebbe la città norvegese ideale per abitarvi (ma, lo ribadisco, anche Oslo a me è piaciuta parecchio), e forse non a caso è qui la residenza estiva della famiglia reale… Bergen fu capitale della Norvegia nel passato, e fino al XVII secolo la città più popolosa: per molti ancora oggi resta una sorta di capitale “morale” del paese, poste le peculiarità sopra elencate, e di certo è una città dove ci si sente bene – se così si può definire la sensazione che regala lo starci. Ma, avrà pure un difetto! – ci si chiederà… Beh, l’ho già scritto, a prescindere dalla mia fortunata visita: piove sempre!... Sufficiente, come difetto?

Epilogo: piove, appunto! – ma sono già comodamente imbarcato sul volo SAS che, (ahimè) via Copenhagen, mi riporterà verso Sud… Forse che Odino, non vedendomi più in circolazione per i propri domini terreni, abbia pensato di sospendere il patrocinio sul mio viaggio ripristinando le condizioni normali? Beh, supremo Óðinn, mi raccomando, “sospendere”, non “annullare”, che io dalle tue parti ci tornerò al volo - appena ne avrò la più piccola occasione, e dunque considera la tua preziosa protezione fin d’ora prenotata!

Post-scriptum - amenità varie: l’incredibile quantità di taxi in circolazione ovunque e soprattutto a Stoccolma dove la sera, su dieci auto in transito, otto sono taxi; la quasi totale assenza di scooter e “cinquantini” vari, così diffusi da noi, nella stessa città (mentre in Norvegia sono già più presenti, ma poco di più); l’incredibile numero di ciclisti/biciclette in circolazione a Copenhagen (e, in tutta la Scandinavia, la costante presenza di piste ciclabili); la nuova, e in parte ancora in costruzione, rete viabilistica principale di Oslo, quasi totalmente sotterranea/sottomarina così da svuotare il centro del pur scarso traffico e pedonalizzarlo totalmente; l’evidente nazionalismo dei norvegesi, nei cui giardini di casa si vedono spesso (diciamo una media di 2 case su 3) pennoni con bandiera nazionale sventolante; la dedizione professionale degli autisti di bus norvegesi, che pur di non far giungere il proprio pullman di linea in ritardo, lo guidano come fosse una Formula 1 a Monza; la notte fonda d’agosto di Ålesund dal colore del cielo blu tenue, assai lontano dal nero cupo delle notti italiane (già qui fino a metà Luglio la notte è chiara…); la passione scandinava per le statue dedicate a personaggi più o meno famosi: ve ne sono ovunque per le città (soprattutto in Norvegia), non solo classicamente in centro alle piazze ma sparse per vie, slarghi, angoli di strade e marciapiedi vari; l’incredibile visione dall’aereo della costa norvegese, assurdamente disintegrata in un numero incalcolabile di isole, isolette, isolucce, penisole, fiordi, insenature e frastagliamenti vari e assortiti, come se Odino avesse voluto la propria terra assolutamente libera e affrancata da qualsiasi regola e razionalità d’altre latitudini inferiori, anche geomorfologicamente; la diffusione del web e la potenza della banda larga in tutta la Scandinavia; l’assoluta assenza di un ingorgo di traffico sulle strade scandinave; l’assoluta, e ribadisco assoluta, assenza di buche o di asfalto anche solo sconnesso lungo le strade scandinave; i pavimenti dei terminal dell’aeroporto Kastrup di Copenhagen, in parquet di wengè (!!!); il multiforme e irresistibile magnetismo di questo stupendo Nord che ti rende il corpo talmente ferroso da attrarti, come possente calamita, sì che sia praticamente impossibile esserci stato e non tornarci, prima o poi…

 
N.B: Uno speciale grazie a: Cristiano Viaggi/Trans Nordic Tours, Rusconi Viaggi, Davide Contu Salis, Ken the norwegian driver, Óðinn.

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