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Sogno d’una Sera d’Estate
 
 
 

Sera d’Estate.
La frescura che discende da un cielo che pare una palpebra socchiusa e sonnacchiosa, languida e assopita in un pensiero sospeso indefinito.
Bergamo bellissima e decadente – vecchie mura corrose dal tempo e da mille anime passate confondono le loro pietre confuse salendo nell’oscurità, ma forse è un moto di vergogna verso la maestosa sublimità delle torri a ridosso che paiono sfuggire dalla Terra come dalle regole dell’ordinarietà e del reale… 
Grate tenebrose nella tenebra, oltre il vuoto di un mistero, di mille misteri che nessuno può risolvere, che nessuno deve risolvere… Crepe nei muri luminosi d’estranea vivacità suggono il rumore della via, il suono della vita – e un angolo di pace soffusa nello scintillio dell’eterna città regale conserva sé stesso nell’ombra di una meditazione atemporale – come una perenne crisalide dormiente nel guscio di una gentile mano divina…

Sotto l’ampio pergolato le voci si confondono, si mesciano, s’assottigliano e si gonfiano. Tavoli spensierati – bambini giocosi – languide donne e uomini sovrapensiero – illuminati dalla luce soffusa, limitati nei confini dell’ombra in agguato ma già ora sconfitta. La notte osserva, la Luna lascia fare…
Lei ad un tavolo vicino, accanto al mio.
Lei.
Chiacchiera tranquilla, sorride dolcemente, si muove adagio elegante, sorseggia un caffè, mi osserva fugacemente.
Io come confuso dalla mollezza regnante, chiudo tra me e il cielo una novella emozione. La osservo fugacemente.
Lei chiacchiera tranquilla, muovendo le mani con gesti gentili e pacati, ed esse s’illuminano di grazia infinita. I biondi capelli smuovono gli sguardi – ma ella conosce il segreto ammaliante, e fa dono alla folla della nobile sua indifferenza.
Io osservo lontano, di modo che l’iride possa comprendere nell’ampio suo campo l’intera immagine divina, e mi pare che il cielo e tutta la sua magnificenza non sia più dove la nostra convinzione e convenzione lo disponga…
Lei muove le mani, il collo sublime, le spalle armoniose nude come l’oro più puro affiorante dalla scura roccia – e il seno si gonfia nell’ampia scollatura, e la schiena s’inarca nel riso subitaneo, e le gambe ondeggiano un poco come in forza d’un sussulto d’inopinata voluttà. I biondi capelli molli e lucenti smuovono gli sguardi verso un incanto stupendo, che scivola sul corpo perfetto inebetito e vinto, e lontano scivolante… E Lei si compiace, e il dolce sorriso che illumina le labbra sinuose mi pare così tanto lo scherno della dea sovrumana di fronte ai poveri mortali che agognano una minima parte della sua virtù...

Ma sento un incanto avvolgermi leggero d’un tratto – leggero eppur possente, titanico perfino nel suo vigore rarefatto… La forza di un sogno profondo ed intenso, che lascia il corpo languire nel letto eppur lo trasporta lontano in dimensioni inimmaginabili… 
Mi volto d’intorno – le pupille son fisse – osservo vicino – lo sguardo è bloccato…
Percepisco la città divina che ci avvolge divenire elemento celeste, sospesa in un nuovo spazio ove solo l’emozione sa muoversi e spandersi liberamente, e la carne viceversa si lascia annichilire riconoscendo la sua natura troppo gretta…
Tutto si annulla, l’infinito si sublima in un unico elemento, in un unico istante.
S’aprono i suoi occhi su di me, mi prendono, mi rapiscono, mi trascinano nel loro reame di luce, di bellezza e di grazia, di sensualità e di voluttà... Depongono nella mia mente le immagini che ella vuole io osservi – ed ora io osservo la sua immagine sul mondo – il suo corpo perfetto, il suo corpo di stella dorato dall’emozione più pura, il suo viso sublime che conosce l’armonia dell’Eden e sorride la felicità dell’anima – i suoi movimenti, i suoi gesti, che ricamano il gusto eccelso d’un’arte assoluta e sconosciuta, la sua voce, le sue parole che accompagnano carezzevoli col tono gentile d’una favola la musica che il cuore vuole ritmare…

Il cielo sublime socchiude la sua palpebra sul mondo. L’ultima luce si fissa indelebile in un istante sfavillante d’emozione – e come quella luce l’emozione si fa subito ricordo indelebile.
Le mura d’intorno paiono farsi vincere dalla fiacchezza della sera – si spegne anche la città meravigliosa, e lenta s’assopisce, e per le vie ritorna a passeggiare solitario e indisturbato il tempo – e sembra che tutto il mondo s’assopisca, che tutto l’Universo accolga dimesso l’invito di Hypno.

Così io resto solo. Solo io desto, solo io vivo, solo io – solo e così per sempre, finché nuovamente non m’assopirò, e sognerò di Lei… 
 
 

(Calolziocorte, 08 Agosto 2001)
 

 

 

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